Non solo esuberi: i nodi di Carim vengono al pettine

Non solo esuberi: i nodi di Carim vengono al pettine

Secondo "Il Sole 24 Ore" sarebbero 96. "Regaliamo la banca", si mormora a Rimini. Che negli ultimi sette anni ha perso circa 3 miliardi di prodotto bancario. Gli ex dirigenti della banca di piazza Ferrari sono ai vertici di importanti gruppi bancari. Alcune filiali di cui Carim si è alleggerita fanno la felicità di altre banche.

Secondo il Sole 24 Ore sarebbero 402 gli esuberi totali conteggiati fra Carim, Caricesena e Cassa di San Miniato da Credit Agricole-Cariparma. Ieri Carim ha comunicato che il consiglio di amministrazione della banca “ha preso atto del rinnovo della manifestazione di interesse inviata da Crédit Agricole Cariparma S.p.A. che, al termine del periodo previsto per la conclusione delle discussioni preliminari e ad esito dell’attività di due diligence da essa condotta, ha confermato al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi il proprio interesse per la possibile acquisizione del controllo della Cassa di Risparmio di Rimini (unitamente alla Cassa di Risparmio di Cesena e alla Cassa di Risparmio di San Miniato) e il rilievo strategico che tale complessiva operazione riveste per il perseguimento degli obiettivi di crescita del gruppo Crédit Agricole in Italia”. Carim ritiene che il passaggio “consentirà di conseguire gli obiettivi della tutela dei depositanti, della difesa dei posti di lavoro, nonché di beneficiare della possibile integrazione all’interno di un gruppo bancario internazionale, con ricadute positive sull’economia dei territori di riferimento, e sugli stessi Soci della Banca”, e in forza di tutto ciò ha “deliberato di estendere il periodo di esclusiva in favore di Crédit Agricole Cariparma S.p.A. sino al 30 settembre 2017”.
Chiamatela pure difesa dei posti di lavoro. Secondo il Sole 24 Ore gli esuberi per Carim sarebbero 96, 158 in Caricesena e 148 in Carismi, tutti da finanziare con il fondo esuberi. Per Rimini una ventina in più rispetto al numero che era noto fino ad oggi. “Occorre, poi, favorire la crescita e lo sviluppo economico del territorio, e non le rendite di posizione o la speculazione – finanziaria, immobiliare, fiscale – avendo sempre una forte attenzione alle ricadute occupazionali, sia all’interno della banca sia nel territorio nel quale opera”. Evidentemente mons. Lambiasi era stato bene informato di quel che si stava preparando in Carim, perché questo riferimento alle ricadute occupazionali lo ha fatto il 15 giugno scorso nel discorso in occasione del Corpus Domini. La scure si abbatte sul personale. Per i vertici invece? “I lavoratori di Carim hanno contribuito con migliaia di giornate di solidarietà alla diminuzione dei costi del personale, cosa che non è stata fatta dai componenti l’attuale Cda che si sono ben guardati dal ridurre i propri compensi”, ha detto Giuseppe Taddia (storico rappresentante della Fabi) intervenendo nella assemblea Carim il 28 giugno scorso.

L’offerta di Credit Agricole-Cariparma (“Progetto Fellini”), assicura il Sole, per acquisire le tre Casse di Cesena, Rimini e San Miniato, è stata presentata il primo agosto: “Un documento riservato di 11 pagine, in inglese, indirizzato all’attenzione delle banche target, del Fitd, e per conoscenza a Banca d’Italia e Bce. Il testo – a cui hanno lavorato gli advisor di Agricole, ovvero Lazard, Bain e BonelliErede – contiene la manifestazione di interesse per i tre istituti, che è accompagnata dalla conferma di proroga del periodo di esclusiva fino al 15 settembre”. “Il documento scandisce anche il timing: l’obiettivo è arrivare a chiudere tutti i contratti delle parti coinvolte entro il 30 settembre, così da dare il via all’esecuzione entro fine anno. Prima, però, ci sarà da cristallizzare l’accordo con Atlante e gli altri investitori, che dovranno alzare il velo sul loro impegno a coprire la cartolarizzazione entro il 10 settembre. Il fondo gestito da Quaestio è del resto il pivot dell’intera operazione. L’operazione è di fatto in discesa, ma serve che il fondo di Quaestio Sgr, assieme ad altri soggetti, investa fino a 624 milioni nominali nell’acquisto della tranche mezzanina della cartolarizzazione. Solo così sarà possibile deconsolidare, entro fine dicembre, 3,152 miliardi lordi di Npl delle 3 Casse, al prezzo di 1,263 miliardi. Va ricordato che Atlante 2 ha impegnato 150 milioni, elevabili di altri 100 in caso di co-investimento di Fonspa. Non è escluso peraltro che nell’investimento entri anche la Sga, con 150 milioni circa. A completare la cartolarizzazione di sofferenze e inadempienze sarà poi una tranche senior da 416 milioni (da assegnare a investitori) e una junior da 213 milioni, che sarà sottoscritta integralmente dallo Schema Volontario. Al termine dell’operazione, le tre banche dovranno avere un Npe ratio lordo non superiore al 9%. L’impegno dello Schema nella messa in sicurezza delle 3 banche sarà pari a 640 milioni, 420 dei quali in arrivo dalle attuali risorse del Fondo (che andranno a finanziare l’aumento di capitale di Carim e Carismi da 425 milioni), altri 130 milioni che il Fondo riceverà in dote da Agricole per l’acquisizione dei tre istituti e 90 milioni dal “rabbocco” che lo Schema approverà a settembre”.

