Nemmeno la commissione cultura riesce a far luce sul progetto del centro studi a palazzo Lettimi

Nemmeno la commissione cultura riesce a far luce sul progetto del centro studi a palazzo Lettimi

Convocata da Davide Frisoni, che fa parte della maggioranza, con l'obiettivo di far scoprire finalmente le carte sul nuovo Study City Center previsto in quel che resta del palazzo rinascimentale, la seduta si è conclusa con un nulla di fatto. Perché tanta segretezza? I timori di una soluzione "ipermoderna" e i molti punti oscuri della vicenda.

Mistero assoluto sul futuro di uno dei cinque tesori rinascimentali di Rimini, secondo la “classifica” stilata su Rimini 2.0 dal professor Rimondini, ovvero palazzo Lettimi. L’opinione pubblica è ferma ad una notizia di circa un anno fa (che ha riscaldato una minestra già impiattata dal 2017), quando l’amministrazione comunale annunciò che in quel che resta dello storico edificio, grazie ad un progetto dell’Università di Bologna e ad un finanziamento del Miur di 5,3 milioni di euro, sorgerà il nuovo Study City Center. Ma oltre all’opinione pubblica, a muoversi in una fitta nebbia sull’argomento, ed anzi a rimbalzare contro un muro di gomma quando si tenta di decifrare i contorni di quel progetto, sono anche gli amministratori comunali. A cercare di scoprire le carte, o meglio farle scoprire ai pochi che le hanno in mano, ci ha provato il presidente della commissione cultura di palazzo Garampi, Davide Frisoni, convocando una riunione lunedì scorso che aveva all’ordine del giorno: “Recupero Palazzo Lettimi e progetto presentato. Seduta conoscitiva dello stato dell’arte”. Peccato che lo stato dell’arte sia rimasto segretissimo. Nè l’architetto che rappresentava l’Alma Mater bolognese, né l’assessore alla cultura Giampiero Piscaglia e né i tecnici comunali presenti in commissione, hanno mostrato un solo foglio di carta sulla base del quale potersi fare un’idea su cosa abbiano previsto di costruire nel sedime del Lettimi. Se, come si favoleggia, anziché la facciata originale del Lettimi, dovremo digerire una location ipermoderna, una sorta di cubo in vetro e acciaio, oppure altro. E se il recupero filologico della facciata, reclamato dallo stesso consigliere di Patto civico-Italia Viva a capo della commissione cultura, da Italia Nostra ma anche da studiosi che non hanno mancato di far sentire la loro voce in tal senso, sia un’opzione in campo oppure no.

Vediamo meglio quello che è successo in commissione. Frisoni ha introdotto la questione mettendo precisi paletti. Ha detto che i “pezzi” per ricomporre la facciata del Lettimi ci sono e si trovano nei magazzini comunali. Anche il solo fatto di averli a suo tempo “smontati” e “archiviati” rappresenta una chiara indicazione della prospettiva nella quale si era mossa l’amministrazione (proprietaria del bene): quella di un recupero filologico. E poi ha domandato: ma il progetto dell’Università va in questa direzione? Non è volata non solo una mosca ma nemmeno il minimo cenno di risposta in un senso o nell’altro dagli ospiti in audizione nella commissione. L’assessore Piscaglia ha cercato di accreditare un sentiment in linea col recupero filologico, ma niente di più, e le sue parole non sono state lette come rassicuranti. Anche perché i dirigenti comunali hanno tenuto a sottolineare che la struttura dovrà rispondere a tutta una serie di requisiti (energetici, antisismici, ecc.) che mal si conciliano col “com’era dov’era” del Lettimi. Quel che ha lasciato parecchio deluso sia Frisoni che gli altri membri della commissione, è stato soprattutto l’atteggiamento dell’Università. In pratica ci si è alzati da quel tavolo con le stesse conoscenze già a disposizione prima di cominciare la riunione. Il progetto preliminare, che pure esiste, perché è servito a far ottenere il finanziamento del Miur, continua ad essere top secret. Con la motivazione che tanto sarebbe superato.

