Parco del mare, Bonizzato dice che si può fare di più, senza ripetere l’errore di Ambasz

Parco del mare, Bonizzato dice che si può fare di più, senza ripetere l’errore di Ambasz

Ieri il Parco del mare è stato meglio scandagliato e messo sotto i riflettori nella giornata che si è svolta al Palacongressi. La rivoluzione di fondo

Ieri il Parco del mare è stato meglio scandagliato e messo sotto i riflettori nella giornata che si è svolta al Palacongressi. La rivoluzione di fondo Maurizio Ermeti l’aveva spiegata a Rimini 2.0 due anni fa, anticipando solo un po’ i tempi (diceva che col primo stralcio si sarebbe partiti nel 2014). Se la città si trovi davanti alla ennesima “cartolina” che non verrà imbucata o, finalmente, a qualcosa di concreto, è presto per dirlo. Quanto meno occorrerà attendere i bandi, capire il reale coinvolgimento degli operatori, non solo dal punto di vista economico ma, soprattutto, della capacità di unire le forze, e tanto altro ancora. Vedremo.
Per ora c’è da testare il progetto senza accontentarsi delle slide. E rispetto ad alcuni pilastri emersi ieri, l’architetto Marino Bonizzato, da parecchi anni attivo anche su questo fronte e che ben conosce i tentativi fin qui ipotizzati (dal piano Ambasz della giunta di pentapartito al lungomare targato Ravaioli-Melucci e firmato dalle archistar), comincia ad intavolare qualche riflessione a voce alta. Nulla di sistematico e concluso, ma solo alcuni spunti gettati nell’arena del confronto pubblico.

Bonizzato parte proprio da Emilio Ambasz, che all’inizio degli anni 90 schizzò la sua idea di arenile. Fra l’altro anche lui partì da quella che oggi viene invece presentata come una trovata epocale. Disse che la spiaggia che aveva in mente “non è solo una graticola per l’estate ma uno spazio da vivere dodici mesi all’anno”. E i bar e i ristoranti li portò (sempre sulle tavole progettuali) a ridosso della passeggiata, più o meno come prevede il Parco del mare. E poi Ambasz collocò tante altre cose sulla carta: le dune sull’arenile e i pontili in mare, solo per citare qualcosa.
“Il trasferimento delle cabine e dei chioschi mi convince poco”, attacca Bonizzato. “Fui critico anche con Ambasz che aveva più o meno la stessa ipotesi”. E perché non vede positivamente questo tipo di soluzione? “Perché la spiaggia ha una sua urbanistica. Ho scritto una piccola poesia, che fra l’altro recita: c’è una città che appare e poi scompare ogni anno sulla spiaggia in riva al mare. Ed è proprio così: è una città, con tanto di riferimenti topologici, e togliere il percorso intermedio che comprende fra l’altro chioschi e bar, non va bene. E’ un percorso che è anche una sorta di passeggiata e toglierla non è indolore. E poi collocando certi servizi più a monte bisogna considerare che si sottraggono al sole abbastanza presto, mentre in mezzo alla spiaggia questo non accade e ci si gode il tramonto fino alla fine. Semplicemente trasferire dei servizi equivale a privilegiare qualcosa a discapito di altro”.
Un altro aspetto centrale è che il parco del mare si concentra sulla spiaggia, crea nuove funzioni e muove i “birilli” dei servizi. “Nel progetto del parco del mare mi sembra manchino due aspetti importanti. Il primo è che considera il mare ancora come uno sfondo scenografico, mentre io ritengo che il progetto debba entrare anche nel mare in qualche modo. Il paesaggio marino va movimentato dalla spiaggia al mare e non è ad esempio scandaloso prevedere le piscine nel mare, ovviamente realizzate in modo tale che si possano togliere facilmente e con costi bassi, come ho previsto in un intervento progettato in un’altra città di mare”. E il secondo? “Non bisogna dimenticare che il nostro turismo è nato regalando i terreni fronte mare ai bolognesi che ci hanno costruito i villini. Sarebbe un errore se il Parco del mare non si ponesse l’obiettivo della integrazione fra gli alberghi e la spiaggia. Non si può dimenticare nemmeno la fascia alberghiera e di città che guarda il parco del mare, anche perché vanno riqualificati servizi e luoghi della città che anche il turista utilizza e che in questo senso diventa cittadino a tutti gli effetti”. In questa direzione Bonizzato non condivide nemmeno la filosofia secondo la quale “i volumi degli alberghi non si toccano”. Ma come, incalza, “se qualcuno propone di realizzare un albergo nuovo, antisismico, magari sviluppato in altezza e liberando spazio a terra, che si sposa col mare, e quindi riqualifica un pezzo di città nella quale poter vivere all’insegna del bello, il Comune non glielo permette? Io a determinate condizioni consentirei anche il raddoppio del volume”. Bonizzato invita ad uscire da schemi troppo rigidi e a guardare ad una vera trasformazione: “Gli alberghi devono assolutamente entrare nel progetto del Parco del mare, non vanno tenuti fuori”, ripete.

Ma Marino Bonizzato mette sul tavolo anche altro: “Alla presentazione di ieri non ho ascoltato nulla sul problema, gigantesco, della sicurezza antisismica. Ricordo solo che la nostra fascia alberghiera si trova sulle “sabbie mobili”, come si è soliti dire”. E nel 2016 cade il centenario del terremoto che mise a dura prova Rimini, anche se non solo. Le cronache parlano di oltre 4 mila persone costrette a lasciare le loro abitazioni.
Non è tutto. Da ultimo, ma per Marino Bonizzato si tratta di una priorità da mettere davanti a tutto, a non convincere l’architetto riminese è che il Parco del mare “fa solo un discorso di urbs e non di civitas, mentre la nuova città non può essere determinata solo da urbanisti, architetti e tecnici vari, né solo da interventi di assetto e arredo del territorio, ma da un nuovo protagonismo dei cittadini. Se questi ultimi dovessero solo subire progetti dettati da politici e urbanisti, beh, sarebbe la fine”. Un concetto che comunicò anche nell’incontro promosso da Dreamini sull’urbanistica.
“Quello che prima di tutto manca nel progetto del Parco del mare è la città, insieme alla riflessione su quale turismo per Rimini. Bagnini e imprenditori turistici non possono essere ancora concepiti come quelli che ci mettono i soldi per trasformare un pezzo di città”.

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