Per capire Fellini dobbiamo studiare Pound e Thomas Eliot. Leggere per credere

Per capire Fellini dobbiamo studiare Pound e Thomas Eliot. Leggere per credere

Mentre noi siamo impantanati nella polemica sui gadget fascisti (e trattiamo il malatestiano Pound come un repubblichino qualsiasi) nei mondi più evoluti del nostro escono libri bellissimi. Ad esempio, un ‘giallo’ di Ezra scritto in Italia. Il regista riminese fu influenzato dalla “Terra desolata”. È ora di risanare la cultura riminese.

Inverno 1930: la parodia di Agatha Christie
Che palle, tocca sempre ripetere le stesse cose. Il tema è sempre quello: Ezra Pound, il poeta più influente del Novecento – basta leggere come lo lustrava di aggettivi Eugenio Montale – che è morto 45 anni fa, e i suoi legami affettivi con Rimini e con Sigismondo Pandolfo Malatesta. Le ‘notizie’ da mettere nel cesto, oggi, sono una e mezza. Più un’altra, su cui torno dopo. Partiamo dalla prima notizia. Nei paesi culturalmente più civilizzati del nostro si stanno attrezzando, almeno bibliograficamente, a onorare ‘Ez’. Solo quest’anno sono pubblici: l’edizione commentata – da Richard Reid – di Elektra, la traduzione compiuta da Pound quando era recluso nel manicomio criminale di Washington da Sofocle (per i bibliomani: ne esiste una edizione italiana, non commentata, edita nel 1992 da Scheiwiller), poi ri-edizioni di Hugh Selwyn Mauberley, di Ripostes, di Umbra e di Lustra, le poesie giovanili di ‘Ez’, e poi una guida di Mark Byron, Ezra Pound’s Atlas: Essays on Philosophy, Aesthetics and Textuality in The Cantos e uno studio di Daniel Swift, The Bughouse: The Poetry, Politics and Madness of Ezra Pound. La cosa più interessante, però, almeno sulla carta, è il manoscritto – recuperato e commentato – di The Blue Spill, stampato da Bloomsbury. Il testo, “scritto durante l’inverno del 1930, in Italia”, è una “detective story, redatta da Pound con Olga Rudge, che sembra una parodia dei libri di Agatha Christie”. Insomma, Pound in Italy si dava al giallo. Non pare inutile ricordare che l’ultima visita riminese di Pound accade nel settembre del 1963, al Tempio Malatestiano, ad assistere a un concerto insieme a Olga. Il libro con l’inedito poundiano riesumato pare così importante che la promozione è già iniziata, anche se il tomo sarà pubblico il prossimo anno, nel 2018.

Forza Andrea ‘Gnassing’, i libri non fanno paura, puoi farcela
L’altra notizia giunge da Novafeltria. L’accanito lettore Silvano Tognacci mi invia un libro fresco di conio. S’intitola Essays on Pound’s Contemporaneity ed è stampato anche questo da Bloomsbury. Beh, la figura del Malatesta fa la sua bella figura. Sfolgora. “Nel Tempio Malatestiano di Rimini, Ezra Pound – che era in sostanza un pagano – intravede un poema ermetico infinito, fitto di simboli, che costituisce una fonte ‘teorica’ utile al poeta nel corso dei Cantos, non limitatamente alla parte dedicata al Malatesta”, è scritto, in uno dei tanti passaggi. Nell’indice dei nomi, infatti, ‘Malatesta’ è uno dei termini più ricorrenti. Il che significa due cose:
a) per Pound la vicenda del Malatesta non è occasionale, ma sostanziale, sostanzia l’intero percorso dei Cantos;
b) nel mondo colto anglosassone Rimini è nota per essere la città del Rubicone e del Malatesta – e perché è citata da Pound, il poeta più discusso – in tutti i sensi – del secolo scorso.
Da questo dovremmo trarre il sugo ‘politico’: Andrea II Gnassing è un Sindaco dall’indiscutibile capacità di reperire finanze. Ha bussato alla Regione per proporre un artato ‘Museo virtuale’ del Teatro Galli restaurato e quelli gli hanno sganciato un assegno da mezzo milione di euro. Figuriamoci se ha problemi a finanziare un mega-progetto su Pound, con pubblicazione annotata di testi, convegni, centro studi e quant’altro. Forza Andrea, ce la puoi fare a vincere le tue ritrosie verso la cultura, i libri non fanno paura, sono una figata.

“La Dolce Vita” è “La terra desolata”
Veniamo a un altro pezzo di notizia. L’amico intimo di Ezra Pound è stato Thomas S. Eliot, che a ‘Ez’, lo sanno anche le pietre, dedica La terra desolata, il suo primo capolavoro. Perché tiro in ballo Eliot? In realtà, lo tirano in ballo altri. Il poeta Czeslaw Milosz, ad esempio, Premio Nobel per la letteratura nel 1980, il quale ritiene che “certe scene dei film di Fellini sembrano la traduzione di una poesia, spesso di una poesia di Eliot: basti citare la stanza dell’intellettuale de La Dolce Vita di Fellini, che sembra tratta dal Canto d’amore di J. Alfred Prufrock”. L’intuizione – Fellini che si ispira alle poesie di Thomas S. Eliot – non è peregrina. Nel 2008 Philip French scrive che “La Dolce Vita è una satira su larghissima scala, con potenti metafore visive. Il film racconta una società senza dio, che è diventata un inferno – le citazioni di Dante sono puntuali – e che ha forti analogie con la Waste Land dipinta da Thomas S. Eliot, la visione di un Occidente moribondo dopo la Prima guerra mondiale”. Il primo critico ad aver supposto un legame tra Federico Fellini e il poema di Eliot, tuttavia, fu Robert Richardson, in un testo, La Dolce Vita: Fellini and T. S. Eliot, pubblicato prima, nel 1969, nella raccolta Literature and Film, infine assorbito in Federico Fellini: Essays in Criticism, libro collettivo del 1978, curato da Peter Bondanella. L’idea di fondo è che il film di Fellini e il poema di Eliot esprimano entrambi “il vuoto della vita contemporanea”. Come detto, fu Ezra Pound a scorciare, a correggere e ad assemblare La terra desolata di Eliot. Insomma, il ‘cerchio magico’ Fellini-Eliot-Pound andrebbe per lo meno studiato come si deve. Ce la faranno i nostri eroi a dare uno slancio alla cultura riminese sdraiata sulla brandina del nonsense?

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