“Muffa in casa e soffro di problemi respiratori”: l’incredibile storia di una donna che vive in un alloggio Erp

“Muffa in casa e soffro di problemi respiratori”: l’incredibile storia di una donna che vive in un alloggio Erp

La prima segnalazione l'ha fatta al Comune di Rimini nel 2016 ma secondo chi gestisce gli alloggi di edilizia residenziale pubblica si sarebbe trattato di un falso allarme. Nel frattempo ha accumulato i referti medici che parlano di asma bronchiale. Quattro anni dopo sono partiti i lavori per sanare il problema, che dunque è stato riconosciuto reale, ma nelle condizioni che vi raccontiamo.

Secondo il regolamento per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in vigore a Rimini esiste una “mobilità d’ufficio”, cioè l’opzione del cambio dell’alloggio, che si attiva (d’ufficio, appunto) anche nel caso di “esigenze di ristrutturazione dell’edificio”. Così recita anche la legge regionale (n.24 del 2001) che disciplina l’intervento pubblico nel settore abitativo. Ma una signora, di nazionalità straniera, che vive e lavora a Rimini da circa 40 anni, che chiameremo F.F. con le iniziali del suo nome e cognome, e che da quattro anni abita in un piccolo appartamento Erp di Viserba, sta vivendo settimane d’inferno perché per lei questa regola sembra non valere. Finalmente sono cominciati i lavori che dovrebbero eliminare la muffa dall’alloggio che ha ricevuto (“a scatola chiusa” dice lei, “dopo che mi ero raccomandata che non presentasse questo genere di problematica”), con la quale è stata costretta a convivere a lungo nonostante gravi problematiche di salute, ma con lei dentro. Un incubo.
Dal Comune di Rimini e dall’Acer, una volta che F.F. si è rivolta agli avvocati, sono arrivate giustificazioni rispetto al loro operato, ma nessuna soluzione.

La storia merita di essere raccontata. E’ il 1° settembre 2016 quando la signora F.F. invia la sua prima segnalazione al Comune di Rimini e va sottolineato che risiede lì da soli 5 o 6 mesi: “nell’appartamento c’è odore di muffa e per le mie patologie ho problemi respiratori, chiedo che si venga a vedere..”. L’istanza gira ad Acer che effettua un sopralluogo e poi risponde per iscritto rassicurando: “l’alloggio si trova in buone condizioni e nelle pareti e nei soffitti non sono state rilevate tracce di condensa o umidità scendente”. Viene invece rilevato che nei locali del piano seminterrato (adibiti a deposito) si trova del materiale accatastato e si consiglia di rimuoverlo o sistemarlo, arieggiando i locali dai quali “a suo dire (di F.F., ndr) proviene l’odore di muffa che poi invade i locali del piano rialzato, e che risulterebbe particolarmente insopportabile e fastidioso per la sua salute, ma che durante il sopralluogo non è stato particolarmente avvertito dallo scrivente”. Conclusione: “per quanto sopra non si ritiene quindi di dover adottare provvedimenti di alcun tipo”. Tenete e mente quel “a suo dire”.

Alla signora lo sbrigativo referto non piace. Si sottopone a visite mediche che già nell’agosto 2016 certificano: “affetta da asma bronchiale con crisi respiratorie notturne, con conseguente insonnia” e altro. Umidità e muffe sono dannosi per la salute oltreché all’origine di fenomeni di degrado degli edifici. Il ministero della Salute ha chiarito già da tempo che “è dimostrato che l’esposizione alle muffe e/o umidità domestica si associa alla maggiore prevalenza di sintomi respiratori, asma e danni funzionali respiratori”.

Che la muffa fosse una presenza invasiva lo dimostrano anche i lavori avviati

Nel 2018 F.F. torna alla carica e scrive ad Acer e agli uffici comunali competenti: “Quando piove si allaga tutto il piano di sotto e i muri essendo bagnati la casa non si scalda ed è sempre fredda e si forma muffa e umidità. L’umidità e l’odore della muffa mi stanno creando seri problemi di salute, ASMA, soffocamento, e non riuscendo a respirare non dormo neanche di notte e l’ansia prende il sopravvento e sono sempre dai dottori per aiutarmi per la mia salute”. Prosegue: “Ho riferito il tutto” (cita gli uffici interessati) “senza ottenere nessun aiuto. P.S.: posso dimostrare che la mia salute sta peggiorando sempre di più in questa casa, con referti medici…”. Chiede un nuovo sopralluogo per valutare lo stato dell’abitazione e lancia un appello disperato: “vi chiedo cortesemente di mettervi una mano sul cuore e di aiutarmi” per avere un nuovo alloggio, magari anche più piccolo, ma “senza problemi di muffa e umidità”. Nulla. Telefona pure, ma inutilmente, viene rimpallata o si sente rispondere che “deve avere pazienza”.

Il 17 febbraio 2020 il Dipartimento malattie dell’apparato respiratorio e del torace dell’Asl Romagna, visita la signora e scrive: “Seguita presso i nostri ambulatori per bronchiti ricorrentiVive in ambiente pieno di muffe. Accesso in pronto soccorso questa notte per episodio di dispnea acuto con broncospasmo e senso di oppressione toracica”. Conclusioni del medico che effettua la visita pneumologica: “Episodio di broncospasmo verosimilmente legato ad inalazione di muffe”. Prescrive alcuni farmaci e aggiunge: “Sarebbe inoltre necessario evitare esposizione prolungata a muffa che potrebbe ulteriormente peggiorare il quadro respiratorio”.
Secondo l’Acer invece la muffa sarebbe stata solo “percepita” dalla signora. Almeno fino ad un certo punto perché poi ammette.

