Pane e companatico

Pane e companatico

Quello che conta è tornare a sorridere, a non avere paura.

Mi è sempre piaciuto mangiare, possibilmente in compagnia. Mi è sempre piaciuta la convivialità, la vicinanza, la tavola imbandita, la famiglia numerosa, la Confraternita.
Quando andavo a trovare mia mamma, la prima cosa che mi chiedeva era: “Ti magné?”. Formula atavica e magica di una generazione che aveva conosciuto la Fede e il morso della fame. “Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui”. Il Poeta è sempre attuale e il popolo minuto conosce benissimo il valore e la sacralità del pane.
Se poi c’è anche un po’ di companatico… allora è festa.
La preoccupazione maggiore della pandemia non ancora superata, non è stato il virus, ma la paura di non avere cibo, di morire di fame.
Le file che hanno caratterizzato questi lunghi e difficili giorni, sono quelle dei supermercati dove si è fatto incetta di tutto, quando era sufficiente farina e strutto per avere a disposizione con poca spesa e molta resa, il pane della miseria romagnola: la Piada.
Mi sono infilato in un vicolo cieco per dire la mia verità: non pensavo che avremmo dimenticato così in fretta tutti i buoni propositi. Mi viene in mente la letterina che si scriveva per Pasqua, e si nascondeva sotto il piatto, fatta di ingenue promesse alle quali credevamo.
Ritorniamo al piacere della tavola, al bicchiere di vino, alle cose semplici, allo stare insieme.
Dove volete, con chi vi pare.
Che sia in spiaggia, nel parco, in campagna, al lago, lungo il fiume o sul terrazzo, non importa.
Quello che conta è tornare a sorridere, a dividere il pane, a non avere paura.
Insomma a vivere!
Rurali sempre.

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