La stessa cosa fu detta anche a noi che chiedemmo conto del progetto all’Università di Bologna, ottenendo lo scorso maggio questa risposta dall’ufficio stampa: “Quanto è stato approvato dal MIUR è una proposta di progetto per la creazione di un complesso universitario nell’area di Palazzo Lettimi. In particolare, la proposta prevede la realizzazione di un complesso integrato di servizi allo studio con una residenza universitaria (65 posti alloggio), una nuova biblioteca di Campus, una sala conferenze, un servizio ristoro. Quanto approvato nell’ambito del bando del MIUR è però ad oggi solo una proposta preliminare. I fondi assegnati (5,3 milioni di euro) non sono infatti immediatamente disponibili, ma sono collegati ad una graduatoria che verrà scorsa nel corso dei prossimi anni man mano che saranno individuati fondi ministeriali per l’edilizia universitaria. Al momento, quindi, non c’è ancora un progetto definitivo per questa iniziativa. L’Ateneo sta avviando in questi mesi un’interlocuzione con gli attori del territorio, a partire dal Comune di Rimini, per iniziare a definire le basi per arrivare ad una proposta progettuale condivisa. Non appena ci saranno nuovi sviluppi l’Ateneo (e gli altri attori coinvolti) comunicherà le novità alla stampa e al pubblico riminese”. Ma nemmeno il dialogo col Comune, stando agli esiti della commissione, sembra avviato. Oppure è stato avviato col sindaco che però non ha coinvolto nemmeno la sua maggioranza.

I contorni del progetto, gli unici noti ad oggi, sono i seguenti: su un’area di circa 3.200 metri quadrati dovrebbero essere equamente ripartiti spazi destinati a residenza universitaria (circa 1.550 mq per 65 posti) e a biblioteca (circa 1.500 mq per oltre 150 posti a sedere), più una sala conferenze e un servizio ristoro. Il problema è che i lavori dovrebbero partire nel 2022, una scadenza che sembra ancora lontana, ma nell’ottica di voler condividere il progetto, in realtà appare vicinissima se l’obiettivo è quello di farsi trovare preparati fra meno di due anni.

Pare che la Soprintendenza abbia storto il naso sul progetto che l’università intenderebbe realizzare, ma anche su questo si riesce a sapere poco o nulla. Ad esprimersi con chiarezza è invece Davide Frisoni: “Posso dire di essere molto deluso perché non è emersa da parte dell’Università nessuna volontà di condivisione e questo è grave in quanto la commissione cultura è il luogo istituzionale deputato nel quale rendere pienamente trasparente un progetto della massima importanza per il comune e per la città di Rimini qual è quello che interessa il Lettimi”. E aggiunge: “I progetti bisogna esaminarli e discuterli prima che sia troppo tardi… ricordo quel che è avvenuto con la “falsa porta” del Castello…”. Una questione ben nota ai nostri lettori perché la modifica irreversibile all’opera di Brunelleschi è stata scongiurata dopo che Rimini 2.0  svelò i piani fino a quel momento nascosti e si catalizzò una mobilitazione trasversale, compresa quella di consiglieri comunali come Davide Frisoni e Carlo Rufo Spina.  In commissione lunedì Frisoni ha anche lanciato l’idea di dar vita ad una sperimentazione per quanto riguarda la gestione del futuro Study City Center. Nel Campus di Rimini si preparano competenze in campo turistico e dell’accoglienza, ha detto, perché non coinvolgere gli studenti nella conduzione della offerta di servizi che troveranno spazio nella nuova sede? Ma pure questo spunto è caduto nel vuoto.

Alla commissione cultura era stato invitato anche il sindaco Gnassi che però non si è presentato. E’ abbastanza inevitabile che nelle prossime ore sul problema il primo cittadino venga tirato per la giacchetta. Anche perché la delega all’Università è nelle sue mani. Non è difficile immaginare che sul futuro di palazzo Lettimi si possa riaprire una ferita simile a quella del “Galli”, per il quale si trovò la spinta verso il ripristino filologico dopo la mobilitazione promossa da “Rimini Città d’Arte”, con tanto di “abbraccio” popolare al teatro e appelli sottoscritti da numerosi intellettuali. Lo scorso dicembre era stata Italia Nostra ad organizzare nel Museo il convegno sul “futuro di Palazzo Lettimi”, che aveva visto la partecipazione di Alessia Gattei, Marcello Cartoceti, Giovanni Rimondini, Giulio Zavatta e Fausto Battistel. Il messaggio era stato cristallino: condivisione sul progetto, nessun dubbio sul recupero quanto meno della facciata del Lettimi con tutti i suoi apparati decorativi (nella foto alcuni particolari), ovvero ricostruzione secondo l’impronta originaria.

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