Quest’anno nell’ovile di Santarcangelo dei Teatri entrano Nonhumanity, cultori del gender e del porno

Quest’anno nell’ovile di Santarcangelo dei Teatri entrano Nonhumanity, cultori del gender e del porno

Il motto è "deumanizzare la storia", ma il conto salato dell'evento lo paghiamo noi umani.

Il festival stavolta deborda. Altroché pipì in piazza. Vuole insegnare al popolo che la distinzione "tra esseri umani e altri animali" è servita solo ad opprimere l’umanità, gli animali, la natura. Vuole adultizzare e sessualizzare (parlano così) l’infanzia. Catechizzare sulla identità di genere. Ci sono esperti in genitorialità trans, c'è il Club Ecosex e tanto altro. Tutto pagato dagli enti pubblici.

Cos’è questa faccia di pecora, peraltro simpatica, che ci guarda dai manifesti affissi in città?
L’ovino è stato scelto quale immagine simbolo, vera e propria icona del Festival di Santarcangelo dei Teatri, la cui apertura è imminente.
La città clementina avrà l’onore – e soprattutto l’onere finanziario, vedi sotto – di ospitare il «Museum of Nonhumanity», Museo della Non Umanità. Ad informarsi, pare che si tratti della novità più rilevante della rassegna teatrale giunta alla sua 44esima edizione.
Debutto oggi dalle 18 alle 22, biglietti 5-10 euro.
Questa la spiegazione ufficiale del “nuovo museo temporaneo” dal sito web del festival: “uno spazio fisico che non può esistere”, “immaginiamo che la storia della discriminazione sia superata”; “il museo presenta la storia della distinzione tra esseri umani e altri animali, e il modo in cui questo confine immaginario è stato usato per opprimere l’umanità, gli animali, la natura. La divisione del mondo in due gruppi – umano e subumano – è divenuta, nel corso della storia, un mezzo per giustificare schiavitù e genocidi, mentre la distinzione tra esseri umani e altre specie ha aperto la strada all’abuso delle risorse naturali e degli animali. Una visione che si riverbera nella discussione politica contemporanea, che fa propri elementi di deumanizzazione nella costruzione di un linguaggio dell’odio”.
Ci saranno una grande installazione multischermo ed il programma di incontri “Freedom for Every Body” con vari relatori e artisti “che proporranno idee e visioni per una società più inclusiva.
Conclusione: “il Museo della Nonumanità è un monumento alla volontà di rendere la deumanizzazione storia”. Cioè, se non abbiamo capito male, liberarsi degli esseri umani.
Gli incontri Freedom saranno a cura di Stefania Minghini Azzarello, vicepresidente di “Corrente alternata”, associazione di promozione della cultura gender, attiva dal 2007, che ha avuto fra le più recenti iniziative un seminario a Firenze dal titolo “Adultizzazione e sessualizzazione dell’infanzia”, ciclo “Giochi di ogni genere”.
In una iniziativa con altre associazioni Corrente Alternata ha proposto ai consigli comunali l’adozione di un Ordine del Giorno con le finalità di impegnare le giunte a: “supplire alle carenze formative strutturali del sistema scolastico in merito alla costruzione delle identità di genere … in particolare per nidi e scuole dell’infanzia”; “promuovere lo sviluppo di progetti rivolti alle famiglie, per riflettere sulle tematiche di genere e sul peso che esercitano i modelli culturali, le campagne o i prodotti commerciali proposti dai media, attraverso i quali vengono introiettati comportamenti, modalità relazionali, modelli estetici che influenzano la crescita già dalla fasce di età 0-6 anni”; “diffusione di buone pratiche sull’educazione alle differenze nella fascia di età 0-6 anni”; “monitoraggio, ricerche e indagini qualitative e quantitative sull’educazione alle differenze e le tematiche di genere, con una particolare attenzione alla fascia 0-3 e 3-6 anni”. Una fissazione per gli esseri umani da zero a 6 anni.
Primo incontro nell’ambito del Museo della Non Umanità, “Corpi ribelli”, l’8 luglio alle 18.
Protagonisti: Egon Botteghi (“attivista animalista e LGBTQI”, referente nazionale per la genitorialità trans, cofondatore di Intersexioni, che si dedica a “antispecismo e lotta al fianco degli animali altro da umani”); Giulia Selmi autrice di un libro su “il farsi lavoro della sessualità” (tema: “Scardinare la dicotomia «vittima-puttana» che organizza la produzione di discorso sulla prostituzione giova alla libertà e all’autodeterminazione di tutte, che si lavori o meno nel commercio del sesso”); ed altri.
Il 14 luglio sarà invece la volta, fra i relatori, di Fran Stable, “Hacker Porn Film Festival” a Roma, slogan “Porno è Libertà”, “usare il porno per scardinare i limiti di genere tra i corpi”.
Arte, diranno i lettori. Invece no, sono gli stessi protagonisti a buttarla in politica spiegando lo scopo delle loro performances: “non dobbiamo arrenderci, oggi più di prima è necessario contrastare e creare spazi di contro cultura. Abbiamo una responsabilità morale, etica e politica, arrivare alle nuove generazioni. Offrire un’alternativa. Questo festival ha un suo obiettivo politico” (Fran Stable).
Il programma di Santarcangelo dei Teatri, oltre al Museo della Non Umanità, offre anche altro.
Non è la sede per scorrere tutto il calendario, ma basta dare un’occhiata alla seconda pagina del cartellone, il Club Ecosex.
Al costo di 5 euro – ma non sono accettati gli umani sotto i 18 anni – si potrà provare “un’immersione assoluta, sensuale e multisensoriale, un’esperienza erotica verde, in simbiosi con fiori, piante, terra, creature viventi da stimolare, annusare e sedurre”; “un momento di superamento delle inibizioni, di espansione dei confini della sessualità tra uomo e ambiente”; “esprimere liberamente, in un ambiente sicuro, intimo e anonimo, ogni profondo desiderio ecologico”; lo spettatore potrà “sporcarsi e amoreggiare con la Terra senza remore”. Attenti però, “la performance può contenere scene di nudo”.
Dotati di poca fantasia come siamo, non riusciamo a comprendere in che consisterà “il supporto del Governo dell’Australia dell’Ovest” alle nove puntate del Club Ecosex (dalle 19 alle 23, ogni sera una maratona).

