Piazza Malatesta senza pace: via anche l’antica pavimentazione

Piazza Malatesta senza pace: via anche l’antica pavimentazione

"Ruspati via senza pietà". Per realizzare il circo felliniano nel cuore storico di Rimini sono in corso lavori che non passano inosservati. "I ciottoli del fiume Marecchia furono posati subito dopo la nascita del Regno d'Italia", spiega l'architetto Mancini.

Le ultime righe del comunicato emesso ieri dai rappresentanti delle associazioni ambientaliste del Coordinamento e da Roberto Mancini/Rimini Città d’Arte e Fondo Ambiente Italiano, oltre che sul tema dei platani a rischio accendeva un altro faro su piazza Malatesta: «gli alberi vanno curati e mantenuti il più possibile, come i ciottoli del Marecchia della pavimentazione di inizio ‘900, che erano sepolti sotto l’asfalto e che ieri sono stati “ruspati” via senza pietà». Poiché negli ultimi giorni Rimini 2.0 ha pubblicato le lettere di Roberto Mancini che hanno richiamato l’attenzione su quel che sta avvenendo in quel cantiere, abbiamo chiesto lumi all’architetto circa quei “ciottoli ruspati via senza pietà”.

Si lavora di ruspa in piazza Malatesta e si cancella la storia

Architetto, eravamo rimasti ai platani e al pino con la benda dei condannati già stretta sui nodi, quando, come nei migliori film di “suspense” arriva inaspettata la grazia presidenziale. O forse no. Chissà… vedremo. Veniamo ai ciottoli di cui abbiamo letto. Lo spieghi a quanti, come noi, non sapevano che sotto qualche centimetro di conglomerato bituminoso grigiastro ci fossero migliaia di pietre tondeggianti, levigate da instancabili carezze (centenarie) del Marecchia.
«Durante la video-conferenza con l’assessore Montini e i tecnici del comune sono state ribadite le stesse obiezioni dei giorni precedenti. In più, sempre perché amo la mia città e ove possibile e sempre con rispetto mi permetto di esporre le mie idee, ho sollevato il tema della pavimentazione di piazza Malatesta. Che peraltro segue un po’ lo stesso discorso fatto sugli alberi. Anziché sostituire, perché non salvare? È una diversa visione di procedere che naturalmente prevede una serie di operazioni funzionali allo scopo. Ma è stata immediatamente avanzata la questione dei costi più elevati. Ma come?, sarebbe bastato rimuovere lo strato di asfalto e avreste avuto a disposizione un’intera piazza di ciottoli del Marecchia, ho ribattuto. Acquistando oltretutto anche una grande permeabilità, caratteristica di quel tipo di pavimentazione».

Quando furono posati i ciottoli? Sarebbe stato molto costoso recuperarli?
«Intorno al 1861. Subito dopo la nascita del Regno d’Italia, con il ciottolo e la pietra del Marecchia (vedi parte di Corso Giovanni XXIII) pare che fu pavimentato tutto il centro storico di Rimini. Certo che, come ha un costo salvare un albero, ne ha uno anche riportare a nuova vita l’antica pavimentazione. Ma la “storicità” ha una valenza che trascende il semplice conto economico. Che poi si sarebbe speso di più è tutto da dimostrare. Basta guardare (e inciampare, ndr) come è ridotta la pietra di piazza Tre Martiri o di via IV Novembre, dopo appena una ventina di anni dalla posa. Ritorno per un momento agli alberi: anche ieri è stato ripetuto che “sono malati, pericolosi, tanto non si salvano. Non ci prendiamo responsabilità, quindi li togliamo. Ma li mettiamo nuovi”. Non è la stessa cosa, avere un albero, malato, curato, aiutato a stare in piedi. Ho anche estremizzato dicendo che al limite possiamo copiare le misure prese per il cipresso di 800 anni presso il convento francescano dei Frati Minori a Verucchio. Da qualche anno vive sostenuto da tre putrelle, ma c’è ancora. È vecchio e ferito, ma è lì, oltre la leggenda, a testimoniare se stesso. La propria esistenza».

Si sentirebbe ingabbiato, se la si definisse un convinto sostenitore della filologia del restauro?
«Penso che quando si intervenga non si debba mai perdere di vista il pregresso e, ove possibile, recuperarlo.
Nel caso specifico, era sufficiente fare preventivamente una semplice considerazione e chiedersi cosa ci fosse di storico. La risposta è una: il preesistente. Gli edifici, ma pure gli alberi e la pavimentazione sotto l’asfalto, pienamente in armonia con il contesto architettonico e storico. È un vero peccato non aver risparmiato un’intera realtà storica come piazza Malatesta. Ha il retro dei palazzi comunali, il fianco del teatro Amintore Galli e il fronte del castello malatestiano, tutto pavimentato a ciottoli. Il materiale, come accennato in precedenza, con molta probabilità deriva dai denari messi a disposizione quando Vittorio Emanuele II decise di pavimentare i centri storici che in molte città italiane, fino ad allora erano in terra battuta».

Ci sono ostacoli tecnici per cui l’amministrazione ha rinunciato al recupero del vecchio fondo?
«Da parte del Comune si è precisato che vanno fatti i cosiddetti “sottoservizi” (fogne, impianti elettrici, acqua, gas ecc.). D’accordo. Si fa uno scasso che possibilmente non vada a ledere le radici degli alberi. Con un ettaro e mezzo di piazza, mica sarà un problema. Anche se in minima parte è stata ridotta dai marciapiedi che hanno costruito attorno al teatro. In quel caso, i ciottoli hanno dovuto scalzarli per forza. Questo lo capisco. Del resto, a una parte di essi si sarebbe giustamente rinunciato per creare camminamenti adeguati al transito delle carrozzelle dei disabili. Ciò che invece non condivido sono i cordoli dei marciapiedi fatti con il cemento precompresso».

Lei, che materiale avrebbe usato?
«Sicuramente la pietra. Se si vanno a vedere le rotonde che hanno fatto a San Marino, i cordoli sono in granito. Si dovrebbero seguire certi criteri, se non altro per un minimo di rispetto per i monumenti. I particolari hanno un motivo estetico e funzionale. L’estetica non voglio nemmeno discuterla. Quanto alla funzionalità, è vero che se si adoperano materiali di pregio là per là i costi sono maggiori, ma è altrettanto tangibile che il deterioramento normalmente è minore e più lontano nel tempo. Meno manutenzione/sostituzione, significa risparmio».

I ciottoli scalzati in queste ore che fine faranno? Li recuperiamo?
«Temo che la macchina che frantuma la superficie di asfalto abbia mischiato tutto, ahinoi. Penso che nulla vietasse di recuperare almeno parte dei ciottoli setacciando il materiale di risulta. Si sarebbero potuti usare in altre occasioni. Non vanno a male. Ma oramai la piazza è stata completamente ripulita, ramazzata».

Per caso, non è che camminare su quella superficie così irregolare possa far male?
«Mi sarei volentieri preso gli improperi delle signore con il tacco “12” a spillo, pur di vedere quella bella pavimentazione. Avrei consigliato: mocassini per tutte le signore!».

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