Nel giorno del ricordo il Comune di Rimini perde la memoria sulla pulizia etnica compiuta dai comunisti

Nel giorno del ricordo il Comune di Rimini perde la memoria sulla pulizia etnica compiuta dai comunisti

"Le terribili sofferenze che gli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi". Lo ha detto il presidente della Repubblica. Ma il vicesindaco Gloria Lisi celebrando la ricorrenza ha parlato di "dolore provocato agli uomini da altri uomini". E il libretto che dovrebbe aiutare a comprendere i fatti della storia, dedica solo due pagine al giorno del ricordo. Senza mai nominare i responsabili. Mentre è molto più generoso con la giornata della memoria.

Interrogazione di storia per Gloria Lisi, vicesindaco di Rimini. Di cosa si fa memoria nel giorno del ricordo? L’esamino diventa un obbligo dopo avere ascoltato quello che ha detto ieri. Perché a differenza del giorno della memoria, quando il nazifascismo viene giustamente evocato in sovrabbondanza, per il giorno del ricordo il comunismo non viene mai scomodato. E’ memoria storica questa? Oppure è faziosità?

Partiamo dalle parole pronunciate dal vicesindaco, di dichiarata appartenenza cattolica, in occasione della deposizione, sul porto, delle corone d’alloro alla “Biblioteca di Pietra”, il monumento “dedicato alle vittime del confine orientale”. Vittime di chi? C’è un confine assassino o ci sono stati degli uomini ben definiti, in carne ed ossa, che hanno la responsabilità di quelle vittime?

Leggiamo la dichiarazione di Gloria Lisi: “Qui ogni giorno dell’anno spira un vento incessante malinconico che ci richiama alla nostra essenza di persone, davanti a una natura che passa oltre ai guasti, al dolore provocato agli uomini da altri uomini. Non a caso Rimini celebra la Giornata del Ricordo in questo posto. Il Comune di Rimini dedica le pagine di questo libro sulla pietra agli esuli istriani, fiumani, dalmati e alla vittime dei conflitti di confine e delle foibe. Una tragedia immane, vergognosa. Dobbiamo calarci in quel terribile contesto storico. Essere italiano, in quel frangente, difendere le proprie tradizioni, la propria cultura, la propria religione, la propria lingua era motivo di sospetto e di persecuzione. Cominciò allora il drammatico esodo verso l’Italia: uno stillicidio, durato un decennio. Paesi e città si spopolavano dalla secolare presenza italiana, sparivano lingua, dialetti e cultura millenaria, venivano smantellate reti familiari, sociali ed economiche. Circa duecentocinquantamila italiani profughi, che tutto avevano perduto, e che guardavano alla madrepatria con speranza e fiducia non sempre trovarono in Italia la comprensione e il sostegno dovuti. Quella ferita, oggi, è ferita di tutto il popolo italiano, che guarda a quelle vicende con la sofferenza, il dolore, la solidarietà e il rispetto dovuti alle vittime innocenti di una tragedia nazionale, per troppo tempo accantonata.”

Ma di cosa parla Gloria Lisi? I colpevoli dalle sue parole non emergono, anzi si perdono nel vento del porto di Rimini. Eppure le stragi attuate con una ferocia disumana ebbero una chiara matrice.

Breve ripasso per Lisi & C. utilizzando una fonte autorevole. «Il “giorno del Ricordo”, istituito con larghissima maggioranza dal Parlamento nel 2004, contribuisce a farci rivivere una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata: le terribili sofferenze che gli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi. Queste terre, con i loro abitanti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo. Quest’ultima scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole». Lo ha detto qualche giorno fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Aggiungendo: «Si trattò di una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o per calcolo – il dovuto rilievo. Questa penosa circostanza pesò ancor più sulle spalle dei profughi che conobbero nella loro Madrepatria, accanto a grandi solidarietà, anche comportamenti non isolati di incomprensione, indifferenza e persino di odiosa ostilità. Si deve soprattutto alla lotta strenua degli esuli e dei loro discendenti se oggi, sia pure con lentezza e fatica, il triste capitolo delle Foibe e dell’esodo è uscito dal cono d’ombra ed è entrato a far parte della storia nazionale, accettata e condivisa. Conquistando, doverosamente, la dignità della memoria. Esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante. Ma oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi. Questi ci insegnano che l’odio la vendetta, la discriminazione, a qualunque titolo esercitati, germinano solo altro odio e violenza».

Di “comunismo” parla il capo dello Stato. Chiamare le cose col loro nome per una carica istituzionale dovrebbe essere un esercizio basilare di verità, doveroso anzitutto se si celebra una solennità civile nazionale istituita con una legge dello Stato.

Il prossimo anno speriamo che l’amministrazione comunale faccia tesoro della lezione di Mattarella e non si dimentichi di infilarci anche il maresciallo comunista Tito fra i dittatori che hanno compiuto la pulizia etnica

Invece l’ideologia di parte si impone in maniera sfacciata. Basta leggere il libretto realizzato dall’amministrazione comunale per le iniziative legate alla “attività di educazione alla Memoria”. Il titolo: “La lingua dell’odio e del mito del superuomo. Pratiche e linguaggi di violenza totalitaria nella Germania nazista e nell’Italia fascista”. E lo sterminio attuato dal comunista Tito? Non ce n’è traccia. Va ricordato, giusto per rimanere in tema, che questa propaganda si abbatte sugli studenti delle scuole di Rimini. Basta scorrere quel libretto per accorgersi che la giornata della memoria, con i diversi seminari su “Il fascismo: propaganda e costruzione del consenso”, “Insegnare il razzismo: la scuola fascista nella stagione del razzismo e dell’antisemitismo”, “L’odio contro gli ebrei: dal pregiudizio all’antisemitismo”, “La lingua nazista: dalla lingua Del Terzo Reich alla lingua dei lager” e tanto altro, occupa oltre 20 pagine contro le 5 che accennano al giorno del ricordo (2) e ai Giusti dell’umanità (3). Tito è uccel di bosco, il comunismo (sovietico), viene citato una sola volta nella introduzione, laddove si afferma che: “Ma il lessico, proprio per le sue caratteristiche di flessibilità e di creatività senza confini, serve anche per dare forma alle utopie divulgate come verità al popolo, in particolare il mito dell’uomo nuovo che il nazionalsocialismo ha promosso durante i dodici anni del governo di Adolf Hitler. Così è accaduto, con similitudini e differenze, anche sotto il fascismo italiano di Benito Mussolini e il comunismo sovietico”. Che storia è mai questa? E perché alla giorno della memoria è riservata una pagina sul sito del Comune di Rimini (qui), dove i carnefici sono battezzati molto bene (“fascismo e il nazismo”) mentre per il giorno del ricordo (qui) palazzo Garampi se la cava con due righe (“Il parlamento italiano riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del Ricordo” in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale”) e senza identificare gli autori comunisti della pulizia etnica? E’ semplicemente vergognoso.

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