Pera e mons. Negri sferzano la chiesa al coraggio e i movimenti alla rinascita

Pera e mons. Negri sferzano la chiesa al coraggio e i movimenti alla rinascita

"Oggi la Chiesa ti fa quasi sentire in colpa se tu affermi la tua identità. Ci stiamo abituando a non prendere la parola: per favore santità, cardina

“Oggi la Chiesa ti fa quasi sentire in colpa se tu affermi la tua identità. Ci stiamo abituando a non prendere la parola: per favore santità, cardinali, preti di ogni ordine e grado, un po’ più di coraggio!”. Così Marcello Pera ieri a Rimini davanti a circa 400 persone radunate dalla Fondazione Giovanni Paolo II. E il vescovo: “Ai miei preti a Ferrara sono arrivato a dire: se andiamo avanti così direte che i martiri erano degli sfortunati perché non sono stati capaci di dialogare”.

“Il peccato della Chiesa non sono soltanto le mancanze morali, pur gravi, ma il cedimento alla mentalità del mondo, il tradimento della verità”. Lo ha detto ieri sera mons. Luigi Negri all’incontro pubblico che ha riempito la sala principale del centro congressi Sgr (tanto che è stato necessario aprire una seconda sala collegata in video con quella principale). “Già dalle discussioni sul preambolo alla costituzione europea, il cristianesimo è stato fatto fuori dalla scena pubblica. Ma questo ragionamento e atteggiamento, apparentemente nobile, entrato anche nella Chiesa cattolica, priva di valore il messaggio cristiano e lo rende debole”, gli ha fatto eco l’ex presidente del Senato Marcello Pera. A richiamare tanta gente (circa 400 persone) un tema che non va per la maggiore nella chiesa francescana: «Dopo la fede stiamo perdendo la ragione?»
Ad introdurre e moderare il confronto, Marco Ferrini, direttore della Fondazione internazionale per il Magistero sociale della Chiesa intitolata al papa polacco, che ha promosso la serata, e l’ex sindaco di Rimini Massimo Conti.
Incursioni nell’attualità e riflessioni controcorrente sulla legge sul matrimonio omosessuale, la mancanza di risposta al terrorismo, la tiepidezza nella Chiesa, la crisi antropologica dopo due secoli di distruzione dell’umano. “Nella visione tradizionale («maschio e femmina li creò») ragione e fede coincidono. Adesso non più, viene messo in discussione il dato di natura. Una differenza enorme: ciò che uno gradisce o desidera o crede opportuno conta di più del dato naturale”, ha spiegato Pera. “Un domani che problema ci sarà allora a permettere la poligamia o l’incesto? E’ in atto una guerra fra il relativismo, il laicismo e la nostra tradizione”. Secondo il quale “è la religione del laicismo che adesso ci viene imposta per legge. Ma accettare la legge (il ddl Cirinnà, ndr) significa accettare il pensiero che ci sta dietro, quindi accettare e diffondere il relativismo e l’emarginazione del cristianesimo dalla sfera pubblica”. Pensieri che cadono a dieci anni dal famoso discorso di Ratisbona di Benedetto XVI incentrato proprio sulla necessità di rigenerare il rapporto fede-ragione. “Negli ultimi due secoli la concezione della ragione è divenuta ideologica: la ragione non è più ciò che apre alla realtà, all’infinito – come insegnato appunto da papa Ratzinger e dal mio maestro mons. Luigi Giussani – ma domina, è legata al potere, organizza e manipola la realtà, crea una visione astratta, una barriera tra l’uomo e la realtà. Così, in una società senza Dio, l’uomo è ridotto a una particella di materia, come dice il Concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes”, sono state le parole di Negri.
Come convivere tra diverse fedi? Alla domanda Pera ha argomentato che “Gesù Cristo non è un saggio o un filosofo, ma rivela la verità: «Ego sum veritas». Non ammette altre verità, anche se ciò non significa discriminare le altre fedi, che vanno accettate però – secondo la fede cristiana – come errori. Già dalle discussioni sul preambolo alla costituzione europea, il cristianesimo è stato fatto fuori dalla scena pubblica. Ma questo ragionamento e atteggiamento, apparentemente nobile, entrato anche nella Chiesa cattolica, priva di valore il messaggio cristiano e lo rende debole. L’identità è come il sesso, maschio o femmina: ce l’hai o non ce l’hai, da una parte o dall’altra. Oggi la Chiesa ti fa quasi sentire in colpa se tu affermi la tua identità. Ci stiamo abituando a non prendere la parola: per favore – ha esortato ironicamente Pera – santità, cardinali, preti di ogni ordine e grado, un po’ più di coraggio!”.

