Nel nuovo Centro per l’impiego la sala d’attesa è poco più di un salotto

Nel nuovo Centro per l’impiego la sala d’attesa è poco più di un salotto

I Centri per l'impiego in quest'Italia che insegue il reddito di cittadinanza e con tanta gente in cerca di un lavoro, saranno sempre più frequentati. Ma come si concilia tutto questo coi diciannove posti a sedere della nuova struttura di via Farini? C'è il rischio che nei giorni di piena la fila arrivi in strada. I dipendenti che lavorano qui, inoltre, devono parcheggiare ogni giorno a pagamento. In compenso il Comune di Rimini risparmia sul canone di locazione rispetto a piazzale Bornaccini. Siamo entrati nella location appena inaugurata, dove si avverte già la necessità di nuovi spazi.

A un mese dall’intervista alla responsabile dei Centri per l’Impiego della provincia di Rimini, Tatiana Giorgetti, torniamo a incontrarla nella nuova sede di via Farini 6, una trasversale di corso d’Augusto davanti alla Questura, in pieno centro storico. Precedentemente, la palazzina ospitava un istituto scolastico. Appena varcata la soglia, sulla destra si trova il punto d’accoglienza. Dalla parte opposta c’è una sala d’aspetto in cui si contano 19 sedute: sembrano essere del tutto insufficienti. Rammentiamo che trenta giorni prima, nella vecchia agenzia di piazzale Bornaccini, notammo una consistente affluenza di pubblico. La prima considerazione che facciamo, accolti nello spazioso ufficio della dirigente, verte su questa carenza di posti a sedere.
In un luogo che verosimilmente sarà molto spesso affollato, non le sembra che la sala d’attesa sia inadeguata?
“Sì, non lo si può negare. Siamo operativi da pochi giorni e finora non si sono presentati grandi problemi. La stanza può ospitare una ventina di persone a sedere e gli operatori sono una decina; quindi, mentre dieci utenti vengono accolti negli uffici, altri 20 attendono nella saletta. Mi pare già un numero accettabile, con un ricambio abbastanza veloce. Abbiamo istituito anche un filtro sull’accoglienza in modo che molte persone possano essere immediatamente smistate in altri piani. E’ chiaro che se aumenta il carico di lavoro, come del resto è presumibile (con il reddito di cittadinanza), quella diventerà una sala d’attesa eccessivamente piccola; andrà valutata una riorganizzazione”. La dottoressa Giorgetti ci rende noto di aver fatto una sua proposta: lavorare principalmente su appuntamenti prenotati on-line al fine di ridurre le attese, tra un utente e l’altro, a un massimo di 15/20 minuti. Il pubblico ha già la possibilità di fissarli con questa procedura, osserva la responsabile, ma vi ricorre solo il 10% circa dell’utenza. Questo a dispetto della grande dimestichezza che oggi si ha con gli smartphone, abilità che forse andrebbe indirizzata meglio.
“Su questo tipo di strategia faremo una campagna di comunicazione molto forte e incisiva perché a mio parere sarebbe un modo molto efficace per ridurre al massimo i tempi di sosta”.

L’organizzazione degli interni della nuova sede del Centro per l’impiego

Data l’ampiezza complessiva dello stabile, non c’era la possibilità di prevedere una diversa disposizione dei locali?
“L’attuale logistica non lo consente, ma in futuro il Comune potrebbe mettere a disposizione parte dello stabile che si estende verso il Corso d’Augusto, nel quale ci sono alcuni locali vuoti. Finora non è stato previsto, probabilmente per questione di costi”.
A chi spettano le spese di locazione del Centro per l’Impiego?
“Noi dipendiamo dall’Agenzia Emilia Romagna Lavoro, braccio operativo della Regione stessa.
L’individuazione dei locali e il pagamento dell’affitto spettano al Comune (qualora non fosse proprietario dei muri) in virtù di una legge dello Stato tuttora in essere, precedente al 1989”.

In merito al “quantum”, il canone annuo di locazione (anno 2018) corrisposto dal Comune di Rimini alla società proprietaria dell’ex sede CPI in p.le Bornaccini, ammontava a 194.236 euro più iva 22 per 1875 metri quadrati. Quello che verrà riconosciuto all’ASP (Azienda di Servizi alla Persona) “Casa Valloni”, proprietaria dei locali, sarà di 112.000 euro (I.V.A. esente) per 1.488 metri quadrati di superficie lorda. La cifra ci è stata fornita dal Dipartimento Patrimonio di Rimini. A conti fatti, l’importo dell’attuale canone sembrerebbe risultare economicamente più vantaggioso. Va precisato che l’ASP Valloni è per il 76% di proprietà del Comune di Rimini, per il 2% del Comune di Bellaria Igea Marina, mentre il restante 22% è detenuto dall’Unione di Comuni Valmarecchia.
In sintesi, dal breve colloquio la dottoressa Giorgetti ha sottolineato che “il nuovo C.P.I. è dislocato su tre piani più soffitta/magazzino; gli uffici sono 35; la ristrutturazione dei locali più che accettabile e la predisposizione dell’ascensore che a breve entrerà in funzione, fanno del luogo una sistemazione del tutto soddisfacente. E anche il microclima dell’ambiente è molto piacevole. Nulla a che vedere con il contesto di degrado vissuto in piazzale Bornaccini. L’unico neo è quella piccola sala d’attesa”.

Non è cosa di poco conto, noi crediamo. Immaginando momenti di grande afflusso, gli utenti faranno la fila fuori? Se è vero che nella disponibilità del Comune c’è quella porzione di edificio verso il corso, sarebbe bene utilizzarla, per evitare scene come quelle viste fin troppe volte davanti agli uffici della Questura per il rinnovo dei permessi di soggiorno.
Ravvisiamo un altro punto a sfavore, questa volta per i dipendenti: l’unica possibilità di parcheggio è a pagamento. Quello più vicino è il “Tiberio”. Pur usufruendo dello sconto (20%) riconosciuto ai lavoratori del centro storico, questi si trovano a sborsare 200 euro l’anno.
Per concludere il breve resoconto, ecco una notizia curiosa che abbiamo appreso “per vie traverse”: i lettori ricorderanno i disservizi che hanno tormentato la sede di piazzale Bornaccini. Ponemmo l’accento sui servizi igienici, fuori uso da tempo, al piano terra. Nelle ultime ore di permanenza in quella sede, qualcuno ha notato che uno dei due bagni era stato inaspettatamente riparato. Da quel giorno, tra le stanze desolatamente vuote è rimasta un’eco che aleggia nell’aria: “cui prodest?”

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