Progetto Ponte di Tiberio, Ordine Architetti: “Un’occasione mancata”

Progetto Ponte di Tiberio, Ordine Architetti: “Un’occasione mancata”

Progetti di questa entità su aree pubbliche, strategiche e ad alta valenza testimoniale avrebbero dovuto essere l’occasione per aprire ad un mercato di produzione di idee, di discussione e crescita, dice il presidente Roberto Ricci.

Pur senza schierarsi nel dibattito fra “pro” e “contro”, e pur salvando gli sforzi dell’amministrazione comunale “che opera per aumentare la qualità dello spazio pubblico”, l’Ordine degli Architetti della provincia di Rimini si rammarica per “un’occasione mancata che avrebbe potuto rendere l’intero processo veramente virtuoso”. Aggiunge che “progetti di questa entità su aree pubbliche, strategiche e ad alta valenza testimoniale avrebbero dovuto essere l’occasione per aprire ad un mercato di produzione di idee di discussione e crescita. Lo strumento del concorso di progettazione, utilizzato sino ad oggi, molto poco ed in malo modo dall’amministrazione comunale, dietro il paravento dei tempi e dei costi e sul mal esempio per il teatro Amintore Galli del 1985, può essere oggi usato, se coordinato e programmato correttamente, come una risorsa per la condivisione e il coinvolgimento della cittadinanza, e come occasione preziosa per acquisire proposte progettuali di qualità senza un aggravio di tempi e di costi”. La strada avrebbe dovuto essere quella del concorso (“procedura più efficace per selezionare un progetto di alta qualità architettonica e funzionale”). Se questo fosse avvenuto, “probabilmente oggi assisteremmo a ben altri dibattiti e non saremmo tirati per la giacca per condividere questa o quell’altra posizione”.

La nota dell'Ordine degli Architetti
Assistiamo all’acceso dibattito che da qualche tempo si svolge a commento delle opere di realizzazione del collegamento del percorso ciclopedonale dal mare al Parco XXV Aprile. In base ai principi Istituzionali che regolano l’Ordinamento, l’Ordine professionale da una parte tutela la Comunità rispetto al fatto che i propri iscritti posseggano le conoscenze, le competenze, la moralità e l’etica necessarie per svolgere il “mestiere”, dall’altra tende ad interloquire con la Comunità per creare le migliori condizioni perché gli architetti possano svolgere il proprio lavoro al meglio delle loro possibilità. Nel corso degli anni questa seconda attività ha assunto una valenza sempre maggiore, per far conoscere l’importanza dell’Architettura come disciplina sociale, per la qualità della vita di tutti i giorni, e per il contributo che gli architetti possono dare, non solo come professionisti, ma soprattutto come cittadini attivi, responsabili e partecipi del futuro del nostro Paese. Le capacità che l’architetto ha “di comprendere e di tradurre le esigenze degli individui, dei gruppi sociali e delle autorità in materia di assetto dello spazio, di progettazione, organizzazione e realizzazione delle costruzioni, di conservazione e di valorizzazione del patrimonio architettonico e di tutela degli equilibri naturali” – Direttiva Europea 2005/36/CE” – costituiscono altrettante obbligazioni, impegni e responsabilità nei confronti delle Comunità, cui l’Ordine è tenuto a dar conto attraverso la vigilanza, ma anche la formazione dei propri iscritti. L’Ordine degli architetti di Rimini risulta pertanto culturalmente coinvolto a diversi titoli nell’intervento di modernizzazione dello storico sito che fa da intima cornice al Ponte di Tiberio. Noto e faccio notare che già interventi contemporanei risalenti a qualche decennio fa sulle banchine del porto canale, seppur realizzate sulla base di un progetto (Arch. Viganò) che si diceva fondato su solidissime valutazioni di carattere idraulico e di studio ambientale, non hanno ancora finito di alimentare dibattiti e critiche anche velenose. Oggi come allora, nell’accesso dibattito, si va infatti dalla totale energica contrapposizione all’intervento invasivo sulle murature storiche che fanno da contrafforti agli argini dell’invaso del Ponte di Tiberio, alla condivisione nei confronti di un importante progetto di ammodernamento e di fruizione di quello stesso contesto bimillenario. Da una parte la critica è aspra e indirizzata finanche alle strutture soprintendenziali ai monumenti e ai beni architettonici. Dall’altra, l’acquiescenza alla necessità del “fare” e dell’intraprendenza amministrativa, che rischia di bypassare ogni approfondimento nel merito e nella sostanza degli interventi in attuazione. Non è nostro compito schierarci contro o a favore, né entrare nel merito di giudizi formali sul progetto in realizzazione. Pur condividendo gli sforzi di un’amministrazione che opera per aumentare la qualità dello spazio pubblico, pur non mettendo in discussione la capacità, la professionalità, la serietà e l’impegno di tutti i soggetti coinvolti, pur trovando virtuoso il metodo condiviso che ha definito le strategie di cambiamento, dobbiamo purtroppo rammaricarci per un’occasione mancata che avrebbe potuto rendere l’intero processo veramente virtuoso.

Progetti di questa entità su aree pubbliche, strategiche e ad alta valenza testimoniale avrebbero dovuto essere l’occasione per aprire ad un mercato di produzione di idee di discussione e crescita. Lo strumento del concorso di progettazione, utilizzato sino ad oggi, molto poco ed in malo modo dall’amministrazione comunale, dietro il paravento dei tempi e dei costi e sul mal esempio per il teatro Amintore Galli del 1985, può essere oggi usato, se coordinato e programmato correttamente, come una risorsa per la condivisione e il coinvolgimento della cittadinanza, e come occasione preziosa per acquisire proposte progettuali di qualità senza un aggravio di tempi e di costi. I Concorsi sono la procedura più efficace per selezionare un progetto di alta qualità architettonica e funzionale; ma per fare in modo che tale procedura possa esplicare al meglio le sue potenzialità è necessario che essa sia progettata e gestita con cura da persone esperte, che possano guidare il banditore nell’affrontare alcuni passaggi fondamentali senza i quali il rischio di comprometterne l’efficacia è elevato. Il Concorso è a tutti gli effetti un contratto tra il banditore ed i partecipanti, che ha come fine il Bene Comune e la Qualità Architettonica, nel quale le diverse esigenze dei soggetti devono essere contemperate e soddisfatte nel miglior modo possibile, per portare a compimento alcuni principi che sono alla base della competizione progettuale, quali la trasparenza, il riconoscimento del merito e le pari opportunità. Tutte queste attività dovrebbero in realtà essere svolte dal Coordinatore o Progettista di Concorso, figura professionale che deriva dal maître d’ouvrage, istituito in Francia negli anni ’80, che in Europa, ed in alcune realtà locali italiane, si è affermato con successo. Questa si costituisce come garante della regolarità della competizione ed è l’interfaccia tra Committente e partecipanti, ed è una figura indispensabile, specialmente per coloro che approcciano il tema del Concorso senza avere una conoscenza specifica della materia. Comuni a noi vicini hanno utilizzato questa procedura con il contributo del nostro Ordine e in soli 131 giorni dal bando si è giunti al progetto vincitore con l’aggiudicazione dell’incarico dopo la presentazione e valutazione di ben 195 progetti. Se questa procedura fosse stata attuata, come merita il caso in esame, probabilmente oggi assisteremmo a ben altri dibattiti e non saremmo tirati per la giacca per condividere questa o quell’altra posizione.

Roberto Ricci
Presidente Ordine Architetti Provincia di Rimini

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