Quando Hemingway voltò le spalle a Pound

Quando Hemingway voltò le spalle a Pound

Un saggio pubblicato negli Usa ricostruisce i rapporti tra i due artisti più influenti del Novecento. Nel 1923 il viaggio ‘on the road’ insieme, in Italia. E la tappa a Rimini. Il Comune finanzia una ricerca sui “consumi” del Malatesta.

Ez insegnò a Ernest come si scrive
Più che un’amicizia, al principio fu una scientifica società di mutua propaganda. A 22 anni Ernest Hemingway è a Parigi, un troiaio di scrittori in cerca di fama, con una lettera di presentazione di Sherwood Anderson in tasca. “Cerca Ezra, digli che ti mando io”, questa, grosso modo, era la dritta estetica che Sherwood consegnò a Hemingway. I due si incontrano, si annusano, si danno all’oppio, si piacciono. “Pound, il più grande poeta di questi anni, dedica solo un quinto del suo tempo alla poesia. Il resto lo investe per aiutare gli amici. Li difende quando vengono attaccati, li fa pubblicare sulle rivista e li fa uscire di prigione. Li paga. Vende i loro quadri. Organizza concerti per loro. Scrive articoli su di loro. Li presenta a donne ricche”. Così Hemingway intesse uno stornello per Pound. Pound era più vecchio di lui di quattro anni ed è a lui, al talento da editor di Ez, che dobbiamo i racconti più belli di Ernest, i più belli del secolo scorso, chessò, La breve vita felice di Francis Macomber o Le nevi del Chilimangiaro. “Pound mi ha insegnato a diffidare degli aggettivi, come poi imparai a diffidare di certa gente”. In cambio dei consigli editoriali, Hemingway dava a Ez lezioni di pugilato. “Con i miei insegnamenti, avrebbe potuto battere l’inferno coi guantoni”. Pound facilitò a Ernest la vita parigina: presto ‘Papa’ divenne un mito selvatico. Da parte sua, Hemingway lo presentò a William Bird, un tipo che aveva intenzione di pubblicare i Cantos e strombazzare al mondo il genio di Pound. L’amicizia, insomma, dava i suoi frutti: nel 1923 Pound e Hemingway, entrambi annoiati delle moine di Parigi, accalappiarono le rispettive consorti e cominciarono a girare, insieme, per l’Italia. Pound, dopo il folle grand tour, attraccò a Rapallo; Hemingway, assetato di gloria, pubblicò il primo libro, Three Stories and Ten Poems (1923), pigliò a lavorare a Fiesta, insomma, divenne Hemingway. Dieci anni dopo, nel 1933, l’ultimo incontro, in una ustionante notte d’estate, a Parigi, a cena da James Joyce. L’amicizia si era ormai deteriorata. Nel gennaio di quell’anno Pound aveva avuto un tu-per-tu con Mussolini: per lui aveva preparato una copia dei Cantos e una manciata di infallibili precetti economici. “Pound era affascinato dal Duce; Hemingway era furioso. Hemingway odiava i politici, preferiva l’anarchia e la virilità sportiva all’ideologia degli statisti. Tuttavia, l’ammirazione di Pound per il lavoro di Hemingway non diminuì”, scrive Allen Mendenhall in un saggio pubblicato da “The American Conservative”, The Circuitous Path of Papa and Ezra. Nel 1938 Hemingway manda una lettera ad Archibald MacLeish e fa la figura di Pietro che tradisce per tre volte il suo maestro. “Ezra è diventato pazzo. Penso che la sua pazzia sia evidente dagli ultimi Cantos. Merita la punizione e la disgrazia, ma ciò che davvero merita è essere ridicolizzato. Non dovrebbe essere impiccato e non deve diventare un martire. Resta uno dei più grandi poeti viventi e ha dato una mano per molto tempo a molti artisti”. A Pound sappiamo cosa accadrà. L’odiosa accusa di essere un traditore degli Usa, l’infamia dell’arresto nel 1945 e la prigionia ad Arena Metato, Pisa, l’orrore della reclusione nell’ospedale criminale St. Elizabeths di Washington, fino al 1958. Nel 1954 Hemingway ottiene il Premio Nobel per la letteratura. Nel 1957, insieme a Robert Frost, Thomas S. Eliot e Archibald MacLeish è tra gli scrittori che spingono per la liberazione di Pound. Ma di fatto “Hemingway, che viveva a Cuba, fece molto poco per aiutare l’antico amico. Più per ragioni pratiche che per convinzione personale, rifiutò di firmare una petizione affinché Pound ottenesse l’amnistia. La petizione era una idea di Olga Rudge, e Hemingway pensava che gli americani sarebbero rimasti indifferenti di fronte al pianto di un’adultera. Hemingway non fece mai visita a Pound al St. Elizabeths, ma gli fece dire che aveva apprezzato di Pisan Cantos” (Mendenhall). Eppure, quando Pound venne a sapere che il 2 luglio del 1961 Hemingway si era sparato in bocca, urlò di dolore, dicono che gesticolasse come un isterico, che avesse occhi folli.

Una ola di sbadigli
Che c’importa a noi della livida favoletta? Un paio di cose. Intanto:
a) Il 1923, l’anno del grand tour italiano di Hemingway e di Pound, coincide con l’anno in cui Ezra capita a Rimini per le sue ricerche su Sigismondo Pandolfo Malatesta. Hemingway approda a Rimini, come su questa testata ha narrato Moreno Neri, nel 1927, con Guy Hickock. Nel 1923, secondo la ricostruzione di Fernanda Pivano, “Pound invita Hemingway a Rapallo dove si è stabilito e scrive i Malatesta Cantos”.
b) Negli Stati Uniti, vivaddio, l’interesse per Ezra Pound è vivissimo. Francamente, è una cretinata culturale non perfezionare le ricerche intorno ai legami tra Pound e Rimini, tra Pound e il Malatesta.
Tuttavia, va detto, il Comune ci si mette d’impegno ad onorare le feste. “Nell’ambito delle Celebrazioni per i 600 anni dalla nascita di Sigismondo Pandolfo Malatesta e i 550 anni dalla sua morte”, come si legge nella Determina Dirigenziale n. 870, in un apposito capitolo di spesa del Bilancio denominato “Celebrazioni Sigismondo P. Malatesta”, il Comune di Rimini ha investito 6mila euro. L’impegno è quello di cofinanziare con l’Università di Bologna “un assegno di ricerca” che ha per tema “Sigismondo Pandolfo Malatesta: le relazioni (internazionali) e i consumi di una piccola grande corte”, come aperitivo al “convegno internazionale” e alla “mostra previsti nell’ambito delle Celebrazioni Sigismondee”. Per carità, tutto buono, giusto, perfetto. Già profetizziamo un tripudio di sbadigli e una ola di noia. Quanto dobbiamo attendere per un progetto internazionale concentrato su Pound?

Fotografia: la famosa frase vergata da Hemingway (“My mojito in La Bodeguita, My daiquiri in El Floridita”) appesa alla parete de La Bodeguita del Medio a L’Avana.

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