Populismo sinistro: lo show di Gnassi alla presentazione dei candidati del centro sinistra

Populismo sinistro: lo show di Gnassi alla presentazione dei candidati del centro sinistra

Andrea Gnassi ieri nel suo comizietto ha sfoggiato una cattiveria e una partigianeria mai viste prima. E' arrivato a dire che se dovesse vincere Salvini, ne farebbe le spese il turismo a Rimini. E da storico fasullo ha sparato: “Siamo esattamente come ai tempi della Resistenza al nazifascismo”. Una brutta pagina della campagna elettorale appena iniziata.

Nervi tesi, anzi tesissimi, parole di fuoco, la volontà di accendere lo scontro con il fronte avversario, un populismo sinistro quello sfoggiato ieri dal sindaco di Rimini intervenuto in veste di supporter alla presentazione dei candidati del centrosinistra. Avrebbe dovuto tenere “un saluto conclusivo” ma ha pontificato per 37 minuti, surclassando i brevi interventi di Pizzolante (15 minuti) e di Arlotti (una ventina di minuti).

Gnassi ha subito giocato pesante con l’obiettivo di identificare il campo del centrodestra con la Lega di Matteo Salvini. La tattica è chiara: il centrodestra a Rimini schiera questa volta un candidato vincente, Antonio Barboni (Forza Italia), che fa molta paura al Pd, e puntare l’attenzione sullo spauracchio della Lega ha lo scopo di scoraggiare gli elettori moderati per cercare di convincerli che in quel campo è la Lega a dettare la linea.

Gnassi ha parecchio forzato la mano, riportando l’orologio della storia indietro di 75 anni. Ha sostenuto che nel centrosinistra ci sono “le forze migliori che stanno nel solco della costituzione, quelle che si sono unite per sconfiggere il nazismo allora” e che “si mettono insieme oggi e rispondono al nuovo nazismo”. Ha scandito: “Siamo esattamente come ai tempi della Resistenza al nazifascismo”. Un falso che può contrabbandare solo chi non ha conoscenza, nemmeno per avere sfogliato i libri di storia, di quel periodo. Lui, che in vari passaggi del suo intervento ha stigmatizzato i “meccanismi di odio verso le persone” che sarebbero lo stile delle forze xenofobe (concetto più volte ribadito), ha finito per far leva sullo stesso meccanismo.

“Quello che sta proponendo Salvini è peggio di Trump”, “arrivano i barbari” (identificati nel leghista Fontana, candidato alla regione Lombardia). Fino a rispolverare la gaffe di un sottosegretario leghista, correva l’anno 2003, per accreditare la tesi che se vincesse la Lega il 4 marzo sarebbe una catastrofe per il turismo della Riviera. Incredibile ma vero. “Pensate cosa vuol dire a Rimini – una città aperta con mille difetti, plurale – una testa che chiude, cosa vuol dire se vince la Lega. Ve lo ricordate il sottosegretario del 2003 della Lega che disse via i tedeschi dall’Italia, non venite in vacanza? Ecco cosa vuol dire quella testa per Rimini, vuol dire avere meno economia, meno turismo, capite quali sono le due partite in campo oggi…”

Capiamo, eccome se capiamo. Capiamo che questa si chiama propaganda di basso profilo, che peraltro non spetta ad un sindaco sfoggiare. Rimini resterà una città plurale anche con un governo a guida centrodestra. Gnassi ha rispolverato il caso dell’allora sottosegretario Stefani (quando al governo, Berlusconi II, c’era anche l’Udc di Pier Ferdinando Casini), che non disse “via i tedeschi dall’Italia” ma che sulla Padania scrisse la famosa lettera dal titolo “Li conosciamo bene, i tedeschi”. Fu una castroneria, che per colpire Martin Schulz (il quale aveva affrontato a muso duro Silvio Berlusconi nel suo discorso alla Comunità Europea prendendosi da quest’ultimo del Kapò) creò un caso diplomatico. Ma non fece fuggire i tedeschi dalla Romagna. L’unico che cancellò le vacanze nel nostro Paese fu il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder.

Danni più seri al turismo dalla Germania li hanno fatti le (non) politiche nazionali e locali. Negli ultimi 50 anni gli arrivi dalla Germania sono rimasti al palo. In 20 anni i tedeschi sono scesi da un terzo a un quinto dei turisti stranieri nella nostra provincia, ma non certo per colpa di Stefani.

Poi Gnassi ha sparato sui grillini e per farlo non si è vergognato di copiare dal leader di Forza Italia: “Mi scoccia dare ragione a Berlusconi ma se vai a vedere a chi è entrato in parlamento c’ha un curriculum … te cosa hai fatto? Niente. Te cosa hai fatto? Niente…” Ovviamente stava parlando degli eletti nel movimento 5 stelle. Ancora più caustico verso Luigi Di Maio definito “l’ebetino che non sa di che cazzo parla quando parla di turismo”. Proponendosi di fargli da maestro sul turismo (“un confronto sul turismo quando vuoi…”), non si sa bene in base a quale curriculum.

Per finire con una serie di perle: “Con la Lega e i 5 Stelle non ci sarebbe stata la terza corsia”. A memoria, i ritardi decennali nella costruzione della quarta corsia della A14 sono da addebitare al centrosinistra e ai suoi alleati (le battaglie “ecologiste” dei Verdi), non a Lega e 5 Stelle.
“Se ci fossero stati la Lega e i 5 Stelle non avremmo questa sanità” e nemmeno la Fiera (“i 5 stelle fanno denunce sulla Fiera”). Tutto il male del mondo buttato addosso agli avversari. Più pudore l’hanno avuto Salvini e Di Maio nei loro comizi riminesi.

Non contento di avere ampiamente debordato, Gnassi ha concluso con questo trionfo di partigianeria: “Se a un deputato della Lega o dei 5 Stelle viene un ordine da Salvini o da Casaleggio, che non fa gli interessi della città, loro lo eseguono, noi no”. Infatti la storia del Pd è piena di ordini arrivati dai compagni di Bologna che hanno affossato Rimini e la Romagna.
Non solo il mite Arlotti, ma anche Pizzolante (che pure ha tuonato contro Lega e 5 Stelle) a confronto di Gnassi ieri è sembrato papa Francesco.

Immagine: Titta Renzi e la nostra Gradisca nella rivisitazione di Lussi Pagammo

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