“Ridurre l’Imu sugli alberghi”: ecco perché Pd e PizzoCivica avrebbero già potuto farlo

“Ridurre l’Imu sugli alberghi”: ecco perché Pd e PizzoCivica avrebbero già potuto farlo

In fondo governa il centrosinistra a palazzo Garampi. E allora perché Gnassi e Pizzolante rimandano ad una futura applicazione del "manifesto turismo 4.0" ciò che avrebbero potuto già fare, cioè ridurre l'Imu sugli alberghi? Gnassi amministra il Comune dal 2011, insieme a Pizzolante da quasi due anni. Patrizia Rinaldis, alle prese con una "chat fronda" interna, starà al gioco oppure no? La quota Imu alberghi del Comune di Rimini nel 2016 è stata di quasi 4 milioni 150 mila euro.

“Ridurre l’IMU sugli immobili alberghieri e consentirne l’integrale deducibilità dall’IRES e dall’IRAP”. E’ il punto 5 del Manifesto Turismo 4.0 che i candidati del centrosinistra alla Camera dei deputati ed al Senato, “si impegnano” a concretizzare. Il voto degli albergatori, si sa, conta qualcosa, e così il ministro Franceschini, Arlotti, Pizzolante (c’era anche il sindaco Gnassi, molto attivo in questa campagna elettorale) e soci hanno lanciato ieri i 15 impegni. Alcuni di questi compaiono e scompaiono come i conigli del mago Silvan in ogni campagna elettorale: dal tema delle risorse all’Enit ai criteri di classificazione alberghiera. Fra gli obiettivi programmatici vengono resuscitati anche i Condhotel (“per ampliare e diversificare l’offerta”), una opportunità che a Rimini è finita nel dimenticatoio, se non addirittura osteggiata. Nel novembre del 2014 Sergio Gambini scriveva su Riminiduepuntozero un articolo che intitolammo: lo “sblocca Italia” c’è, ora Gnassi deve cambiare verso sui Condhotel. Nel quale annotava fra l’altro: “I punti di attacco dei conservatori, di cui sono stati portabandiera il Sindaco di Rimini, Andrea Gnassi e la deputata PD, Emma Petitti, semplificando molto, sono stati due: il rifiuto di una norma immediatamente applicabile di carattere nazionale sulle tipologie di ricettività alberghiera e la critica alla frazionabilità degli immobili alberghieri come elemento incentivante della speculazione immobiliare. Il tutto condito dalla difesa di una antica norma nazionale (un bel paradosso di cui parlerò alla fine) come il vincolo di destinazione d’uso alberghiero degli immobili ricettivi”.

Ma veniamo al sodo.
L’Imu sui beni di categoria D, che quindi comprende anche gli alberghi (categoria D/2), è stata fissata dal Comune di Rimini al 10,40 per mille. Di questa, il 7,60 per mille va versata allo Stato e il 2,80 per mille al Comune. I valori dell’anno 2017 ancora non si conoscono perché saranno pubblicati il prossimo luglio, ma i valori degli anni precedenti sono ben noti. In base alla quantità degli immobili dichiarati a catasto al 31.12.2016 (grafico al 2016) ed alla data del 31.12.2015 (grafico al 2015) si ottiene il conteggio che compare nel grafico qui sotto. L’Imu massima (poi spiegheremo di cosa si tratta), per i soli alberghi, che costituisce la quota del Comune di Rimini nell’anno 2016 è pari a euro 4.146.631,77. Nel 2015 era stata pari a euro 2.546.981,68. Mica bruscolini.

L’imposta massima è quella che i contribuenti sono tenuti a pagare in base alla rendita. E’ pertanto quel valore dell’IMU che Stato e Comune incasserebbero se tutti i contribuenti pagassero regolarmente l’imposta. Ciò significa che ricomprende anche l’eventuale evasione/elusione del tributo. Nel caso di mancato pagamento dell’imposta, il Comune può accertare il dovuto ed incassare interamente l’imposta calcolata al 10,40 per mille (a cui si aggiungono le sanzioni e gli interessi). Questo è conseguenza del fatto che lo Stato ha già considerato la sua imposta ed ha fatto una detrazione sui trasferimenti dovuti ai Comuni.

Vediamo nel dettaglio l’Imu ripartita fra Comune e Stato (in rosso quella relativa alla categoria D/2, cioè gli alberghi). Quota Comune di Rimini anno 2015:

Quota Stato anno 2015:

Quota Comune di Rimini anno 2016:

Quota Stato anno 2016:

Vi sarà saltata all’occhio, nell’imposta dovuta dai soli alberghi per le quote dal Comune, una importante differenza tra 2015 e 2016. La questione merita di essere approfondita a parte perché riguarda un probabile errore contenuto nelle rendite di alcuni alberghi del Comune di Rimini. E’ una differenza (si passa da euro 2.546.981,68 nel 2015 a euro 4.146.631,77 nel 2016) che dovrebbe essere attentamente valutata dal Comune di Rimini perché potrebbe avere determinato una riduzione dei trasferimenti per le categorie D in modo anomalo, ma non è questo al momento l’argomento.

Quindi, chi vieta al Comune di Rimini, la cui amministrazione si regge su Pd e Patto Civico, di ridurre l’IMU per gli alberghi? Nessuno. Se fino ad oggi non l’ha fatto lo si deve solo ed esclusivamente ad una scelta. Gnassi è sindaco dal 2011 e da quasi due anni condivide i suoi atti coi civici di Sergio Pizzolante. Per l’aliquota del 2,80 per mille Gnassi e Pizzolante avrebbero già avuto tutto il tempo per ridurla, una possibilità interamente in mano al Comune. Perché non l’hanno fatto? Senza dimenticare che governavano anche a Roma. Mano libera ovunque.

E le associazioni degli albergatori che dicono? Stanno al gioco? Rivela oggi il Carlino che ci sarebbe una chat-fronda nella base dell’Aia verso la presidente Patrizia Rinaldis in vista delle prossime elezioni interne. “Dirigere l’Aia non è come scrivere su una chat – chiosa la Rinaldis -, è molto più complicato, e richiede quasi l’impegno a tempo pieno”. Chissà se in questo tempo pieno troverà 5 minuti per dire qualcosa sull’Imu e sulle promesse da marinai della politica 4.0.

 

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