La scala a chiocciola che mette in comunicazione ripostiglio/cantina con la cucina dell’appartamento

Per smuovere qualcosa F.F. è costretta a rivolgersi a dei legali, che decidono di raccogliere il suo grido di dolore. Uno di questi è l’avvocato Davide Grassi che il 31 luglio si rivolge all’ufficio gestione alloggi di edilizia pubblica sociale. Segnala che i lavori di ristrutturazione all’interno dell’immobile “stanno compromettendo il suo (di F.F., ndr) stato di salute” e pertanto “non possono essere portati avanti con la presenza della signora in quella abitazione”, ponendo l’esigenza di un “urgente intervento volto ad assegnare alla signora un altro appartamento di edilizia popolare” che non presenti “gli stessi problemi e in cui non vengono svolti lavori di edilizia”.
Sollecita una risposta dal Comune e il 6 agosto arriva: siccome i lavori non riguardano l’appartamento ma i locali situati nel seminterrato e tenuto conto che “l’ente gestore sottolinea anche che per impedire la risalita di polvere la zona di passaggio fra i due piani è stata isolata con dei teli”, il finale (non lieto) è che “non ci sono i presupposti per adottare provvedimenti d’urgenza nei confronti della signora”. Nell’assumere questa decisione l’amministrazione comunale si basa su ciò che attesta l’Acer. Ecco qua: “Relativamente ai lavori che stiamo eseguendo presso l’alloggio assegnato a … e sito in via …., si comunica che l’intervento è limitato agli ambienti del seminterrato accatastati come ripostiglio e cantina e quindi non abitabili. I lavori sono necessari per risolvere il problema dell’umidità di risalita proveniente dalla falda acquifera. Si tratta di rimuovere l’intonaco ammalorato e la pavimentazione del piano interrato, impermeabilizzare la platea di fondazione e realizzare dei fori nei muri perimetrali per la canalizzazione dell’acqua di falda. Successivamente posare la nuova pavimentazione in grès e l’intonaco deumidificante nelle pareti. Si segnala infine che per evitare che la polvere dal piano seminterrato arrivi al piano terra, la zona di passaggio tra i due livelli è stata isolata con dei teli”. Teli che, precisa F.F., compaiono in un secondo momento: “I lavori per alcuni giorni sono proseguiti senza che fosse stata messa alcuna protezione”, nemmeno quell’esile foglio di plastica con vistose aperture, tenuto insieme col nastro adesivo che si può vedere qui sotto.

Il telo “scocciato” che dovrebbe impedire l’ingresso di polveri e spore nell’appartamento

Quindi, quattro anni dopo la prima segnalazione fatta da F.F., la muffa non è più una presenza percepita ma reale, tanto che i “lavori sono necessari” e occorre asportare intonaco e pavimento, impermeabilizzare e forare i muri, proteggere le pareti con intonaco deumidificante, eccetera. Ma, assicura Acer, la signora può convivere tranquillamente col cantiere perché sarebbe protetta dai “teli”. L’alloggio noi l’abbiamo visto nella giornata di ieri. Una scala a chiocciola aperta lo rende comunicante con il piano che si trova ad un livello più sotto. Dei teli non possono sigillare, la polvere e le spore della muffa è presumibile che volino ovunque. Semmai Acer e Comune avrebbero potuto informare l’ufficio di igiene pubblica dell’Asl per capire più in generale le eventuali ripercussioni di quella muffa sulla salute di chi abita l’alloggio e l’efficacia dei teli posti a protezione. Ma l’intervento dell’Asl non risulta sia stato richiesto.

Parete con muffa nella camera da letto

Ma tracce di muffa, seppure meno visibili rispetto a quelle evidentissime che si trovano nel ripostiglio e nella cantina, sono comparse anche nella camera da letto. “Non riesco più a vivere in queste condizioni”, dice F.F. affranta, “di notte non dormo, sento che la mia asma peggiora”. Siccome nei giorni scorsi la signora ha chiesto l’interruzione dei lavori per non aggravare la sua salute, sperando che nel frattempo le assegnino temporaneamente un altro alloggio, ieri un addetto ha chiuso con teli la scala a chiocciola che conduce nel luogo dei lavori e fotografato lo stato di fatto. Non si sa quando le opere edilizie potranno essere concluse, comunque non certo a breve. E nel frattempo F.F. deve vivere in quell’alloggio? Con l’area lavori chiusa dall’esterno da un lucchettino pronto a saltare al primo sforzo e dunque con l’abitazione alla mercé di tutti (foto sotto)? Incredibile.

Probabilmente in tutti gli uffici pubblici andrebbe affisso un cartello bello grande per ricordare a funzionari e amministratori vari qualcosa che dovrebbe venire prima della lex: “agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale” o anche “agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo.”

Massime che stanno alla base della legge morale che Immanuel Kant ha cercato di inculcare nella civiltà moderna. Oppure, per chi dovesse preferire il pensiero antico: “Ciò che tu eviteresti di sopportare per te, cerca di non imporlo agli altri”. O ancora: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Chi fra gli amministratori comunali, i vertici di Acer, e i rispettivi funzionari, accetterebbe di vivere in quell’alloggio?

COMMENTI

DISQUS: 0