Quel pasticciaccio brutto della gara di acqua e fognature a Rimini

Quel pasticciaccio brutto della gara di acqua e fognature a Rimini

L’agenzia regionale voleva escludere una multinazionale spagnola per un cavillo, la frase “e per essa”. TAR e Consiglio di Stato fanno riammettere gli iberici, che concorreranno alla spartizione di una torta da 2,3 miliardi di euro in 21 anni. Resta il mistero sul perché ATERSIR, dove siede il leader provinciale PD Stefano Giannini, avvocato ed esperto di acquedotti, si sia imbarcata in una causa doppiamente persa.

Gara del servizio idrico a Rimini, se ne vedono delle belle. La politica locale – sempre così vicina e affezionata ai cittadini quando si tratta di depuratori e affini, e sempre così solerte nel trarre montagne di soldi dalle tasche dei contribuenti mandando alle stelle gli aumenti tariffari – ha messo stranamente sotto silenzio da un anno una storia che vale invece la pena di raccontare, per sommi capi e con qualche dettaglio gustoso. Sotto silenzio forse perché puzza un po’ di fogna.

19 aprile 2016: esce in Gazzetta Europea il bando di gara – citiamo da ATERSIR, l’agenzia regionale regolatrice di acqua e rifiuti – “per la procedura ristretta per l’affidamento in concessione del Servizio Idrico Integrato nel bacino provinciale di Rimini, ad esclusione del Comune di Maiolo”.
Ben 26 comuni da servire per 21 anni, dall’1 gennaio 2018 al 31 dicembre 2039. Una manna da 90 milioni di euro l’anno più Iva, oltre a 2,7 milioni più Iva di oneri sicurezza (servizio idrico), da aggiungersi al valore medio annuo dei lavori strumentali di 20 milioni più Iva e 600mila euro di oneri sicurezza. Quindi, se la calcolatrice tascabile non ci inganna, nel ventennio considerato la torta complessiva è di 2 miliardi e 310 milioni di euro, più Iva, senza contare gli oneri per la sicurezza.

Molto ravvicinata la scadenza delle domande di partecipazione, il 13 giugno 2016.
Esaminate le domande in luglio, ATERSIR decide di fare le pulci ad una delle offerte presentate. Ritiene che non siano chiari i documenti presentati dai titolari della in gara. L’offerta è quella di Acciona Agua, una multinazionale iberica presente con acquedotti e depuratori in tutto il mondo, con vari impianti anche in Italia (dove risulta fornitrice tra l’altro anche del gruppo Hera).
In settembre ATERSIR, non soddisfatta degli allegati e dei chiarimenti dei legali della società partecipante, decide di attivare il “soccorso istruttorio” e dopo pochi giorni delibera nientemeno che l’esclusione dalla gara degli spagnoli, i quali non la prendono per niente bene anche perché contro di loro l’agenzia regionale stabilisce una sanzione di 50mila euro.
Immediatamente Acciona Agua ricorre al TAR e il 28 ottobre il Consiglio d’Ambito delibera di costituirsi in giudizio, credendo di vincere la causa.
Si succedono i depositi di memorie difensive e contro-memorie, e si arriva al arzo 2017: il TAR di Bologna sentenzia a favore della società iberica.

E’ una autentica figuraccia per ATERSIR, basta leggere qualche riga del dispositivo.
All’agenzia regionale non era chiaro «a quale titolo fossero stati accostati alle società» detentrici del gruppo iberico i nomi di due amministratori. Atersir trovava un ostacolo nella presunta «oscura formula “e per essa” di seguito alle ragioni sociali delle amministratrici di Acciona», non trovandone riscontro «nella visura camerale estratta dal Registro Imprese mediante il Servizio Telemaco».
Per forza – sostenevano di contro i legali degli iberici – «il servizio Telemaco è limitato alle imprese italiane»!
Conclusione: secondo i giudici amministrativi bolognesi, l’irregolarità della documentazione – che era fra l’altro presunta e non effettiva – «non può in nessun modo farsi rientrare nel novero di quelle insanabili». In altre parole potevano bastare i semplicissimi chiarimenti dati dagli interessati in tribunale, quindi non c’era alcun motivo né per irrogare la multa per soccorso istruttorio, né tantomeno per escludere Acciona Agua dalla gara.
Ma niente, ATERSIR non se ne fa una ragione, anzi, decide di ricorrere in appello sperando che il Consiglio di Stato ribalti la sentenza del TAR.
Il Consiglio d’Ambito dell’agenzia regionale delibera di fare ricorso in tutta fretta, a metà mese.
A dire il vero la delibera delle idi di marzo 2017 del Consiglio d’Ambito dell’ATERSIR è un po’ strana: è siglata «Il Presidente F.to Sindaco Tiziano Tagliani», ma nel riquadro delle presenze degli amministratori si legge che Tagliani risulta “A” cioè “assente”, eppure subito dopo lo stesso Presidente Tagliani “dichiara aperta la seduta ed invita il Consiglio a deliberare” sull’ordine del giorno.
Ma lasciando da parte questa stranezza, la sostanza è che ATERSIR vuole escludere Acciona Agua dal bando miliardario.

