Restauri al Canevone dei Veneziani, piccola reliquia architettonica gotica a Rimini

Restauri al Canevone dei Veneziani, piccola reliquia architettonica gotica a Rimini

Nella parte interessata dai lavori sopra il portone c'è una targa di arenaria con un'iscrizione e lo stemma dell'Abbazia di Santa Maria della Misericordia di Venezia che fu l'istituzione più importante nella Serenissima dopo il Patriarcato.

Restauri al Canevone dei Veneziani. E’ inquietante vedere coperto per un restauro il Canevone dei Veneziani, piccola reliquia architettonica gotica. Vero è che si occupa del restauro lo studio dell’architetto Roberto Ricci, responsabile dell’esemplare restauro della parte del Canevone dove è il ristorante Il Pescato del Canevone. Lodevole soprattutto la perte dei legni sotto il tetto, conservati come erano nel ‘400.

Il Canevone dei Veneziani in via Luigi Tonini, angolo con via S. Maria in Corte. In fase di restauro.

Parete nascosta dalle impalcature con l’epigrafe in arenaria del 1638.

Parete nascosta con una porticina gotica di una casa a siringa del ‘300 e i resti di un’apertura ad arco scemo.

Oreste Delucca nella sezione riservata alla Contrada di S. Maria a Mare – del suo primo volume de L’Abitazione Riminese del Quattrocento, p.1292 – ha pubblicato dell’esistenza di diverse “canive” o magazzini osterie presso la porta Galliana: “la caniva del Paradixo” [da leggere: Paradisso] così chiamata “antiquitus” cioè anticamente, “la caniva da San Marcho” e, quella che potrebbe essere il Canevone dei Veneziani: la “canipam a Cantone”.

Venezia: il complesso dell’Abbazia, Scuola e Chiesa di Santa Maria della Misricordia (foto Didier Descouens)

PERCHÈ SI CHIAMA CANEVONE DEI VENEZIANI

In due miei articoli – uno sul Carlino Rimini del 2 dicembre 1988, e uno su La Voce di Rimini del 23 ottobre 2000 – pubblicai quanto avevo trovato in ricerche riminesi che riporto qui sotto. Non ero andato a Venezia a consultare l’Archivio della Chiesa e Abbazia di Santa Maria della Misericordia, e adesso sono troppo vecchio per andarci, anche se mi piacerebbe. Lo farà qualche giovane, trovando ulteriori documenti che aiuteranno a capire meglio la fase veneziana di questo che è l’ultimo edificio gotico intero rimasto a Rimini.
Nella parte che restaurano c’è sopra il portone una targa di arenaria con lo stemma dell’Abbazia di Santa Maria della Misericordia di Venezia e un’iscrizione:

ANTICHISSIMO / CANEVONE, / DI S. MARIA DELLA MISERICORDIA / DI VENETIA / RIVISITATO, ANNO D[OMI]NI 1683.

L’abbazia e la chiesa di Santa Maria della Misericordia era l’istituzione più importante a Venezia dopo il Patriarcato; era finita nelle mani della numerosa Cà Moro, una famiglia patrizia veneziana che aveva dato il 67° doge alla Repubblica, Cristoforo Moro. I Moro potevano eleggere l’abate e godere dei beni dell’Abbazia.

L’altra piccola porta ogivale trecentesca tamponata di una “casetta a siringa”. L’espressione “a siringa” ricorda il flauto di Pan che unisce canne lunghe anche se di lunghezza diversa.

Grande porta ogivale in via Santa Maria in Corte.

In Gambalunga abbiamo una relazione manoscritta del 1741 di Giuseppe Bentivegni che riporta il verbale della ricognizione fatta nel 1683 dal veneziano Giuseppe Baffo – forse un parente del poeta erotico Giorgio – dei beni dell’Abbazia di S. Maria della Misericordia nei documenti notarili veneziani e riminesi per conto del “Consorzio” Moro. Le varie donazioni di Riminesi all’Abbazia veneziana cominciavano dal 1308 ma nel 1683 era rimasta una “Canipam cum decem et novem vegetibus Cararijs positam in Civitate Arimini, in Combarbio Sancte Mariae a Mare [una cantina con 19 botti trasportabili su carri posta nella città di Rimini, nel Combarrbio di S. Maria del Mare] e il testo latino prosegue con quanto segue tradotto: lasciata in testamento da Giovanni Cavalletti del fu Ser Antonio Cavalletti Cristini di Rimini per rogo di Nicolò Giovanni Ugoni notaio riminese il 28 ottobre 1412.