Infine, “una volta ripulite, le banche target non dovranno avere più di 500 milioni di Npe. All’incirca dovrebbero rimanere dunque circa 26 milioni di scaduti (coperti al 15,2%), 297 milioni di inadempienze (36,6%) e 20 milioni di sofferenze (60,3%). Il Cet 1 ratio aggregato degli istituti si dovrebbe attestare al 10,7%, previsti Rwa per massimi 5 miliardi, con masse totali pari 19,4 miliardi. Agricole pone tra i requisiti anche il riconoscimento di tutte le Dta legate alle perdite e del badwill risultante dall’operazione”.

Il 9 agosto si riunisce il consiglio generale della Fondazione Carim, il giorno dopo (ore 18) al centro congressi Sgr è in programma l’assemblea degli azionisti. L’ordine del giorno prevede l’attribuzione al cda della banca della delega, “entro 12 mesi dalla data dell’assemblea”, ad aumentare il capitale sociale per un importo massimo complessivo di 200 milioni di euro “mediante emissione di azioni ordinarie anche con esclusione, in tutto o in parte, del diritto di opzione”. Il valore delle azioni è praticamente quasi azzerato, chi ci rimette sono azionisti e Fondazione, prima di tutto, che avrà in futuro una quota inincidente.
“Regaliamo la banca”, si mormora in ambienti bancari. “Perché non si è concretizzato un piano di ricapitalizzazione locale, viste le disponibilità annunciate da importanti personalità a rappresentanti di gruppi organizzati di azionisti che trovano peraltro conferma nelle dichiarazioni rilasciate dall’imprenditore Maggioli al Sole 24 ore del 15 giugno (“eravamo pronti a partecipare al piano di ricapitalizzazione di Banca Carim sperando in un unico e forte istituto romagnolo – possibilità che è venuta meno definitivamente”), quindi, o quella di Maggioli è stata una semplice, ma infelice boutade, o si dovrebbero chiarire quali siano state le motivazioni che hanno fatto venire meno, e “definitivamente, questa possibilità”. A parlare così, sempre nella assemblea del 28 giugno scorso, Giuseppe Taddia, il quale ha messo in fila una serie di dati che bollano come disastrosa la gestione degli ultimi 7 anni. Ma al di là di Maggioli, che ha atteso la metà di giugno per esternare la sua “prontezza” (quando già nella prima metà di maggio si sapeva della manifestazione di interesse non vincolante ricevuta da Crédit Agricole Cariparma), la Fondazione Carim non aveva altre strade da battere? Possibile che a voler mangiare un “boccone” così ghiotto ci fosse solo Cariparma?

Avevamo una banca. E che banca! “Se esaminiamo il prodotto bancario (raccolta diretta, raccolta indiretta e impieghi) dal periodo 2009 al 2016 notiamo che il prodotto bancario è sceso da 9,36 miliardi a 6,42 con una diminuzione di 2,94 miliardi pari al 31,41%. Se si raffronta poi il margine di Intermediazione al 31/12/2009 con quello al 31/12/2016 si evince che lo stesso passa da 158 milioni di euro a 80 con una diminuzione di 78 milioni che corrispondono ad un calo del 49,37%”, ha detto Taddia in assemblea. “Sommando le differenze del periodo 2009/2016 il calo complessivo dei ricavi è pari a 385 milioni che contribuiscono in maniera determinante ai risultati negativi della banca”. E il valore delle azioni? “Mercato bloccato da 7 anni; a fine 2013 il prezzo è aumentato di 50 centesimi circa; nel bilancio 2016 il prezzo era 3,30… quindi mi chiedo e vi chiedo: perché il valore dichiarato e scritto dal Presidente è pari a 1 euro?” Valore solo teorico, peraltro.
“Anche se non vi è dubbio che il deterioramento dei crediti ha inciso sui risultati della banca, è certo che se non ci fosse stato un commissariamento, avvenuto singolarmente dopo che una ispezione effettuata da Banca d’Italia nel 2006 si era conclusa in modo positivo, ed un’altra effettuata dopo soli 4 anni (2010) in modo negativo, e la banca tornata in bonis fosse stata gestita con continuità, si sarebbero potute creare quelle disponibilità necessarie a fronteggiare gli accantonamenti, senza i negativi risultati sul conto economico e quindi sul patrimonio”. E vogliamo parlare della “improvvisa e incomprensibile” sostituzione del direttore generale Mocchi, “che ha determinato la modifica della strategia gestionale”? Numeri e interrogativi senza risposta che escono da chi banca Carim la conosce da molto tempo e dall’interno.

Durante il periodo immediatamente seguente a quello segnato dal sacro fuoco del commissariamento, in Carim si è chiuso il rapporto di lavoro con alcuni dirigenti. Che fine hanno fatto questi ex? Pensionati, ai giardinetti? Macché, sono in posizioni di comando in importanti gruppi bancari.
E le filiali di Abruzzo e Molise (Vasto, Sant’Elia a Pianisi, Campomarino, Campobasso e, collegate a quest’ultima, Jesi e Mirabello Sannitico) che secondo Carim erano diventate zavorre? Nel 2015 queste sei filiali sono state acquistate dalla Banca Popolare Pugliese, che non si è per nulla pentita dell’operazione (chiusa peraltro a “buon mercato” e in una settimana, segno che proprio svantaggiosa non lo era) di essersi portata in casa – grazie alle filiali ex Carim – “una raccolta complessiva di 67,3 milioni di euro, di cui 56,6 di diretta, impieghi economici per 29,2 milioni di euro e 18 dipendenti”.

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