“Quale relazione tra ponte di Tiberio, mura e pontile in legno da Acqualand?”

“Quale relazione tra ponte di Tiberio, mura e pontile in legno da Acqualand?”

Riceviamo e pubblichiamo dal Coordinamento Abitanti del Borgo San Giuliano.

Sotto lo pseudonimo, più o meno veritiero, di Joe Galanti, si cela un laureato e con dottorato di ricerca in Tecnologia dell’Architettura, specializzato al Museo Horne di Firenze nel corso di tecnologia dell’architettura antica del Prof. Massimo Ricci (massimo studioso del Brunelleschi e della Cupola del Duomo di Firenze). Dopo le esperienze giovanili, è tornato e rimasto quasi tre anni a Rimini, cercando di studiarne la storia e le politiche di tutela e valorizzazione, con alcuni amici residenti. Tra le altre cose è autore del simbolo del Palio del Niballo di Faenza.

Joe Galanti ha prima osservato che «tra un contesto ricco di storia millenaria, che nel tempo ha raggiunto una sua ragion d’essere essenziale, e un nuovo intervento sopra di esso» ci sarebbe dovuto «essere almeno un qualche brandello di relazione (imitazione, integrazione, rievocazione, contrappunto armonico, continuazione, prosecuzione, analogia, ispirazione, germinazione metamorfica, radicazione, rivisitazione, riproduzione del registro linguistico originario… tutto quello che volete). Consapevole che la vera architettura è basata sulle relazioni nel tempo e nello spazio, si è poi chiesto, non riuscendo a trovarla, «qual è la relazione tra il ponte di Tiberio, le mura del canale e un pontile in legno da Acqualand?». Ha quindi provato a chiedere se qualcuno dell’Amministrazione Comunale potesse aiutarlo a superare questa sua difficoltà. Ma ha ricevuto soltanto quell’odiosa indifferenza di gramsciana memoria persino dai progettisti, nemmeno più capaci di parteggiare per il loro intervento se non con parassitarie giustificazioni puramente amministrative (abbiamo i permessi!).
Il Coordinamento Abitanti del Borgo San Giuliano, dotato ancora di quel senso di cittadinanza che annulla le distanze, gli ha voluto offrire, per aiutarlo a superare questo impasse, le indimenticabili e preziose righe che autorizzano l’intervento, estratte dal parere favorevole della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Ravenna, Forlì – Cesena e Rimini prot. n. 5436 del 26/05/2016 che qui si riportano integralmente:
«Il progetto ha l’ambizione, peraltro condivisa, di riqualificare quella parte della città di Rimini, attualmente non molto utilizzata dai residenti e dai visitatori. Un insieme organico di passerelle, sia aeree che galleggianti, caratterizzerà la comunicazione pedonale tra la destra e la sinistra del porto canale. L’intervento ha la delicatezza di introdurre un semplice linguaggio architettonico costituito da elementi naturali come il ferro e il legno, che andranno a coniugarsi armonicamente con il fantastico scenario di questo scorcio di città nella quale si inseriranno coerentemente con gli elementi emblematici che la caratterizzano: il ponte di Tiberio, le mura Malatestiane ed il porto canale».
Ecco come Joe Galanti ha voluto commentare queste astuzie discorsive:
«Non c’è nessun termine che indichi una relazione fattuale. Infatti [co-niu-gà-re] vuol dire: contemperare esigenze diverse (anche in conflitto); congiungere una cosa con un’altra, nonostante l’apparente contraddizione; “aggiogare” (addossare di proposito un carico); dal latino cum jugare (denominativo di jugum, vincolo matrimoniale): unire in matrimonio. L’ampollosa relazione della Soprintendenza quindi in realtà dice: “l’intervento ha la delicatezza di introdurre un semplice linguaggio architettonico costituito da elementi naturali come il ferro e il legno, che andranno a coniugarsi (verranno uniti in matrimonio) armonicamente con il fantastico scenario di questo scorcio della città nella quale si inseriranno coerentemente con gli elementi emblematici che la caratterizzano”. Vengono “uniti in matrimonio” elementi che non erano precedentemente uniti, che non avevano relazione tra loro. Il parere della Soprintendenza è in realtà il resoconto delle impressioni personali del redattore della stessa, non c’è nessuna individuazione delle relazioni intercorrenti tra ciò che è esistente e ciò che è in progetto, per stessa ammissione della Soprintendenza. Quindi non può essere considerato un parere tecnico-storico-culturale, ma al massimo un auspicio dell’estensore della relazione. Il progetto viene “sposato” allo “scenario” esistente per puro godimento di chi ha scritto la relazione, non perché ci siano delle ragioni estetiche ed etiche che ristabiliscano delle relazioni, che infatti non c’erano. Avete una Soprintendenza più che “creativa”, creatrice, che nella relazione prende le difese delle narcisistiche ipotesi dei committenti e dei progettisti. I cittadini non si trovano di fronte a istituzioni con ruoli, poteri e competenze differenti, ma di fronte a un unico “Moloch” che chiede ai cittadini di sacrificarsi per ribadire il proprio riconoscimento, con richieste del committente pubblico, relazioni tecniche, relazioni di progetto e – a presto – relazioni conclusive di fine lavori che diranno tutte la stessa cosa, sbrodolando parole come “elementi naturali”, “fantastico scenario”, “armonia”, “coerenza”, “emblematico”… tutte da dimostrare. Ma poi, leggete bene la tautologia (dal greco ταὐτο- «tauto-» e -λογία «-logia»), noto dispositivo per creare proposizioni le quali, proponendosi di definire qualcosa, non facciano sostanzialmente che ripetere nel predicato ciò che già è detto nel soggetto (quindi assunti privi di dimostrazione o qualificazione che si presentano retoricamente per dire che “se è così è perché è così”). La tautologia è spesso usata dai genitori nei confronti dei bambini, quando essi non sono in grado di spiegare una loro decisione o un loro pensiero. Se tolgo una serie di “abbellimenti” la frase della soprintendenza è così: 1. “l’intervento (…) (è) costituito da elementi (…) che andranno a coniugarsi (….) con (…) questo scorcio della città – 2. nella quale (città) si inseriranno (…) con gli elementi (….) che la caratterizzano”. E’ un po’ come dire “Paolo deve sposare Francesca, affinché Paolo sia inserito in un contesto di coppia con Francesca”. Proposizione 1. e proposizione 2. dicono la stessa cosa. Non vi sentite un po’ presi in giro?».

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