Orse, ruglamerda e delfinario, ovvero l’inquietante ideologia animalista

Orse, ruglamerda e delfinario, ovvero l’inquietante ideologia animalista

Tanto per ricordarci delle bischerate che ascoltiamo e leggiamo, ecco i fatti della scorsa settimana. In Trentino un’orsa sfuggita al controllo, ogge

Tanto per ricordarci delle bischerate che ascoltiamo e leggiamo, ecco i fatti della scorsa settimana.
In Trentino un’orsa sfuggita al controllo, oggettivamente pericolosa perché aggressiva nei confronti dell’uomo, viene non abbattuta ma sedata, con un narcotico sparatole addosso tramite un’innocua carabina ad aria compressa.
Senonché il fisico dell’orsa, ormai anziana, non regge alla narcosi e muore.
Esattamente come può morire un paziente in camera operatoria quando il suo organismo non tollera l’anestesia e collassa.
Di questa vicenda spiacevole ma tutto sommato di routine (si tratta d’una bestia, non d’un essere umano) se n’è fatta una questione di Stato, chiedendo a gran voce le dimissioni del Presidente del Trentino e proponendo il boicottaggio del turismo in quella regione.
Come se in Iraq, intanto, non fosse in atto un genocidio, in Crimea non stessimo rischiando la quarta guerra mondiale e l’Italia non stesse affondando nella recessione.
Siamo all’isteria pura, in ordine alla quale già altre volte personalmente ho denunciato il razzismo di quegli animalisti che si stracciano le vesti per un’orsa e tacciono sullo sterminio di ruglamerda o scarabei stercorari provocato, sulle nostre spiagge, dall’antropizzazione selvaggia degli ultimi decenni.
Insomma due pesi e due misure: orse sì, ruglamerda no.
Fermo restando che l’aspetto più inquietante è quello ideologico, di cui qualche esagitato pronto ad appollaiarsi su un albero a rischio abbattimento (come successo a Varese, quasiché un albero non potesse essere sostituito da un altro piantato ex novo, visto che non è un affresco di Giotto), neanche si rende conto.
Nel senso che, laicizzando un concetto di salvezza ormai out of date, sono due secoli che la modernità si sbatte alla ricerca del soggetto puro e innocente, in quanto non contaminato da società e storia, in grado di salvare il mondo: prima il buon selvaggio di Rousseau, poi il bambino (sempre Rousseau), quindi il proletariato di Karl Marx, l’Es Freudiano, i dannati della terra in quanto terzomondiali (Franz Fanon), la donna del femminismo pre – e post-novecentesco e così via sfurgatando.
Cioè delirando e ipostatizzando, ma sempre all’interno d’un Umanesimo per cui il soggetto rivoluzionario, in quanto portatore di salvezza rigeneratrice, faceva in ogni caso parte della razza umana.
Adesso non più.
Adesso, in una regressione storica che ci riporta al tribalismo delle origini, il soggetto “altro” rispetto a società e cultura degenerate, non è più umano, è la Natura in quanto tale.
Vista in un’innocenza e purezza totemiche che la contrappongono a un’umanità così assatanata di sfruttamento delle risorse che meglio sarebbe se scomparisse.
Che è ultimamente il sogno d’una entropia ambientalista che fa d’un’orsa del menga, schioppata per i fatti suoi sulle montagne del Trentino, il simbolo delle proprie masturbazioni idolatriche.
Le cui propaggini arrivano fino a noi, dall’accanimento Forestale contro il delfinario sul lungomare di Rimini (da quando in qua un corpo dello Stato, pagato coi soldi di noi contribuenti, si fa esecutore dei desiderata d’un’ideologia di minoranza?) alla gnagnera Friburghese d’un sindaco che evidentemente neanche si rende conto del cul de sac ideologico, più che culturale, in cui s’è infilato.
Che si potrebbe evitare recuperando una tradizione marx-leninista e gramsciana di cui, invece, sembra non esserci più traccia all’interno del suo partito.
Ammesso che esista ancora, quel partito.

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