Nuova legge urbanistica regionale: sulla carta ottima, anche per Rimini, ma la burocrazia è in agguato

Nuova legge urbanistica regionale: sulla carta ottima, anche per Rimini, ma la burocrazia è in agguato

Per la prima volta ci si pone il problema di sostenere "il fare", anziché di introdurre vincoli.

Nei comuni con zone congestionate e fabbricati vetusti e non conformi alle vigenti normative in tema di sicurezza sismica e di adeguamento energetico, questo nuovo testo normativo potrebbe segnare l'avvio di una diffusa riqualificazione edilizia. A condizione che i Comuni sappiano interpretarla con la necessaria liberalità, per favorire e anzi agevolare la voglia e la possibilità "del fare" dei privati.

La proposta di nuova legge urbanistica della Regione Emilia Romagna appare interessante e per certi versi orientata a contrapporsi con decisione alla crisi economica e immobiliare che da anni inibisce investimenti e opportunità di lavoro. E dunque tenta di sconfiggere la crisi che impedisce la crescita.
Per la prima volta una legge urbanistica regionale si pone il problema di sostenere “il fare”, sebbene in una precisa e condivisibile cornice di contenimento di utilizzo di nuovo suolo, piuttosto che – come in passato – orientarsi a porre vincoli, lacci e laccioli “al fare”.
Non è poco, anche se sono necessarie alcune precisazioni.

Infatti, le precedenti leggi regionali sul tema dell’urbanistica avevano un obiettivo prettamente contenitivo, cioè, di fatto, di introdurre vincoli all’urbanizzazione dei suoli e all’edilizia in genere. Erano figlie dello sviluppo immobiliare, degli investimenti da capogiro e di un trend economico con una curva ascendente, sui quali la politica intendeva esercitare un controllo più che puntuale.
La L.R. n.47/1978, “Tutela ed uso del territorio”, e s.m.i., così come la L.R.n.20/2000, “Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio”, e s.m.i., già nei titoli chiarivano gli orientamenti politici del legislatore regionale.
Oggi sembra cambiato qualcosa: la proposta di nuova legge regionale, che speriamo di vedere approvata e pubblicata nei prossimi mesi del 2017, se possibile ancor di più migliorata nel senso del “fare”, potrebbe aiutare la ripresa del settore delle costruzioni dando una sostanziale spinta all’economia sui territori della nostra regione.
Però non illudiamoci.
Mentre l’edilizia ha tempi relativamente corti quando non è osteggiata dalle burocrazie, l’urbanistica è lenta, direi lentissima se si paragona alla rapidità dei cambiamenti in atto. Inoltre l’urbanistica non è una disciplina facile, né veloce. Per cui i lodevoli concetti e obiettivi della proposta della nuova legge urbanistica regionale potrebbero tradursi in fatti, risultati concreti e realizzazioni, solo dopo cinque/dieci anni dall’approvazione del nuovo dettato normativo.

Perciò il “consumo di suolo a saldo zero”, la “promozione del riuso e della rigenerazione urbana”, le “deroghe al D.I. 1444/1968 sui limiti di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati, ecc.”, la “tutela e la valorizzazione del paesaggio”, la “prevenzione e mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e di riqualificazione antisismica”, la “valorizzazione dei territori agricoli”, la “tutela e valorizzazione degli elementi storici e culturali”, la “progettazione partecipata”, potrebbero essere lusinghieri obiettivi a raggiungimento tardivo se non si accelerano gli atti, semplificano le procedure, sconfiggono le resistenze burocratiche.
Inoltre il Piano Urbanistico Generale (PUG) e i relativi “Accordi operativi”, mandano in archivio l’attuale complicata impalcatura fondata su PSC, RUE, POC e piani attuativi, e vengono messi in campo per incrementare l’operatività sul territorio basandosi su meccanismi flessibili e aperti ai portatori sani di interessi che, agendo in stretto contatto con le pubbliche amministrazioni, interverranno sulle trasformazioni del territorio, soprattutto su quello già antropizzato.
Nei comuni con zone congestionate, fortemente urbanizzate e con fabbricati vetusti e non conformi alle vigenti normative in tema di sicurezza sismica e di adeguamento energetico, perciò del tutto assimilabili agli ambiti immobiliari costieri e dei centri urbani più densamente popolati, questo nuovo prospettato testo normativo potrebbe segnare l’avvio di una diffusa riqualificazione edilizia. A condizione che i Comuni sappiano interpretarla con la necessaria liberalità, per favorire e anzi agevolare la voglia e la possibilità “del fare” dei privati. I quali, da un lato, potrebbero rivitalizzare l’asfittico settore edilizio e, dall’altro, produrre l’indispensabile stimolo ad una diffusa riqualificazione (sismica, energetica e funzionale) degli immobili con destinazioni d’uso alberghiere, ricettive e residenziali.

La concretizzazione di questi buoni propositi è tuttavia a serio rischio. Non solo per i tempi di effettiva approvazione degli Accordi operativi previsti dalla proposta di nuova legge urbanistica regionale, ma anche per la carenza organizzativa degli apparati tecnici dei piccoli e medi Comuni, che con difficoltà possono supportare le necessarie accelerazioni dei percorsi autorizzativi delle trasformazioni negoziandole con gli operatori privati.
Cosicché si corre di nuovo il rischio di avere lo strumento normativo per sviluppare il settore immobiliare e gli investimenti di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, ma di ricadere in una defatigante e interminabile procedura burocratica che mortificherebbe ancora una volta la lodevole voglia “del fare”.

Mauro Ioli

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