Quale gestione per il teatro Galli? Vediamo cosa succede a Parma e Roma

Quale gestione per il teatro Galli? Vediamo cosa succede a Parma e Roma

I contenitori del Teatro dell’Opera della capitale e del Teatro Regio sono in pareggio. Ma gestiscono più spazi, coinvolgono tutte le forze locali possibili, beneficiano di grossi finanziamenti pubblici, puntano su programmazioni di qualità. Che sarà del Teatro di Rimini?

Avere non solo uno spazio prestigioso e capiente da gestire, ma più di uno; raccogliere tutte le forze locali possibili; saper “navigare” nel procelloso mare dei finanziamenti pubblici; puntare sulla qualità e soprattutto avere qualche asso artistico nella manica da giocare al momento opportuno. Sono questi gli ingredienti che fanno di un teatro d’opera italiano, un’impresa sostenibile.
Dopo il primo articolo pubblicato, andiamo avanti. Prendiamo due casi, molto diversi tra loro ma accomunati da alcuni aspetti, Roma e Parma.
Il Teatro dell’Opera di Roma ha a disposizione tre contenitori: il Costanzi, il Nazionale e Caracalla per gli spettacoli all’aperto. Oltre alla lirica, quindi, ci sono i concerti, il balletto ed altri spettacoli. L’offerta di biglietteria può così spaziare in una offerta molto differenziata. Quasi mille posti al Costanzi, di cui 550 in platea, 300 in galleria, 110 in balconata, più i posti ricavabili in ben 124 palchi suddivisi in tre ordini. Il Nazionale arriva in platea a quasi 600 sedute, più 150 in galleria. Grandi numeri poi a Caracalla, dove un biglietto per l’opera va da 25 a 100 euro, e il carnet da 3 spettacoli va da 60 a 225 euro. Al chiuso, i prezzi vanno da 23 euro in galleria a 160 euro in un buon palco, questo per le prime, mentre nelle repliche in galleria si paga da 17 a 125 euro. Come si vede i teatri offrono anche prezzi bassi, cercando di vendere posti a tutti i tipi di tasca. Togliamoci subito la curiosità: quanto si incassa all’anno? Nel 2015 i ricavi dalla bigliettazione sono stati pari a 8,1 milioni di euro, più 1,3 milioni dagli abbonamenti e altri 100 mila euro da “altre prestazioni”, cifra che si può raggiungere solo con una programmazione fitta e molti posti a disposizione. La sorpresa è che con questi incassi dalla gestione caratteristica (9,7 milioni), l’Opera di Roma ha segnato un aumento del 2,3% rispetto al 2014. Ma certo un bilancio da 51,2 milioni di costi ha bisogno di ben altro per stare in piedi: 40 milioni di euro di contributi, di cui 37,2 pubblici. In questo modo si è raggiunta nel 2015 la cifra di 55,3 milioni di euro di fatturato globale, e un risultato d’esercizio positivo per 13mila euro. Parliamo di una realtà che al 31/12/2015 contava 630 unità di personale (di cui 437 a tempo indeterminato), più 92 fra allievi e serali: un transatlantico pieno. Ma anche di una realtà culturalmente molto viva (stando ai numeri, s’intende): 36 produzioni, in totale 192 rappresentazioni in un anno solare, suddivise soprattutto in due contenitori (in media quasi 100 serate annue per ogni spazio). I tecnici del Teatro dell’Opera di Roma forniscono al pubblico anche il parametro del “prezzo teorico del biglietto”, calcolato come rapporto fra costi di produzione e numero di spettatori: in media 229,18 euro. Senza contributo pubblico non ci sarebbe storia. Tuttavia, una impostazione di questi problemi di tipo industriale serve appunto a fare avvicinare tra loro i due apici. L’opera capitolina può contare sui quattro “soci fondatori”: Stato, Ministero dei Beni Culturali, Regione Lazio, Città metropolitana. Gli altri soci sono Camera di Commercio, più un grande gruppo bancario (Unicredit) e YTL. Completano il panorama, 6 “mecenati”, 5 donatori, 50 sostenitori, 10 importanti sponsor più altri marchi come sponsor tecnici.
Un caso diverso è quello di Parma: la città ducale non ha certo i “santi in Paradiso” di Roma, ma gioca le sue carte sulla continuità di una grande tradizione e sul rapporto con il territorio e le sue ricchezze, tanto in senso culturale che materiale.
La Fondazione Teatro Regio di Parma ha un solo socio fondatore, il Comune, e due fondazioni bancarie come soci sostenitori, il Monte e Cariparma. Ministero e Regione danno il “riconoscimento” (i contributi nel 2015 sono stati rispettivamente di 1,3 e di 0,2 milioni). Altri sostegni vengono dall’ente camerale e da Confcommercio, poi due main sponsor industriali ed altre 7 società di sponsorizzazione tecnica, advertising ecc. L’offerta culturale di sei diversi cartelloni è sostenuta da 7 sponsor. Gli anni di crisi hanno picchiato duro, riducendo all’osso la sostanza: nel 2008 il valore della produzione (fatturato totale) era di oltre 20 milioni di euro, ridotti nel 2015 a 9,5 milioni. Ma anche in questa scala più in piccolo, i ricavi dell’attività in quanto tale (vendite e prestazioni), a quota 2,5 milioni di euro, coprono poco più di un quarto delle entrate. La differenza tra valore e costi della produzione, tuttavia, è in segno positivo per circa 350mila euro, a prova di una gestione oculata (utile netto dell’esercizio, quasi 50mila euro).
Diamo un’occhiata al botteghino: per gli abbonamenti è stata fornita da Cariparma anche una “carta-conto”, cioè una carta prepagata ricaricabile con funzionalità di un conto corrente; un abbonamento da 250 euro può essere pagato in 6 rate. Abbonamenti a parte, una “Bohéme” va dai 15 euro (in piedi in galleria) a 110 euro in poltrona di platea, passando dagli 85 euro del palco intermedio; per gli under 30, da 13,50 a 55 euro. Le vendite di biglietteria fruttano 1,3 milioni, ma una cifra di rilievo viene anche dalle altre voci di “valorizzazione” del teatro, come le concessioni d’uso dei locali, le visite e i boleggi, nonché per le coproduzioni. Il Regio può contare su quasi 1.100 posti, altri spazi sono il Ridotto (180), Busseto (308), l’Auditorium Paganini. Nel 2015 le recite sono state una ventina, suddivise in quattro titoli, con 122 unità di personale impiegate ed una media di 88 dipendenti. Ma accanto all’architrave della Stagione lirica, l’offerta del Regio significa anche Festival Verdi, ParmaDanza, stagioni concertistiche, Verdi OFF, altre rassegne come Concorsi e Accademie. Non solo Traviata e Rigoletto, ma anche mondanità: Gala di Capodanno con due ore di musica (dai 15 ai 120 euro), più la cena di gala al Ridotto (da 100 a 130 euro). Parmigiani festaioli, Gnassi si consoli: anche da quelle parti, tra un sipario e l’altro, si fanno i “dj-set” di alleggerimento.

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