Arriviamo ai mesi scorsi: è la fine di luglio 2017 quando il Consiglio di Stato pubblica la sentenza, ovviamente favorevole agli spagnoli e sfavorevole ai nostri amministratori regionali e locali.
Come volevasi dimostrare, ATERSIR rimedia una seconda figuraccia, peggiore della prima.
Per accorgersene basta leggere solo qualche riga della sentenza dei giudici di palazzo Spada: «l’ATERSIR sostiene che le rispettive dichiarazioni non contenevano la spendita della qualifica di “legale rappresentante” dei singoli sottoscrittori ma soltanto la dicitura “e per essa”. Tale formula, tuttavia, conferma che le dichiarazioni erano presenti ed erano state rese dai legali rappresentanti delle persone giuridiche amministratori del concorrente e che, quindi, non vi era alcuna carenza da sanare tramite il soccorso istruttorio; a tutto voler concedere la dicitura “e per essa” avrebbe potuto condurre la stazione appaltante a richiedere chiarimenti», anziché irrogare la multa e far fuori gli spagnoli dalla gara.
Pare che sia la logica elementare a difettare nella pur dotta Bologna.
Spiegano infatti i giudici del Consiglio di Stato: «del resto la formula “e per essa”, utilizzata per collegare una persona fisica ad una persona giuridica, consente agevolmente di individuare l’esistenza in capo alle persone fisiche menzionate del potere di rappresentanza legale».
Per il presunto significato misterioso della frase «e per essa», l’ATERSIR voleva escludere un gruppo industriale da un business di 2,3 miliardi di euro.

Non vi sembra strano, cari lettori?
A noi sembra molto strano.
Ma leggiamo ancora, perché è proprio divertente quello che i magistrati spiattellano in faccia ai nostri amministratori locali: «L’espressione “e per essa”, quindi, sia nel linguaggio comune sia in quello tecnico giuridico, è frequentemente utilizzata per indicare il rapporto di rappresentanza organica esistente tra un ente e il suo amministratore. La formula ha, pertanto, un significato sufficientemente chiaro e, comunque, a fronte di tale dichiarazione la stazione appaltante, se nutriva dei dubbi sulla effettiva sussistenza del potere di rappresentanza in capo alle persone fisiche nominativamente indicate, avrebbe potuto e dovuto limitarsi ad una richiesta di chiarimenti».
Pertanto, il “soccorso istruttorio”, per giunta con sanzione, era sproporzionato. Acciona Agua va riammessa alla gara, senza se e senza ma.
La parte meno divertente per i contribuenti, consiste nei soldi pubblici spesi inutilmente in questa faccenda.
Ad esempio, il legale assoldato da ATERSIR per questa causa andata male sia in primo che in secondo grado, avrebbe già incassato 36.478 dei 51.069 euro stanziati nel 2016 per l’incarico. Ancora non è dato sapere a quanto ammonti la spesa dell’incarico conferito ad un secondo avvocato, affiancato al primo nel ricorso in Consiglio di Stato, che abbiamo appena visto come sia naufragato.
Oltre a questo vanno aggiunte le spese vive sostenute dall’agenzia regionale (dirigenti, amministratori, personale) in questo anno e mezzo di diatriba sulla ormai mitica frase “e per essa”.

Ma come sempre, i veri problemi non sono nelle spese di personale e per avvocati, bensì nel manico. La politica.
Ecco, la politica. Il Consiglio d’Ambito è l’organismo politico che dà l’indirizzo all’ATERSIR, prende le decisioni importanti, controlla di diritto e di fatto il sistema dei servizi pubblici acqua e rifiuti. Deve quindi rendersi conto delle dimensioni dei problemi sul tappeto, in questo caso la gara per il servizio idrico di Rimini, un bando molto atteso: vale la pena metterla a rischio per il cavillo “e per essa”?
Ebbene il Consiglio d’Ambito ha già deliberato non una, ma due volte nella direzione sbagliata.
La prima volta in ottobre 2016, la seconda volta nel marzo 2017.
Chi c’è nel Consiglio d’Ambito?
Per conto del territorio riminese, interessato alla gara in oggetto, il sindaco di Misano Adriatico, Stefano Giannini.
In ottobre Giannini non era presente alla seduta che sventuratamente decise il ricorso al TAR.
In marzo invece sì, era presente, quando l’altrettanto sventurato ricorso al Consiglio di Stato fu deliberato “a voti unanimi e palesi”.
E dire che il sindaco non è un novellino. Di acquedotti e fognature se ne intende, avendo fatto il vicepresidente di Romagna Acque dal 2000 al 2008, e sedendo ininterrottamente dal 2012 in ATERSIR.
Non poteva essere lui, Stefano Giannini, a consigliare all’agenzia regolatrice dei servizi pubblici di non imbarcarsi in una causa così sbifida?
Del resto, citiamo dal suo curriculum ufficiale, Giannini «svolge dal 1983 la professione forense» ed è «patrocinante presso la Corte di Cassazione e le magistrature Superiori dal 1997», nonché membro della Commissione di esame per l’accesso all’attività forense 2006/2007. E per essa, esperto in diritto amministrativo.

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