L’originale e rara struttura di sostegno ligneo sotto la grondaia.

DUE E PIÙ EDIFICI DEL TRECENTO ADATTATI A CANTINA-OSTERIA NEL QUATTROCENTO

Forse dopo il 1412 o prima, alcune casette gotiche “a siringa”, strette e lunghe e tuttavia decorate elegantemente con portali ogivali o ad arco acuto, vennero sventrate per ottenere due locali di una cantina, con distribuzione di vino, che negli ultimi tempi era la sede di un magazzino e di una falegnameria. Due porte delle casette gotiche si vedono tamponate su via Tonini e una grande in via Santa Maria in corte, dove sono altre due porte piccole con l’arco a tutto sesto, una ricostruita.

Finestre a incasso e arco ribassato del secolo XV.

Nel rifacimento quattrocentesco i muri esterni delle casette vennero tamponati, e i muratori potrebbero avere aperto il portone grande verso piazza Ferrari che ha l’arco scemo formato da mattoni messi di taglio ricoperti da una fila di mattoni stesi, secondo la struttura dei secoli ‘300 e ‘400. Ho dei dubbi però. Un inizio di arco scemo o ribassato, se vi fa impressione “scemo”, si vede vicino al portale del ristorante, scemo pure questo ma senza il letto di mattoni sopra i mattoni a taglio. Non mi stupirei se il primo arco, che sembra troppo grande, risultasse una costruzione novecentesca neogotica.
Sono belle anche le finestre svasate ad arco scemo del ‘400. Tutte le pareti erano intonacate e dipinte, probabilmente di bianco e di rosso colori della “divisa” comunale, simboleggianti la Fede e la Carità. I legni di struttura originale sono visibili sotto la grondaia e furono oggetto, come s’è detto, di un restauro rispettoso.

Una delle sei Stelle mariane e abbaziali del Canevone, forse del XVII secolo.

Circonda le due facciate dell’edificio in alto una cintura di sei stelle in pietra d’Istria – oggi se ne vedono quattro -. Il significato delle stelle è duplice, da un lato ricorda la Vergine – “Stella Maris” – dall’altro marca la proprietà dell’abbazia. Ogni abbazia infatti ha come stemma una stella intorno ai cui raggi vi è il titolo dell’istituzione monastica.
Un simile interessante palinsesto di strutture gotiche da noi si vede solo nella parete esterna del ristorante di Tonino Guerra La Sangiovesa sulla via Aurelio Saffi di Santarcangelo. A Santarcangelo vi sono ancora molti edifici gotici, meno però di quelli che avevo visto tempo fa; ricordo un finestrino gotico, una piccola monofora ogivale, originale, deliziosa, tamponata in un rifacimento in via dei Signori, perché le amministrazioni comunali, e i loro architetti e ingegneri e geometri, da noi, non sanno quello che fanno. Qui da noi non è facile pensare che sui beni culturali possa ripartire l’Italia.
Bè sì, mi vergogno un poco ad avere dedicato tutta la mia vita, vado per gli ottanta, a beni dalla vita così effimera come quelli culturali di Rimini, città che, dopo essere stata “riminizzata”, adesso viene impietosamente “fellinizzata” a spese di architetture, storia, archeologia e alberi centenari… Avrei potuto fare qualcosa di utile per la società, per esempio l’infermiere, come un mio studente, o lo psicologo, o il sessuologo – un poco ci ho provato con la storia sessuale di Rimini -… Le amministrazioni comuniste di Rimini e dintorni furono e sono ben diverse dalle amministrazioni comuniste di Bologna, dove l’architetto Pier Luigi Cervellati, assessore comunista all’urbanistica, salvò dalla colata di cemento laico e curiale la bellissima città storica, mantenendo in sito la popolazione dei quartieri popolari urbani.

Immagine d’apertura: il Canevone dei Veneziani nella parte restaurata.

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