Chiuso il capitolo squisitamente culturale, apriamo quello degli oneri economico-finanziari.
Costa un milione di euro l’anno, poco meno, il festival clementino che pende dalla parte degli animali. Ma, mentre non si ha notizia nel bilancio di compartecipazioni provenienti dal regno animale, né da quello vegetale, a pagare sono gli esseri umani radunati nello smanato gregge dei contribuenti.
Il conto esibito dagli organizzatori nella sezione “Trasparenza” è impietoso: nelle passività sono elencate due perdite d’esercizio, quella del 2015 per euro 9.077 (tralasciamo i decimali) e quella del 2016 aumentata di quattro volte, quasi 36mila euro.
Le entrate assommano a 902mila euro, più di tre quarti provenienti dalle tasche di Pantalone e simili: Stato (133mila), Regione Emilia-Romagna (330mila), enti locali associati (144mila), “altri enti” presumibilmente pubblici (76mila). Il resto sono “entrate da attività associativa” (146mila) e “entrate diverse” non meglio specificate (71mila).
I costi totali sono quasi 938mila euro: sfiorano i 200mila euro quelli del personale dipendente e dell’amministrazione; spiccano i “costi attività artistica” – cioè teatranti, allestimenti eccetera – di 693mila euro. Gli altri costi sono oneri finanziari, tasse, ammortamenti, “indeducibili” e ripiano del disavanzo precedente. In pratica il contributo degli enti pubblici (da noi stimato in 683mila euro) non riesce a coprire nemmeno i soli 693mila euro di costi vivi di produzione, personale escluso.
Uno squilibrio piuttosto evidente, sul quale ci piacerebbe conoscere l’opinione degli amministratori. Invece, siccome la “trasparenza” è limitata ad una paginetta di conto consuntivo, non sono visibili al pubblico le deliberazioni dell’assemblea dei soci, la nota integrativa, la relazione dei revisori.
Peccato. Chissà che non arrivi il prossimo anno una mandria di bovini, decisi a farsi pubblicità sui manifesti al posto delle pecore, in cambio almeno del ripiano delle perdite. Ma succederà, in questo mondo bestiale e non-umano?

Giovanni Pascolo

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