Musica per le orecchie del vescovo di Ferrara e Comacchio, che ha commentato: “Senza ragione, la fede non si spiega, diventa non comunicabile. Il dialogo con l’altro è possibile se io ho una identità vissuta. Ai miei preti a Ferrara sono arrivato a dire: se andiamo avanti così direte che i martiri erano degli [sfortunati] perché non sono stati capaci di dialogare… E allora chiediamo a Dio che ci aiuti a non essere mediocri”.
Rispondendo a numerose domande del pubblico, l’ex presidente del Senato ha insistito: “Per dialogare bisogna che ci siano almeno due identità, altrimenti è solo una resa. Noi ci stiamo arrendendo, e più ci arrendiamo più quelli che ci vogliono attaccare ci vogliono male…Quali sono gli attuali valori europei? Cointreau, Pernod, Bistrò, Bataclan… Se non riscopriamo valori forti, l’identità, diventiamo afoni e muti”. Il dialogo come resa è una sconfitta, ha detto ancora Marcello Pera: “Si sventa il pericolo pensando che poi l’avversario non ti uccida. Ma è un errore strategico perché poi ti uccidono le stesso, anzi disprezzano questa debolezza. Io preferirei affrontare una battaglia portando una bella bandiera che rappresenta i miei ideali, con i colori giusti. Non bisogna essere tracotanti, ma neppure timorosi. Il dialogo diventa effettivo solo se siamo consapevoli della nostra storia e dei nostri valori”. L’arcivescovo ha concluso i suoi interventi battendo il tasto interno alla Chiesa: “Annunziare Cristo, e questi crocifisso: è la sfida di oggi, quella della nuova evangelizzazione ai cristiani che sono lontani, testimoniare Cristo senza paura e senza tracotanza. Oggi, nella separazione tra fede e ragione, alla fede cosa rimane? Le «emozioni» legate a certe parole d’ordine. Mentre il potere e i soldi guidano il mondo, noi ci beiamo di emozioni, siamo tollerati come una piccola o grande riserva indiana che vive di emozioni. Ma un cristianesimo individualistico o pietistico non è la versione cattolica, quindi non dura. La Chiesa è «semper reformanda», come disse Ratzinger al Meeting di Rimini del 1990, la riforma è sempre una necessità. Ma il soggetto di questa riforma è la persona. Come ha detto papa Francesco, la Chiesa si riforma con la fede delle persone e la preghiera del popolo. Come fare? Ciascuno prenda la responsabilità di essere cristiano, senza sentire il limite come obiezione. Non è facile, ci vogliono delle amicizie carismatiche, amicizie umane fatte di fede e ragione. La comunità non ci sostituisce ma ci sostiene, e oggi anche i movimenti devono rinascere. L’esito non lo conosciamo, sarà quello che Dio vorrà, ma come dice san Giacomo noi mettiamo un seme di vita buona, a suo tempo darà il suo frutto”.
E quando un sacerdote è andato al microfono per far notare che “se qualcuno dall’altare dice queste cose, poi il vescovo lo chiama e gli dice di stare più tranquillo e magari viene anche trasferito”, Negri ha prontamente risposto: “Se succede chiamami che ti trovo da fare a Ferrara”.
E’ il tempo delle “minoranze creative”, ha scandito Pera, “questa di stasera è una minoranza creativa, da qui nascono la verità e il coraggio, mentre le istituzioni sono vuote. In questi cenacoli può avvenire la rinascita di cui abbiamo bisogno, scindendo il recupero dell’identità dal timore di essere estremisti. Mostrare che non abbiamo paura e che abbiamo argomenti”. E Negri: “Io non sono di quelli che non hanno coraggio e ve ne sarete accorti”, con un indiretto riferimento agli attacchi che spesso riceve.
Il ciclo di incontri e iniziative sul rapporto tra fede e ragione, promosso da un gruppo trasversale di laici e credenti di vari movimenti, associazioni e parrocchie – ha spiegato Marco Ferrini – continuerà con prossimi appuntamenti ancora in corso di preparazione.

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