Rimini balla sul declino economico

Rimini balla sul declino economico

Palazzo Garampi brucia le tappe sulle nozze gay. Ma su turismo, commercio, lavoro, la città perde quota. Abbiamo messo in fila alcuni dei principali indicatori economici confrontandoli con la situazione nel 2010 (a.G., avanti Gnassi) e nel 2015. C'è da preoccuparsi.

Sotto il regno di Andrea Gnassi Rimini è una città che balla. Eventi, lustrini e paillettes. Quest’anno anche il Summer Pride, giusto per non farsi mancare niente. Siamo anche pronti per le nozze gay “da subito”, Palazzo Garampi aspetta con ansia solo “gli ultimi decreti”. E non vorrete mica arrivare in ritardo su un’emergenza sociale come questa? Infatti siamo talmente avanti che sono già partite le prenotazioni delle unioni civili. Ma la stessa efficienza non si registra a favore delle imprese economiche. Le aziende chiudono, s’ingrossano le fila dei disoccupati. Abbiamo messo a confronto i principali indicatori economici ufficiali (tratti dalle diverse edizioni del Rapporto economico e da Starnet, la rete degli uffici studi e statistica delle Camere di commercio) al 2010 e al 2015. Andrea Gnassi s’insedia per la prima volta a Palazzo Garampi a seguito delle elezioni amministrative del maggio 2011. Prima di lui Alberto Ravaioli (giugno 1999 – maggio 2011). La grande crisi finanziaria inizia nel 2007 e a fine 2008 la recessione è globale. Ma ha colpito tutti, mentre Rimini se la passa peggio delle altre città della costa (vedi turismo), della Romagna e spesso anche rispetto al dato medio della regione Emilia Romagna.

Cominciamo dal turismo. Nel 2010 la permanenza media dei turisti a Rimini era di 4,8 giorni (comunque la più bassa in provincia rispetto alle altre località della costa: Bellaria 6,5, Cattolica 6,4, Misano 6,5, Riccione 4,9), risultato di un 4,7 sul segmento Italia e 5,2 per quanto riguarda gli stranieri. Nel 2015 la permanenza media a Rimini è di 4,2: 4 Italia e 4,8 estero. E continua ad essere la più bassa in provincia perché, pur in presenza di un calo generalizzato, Bellaria si attesta su 5,7, Cattolica 5,6, Misano 5,4 e Riccione 4,4.
Questa permanenza sempre più corta si ripercuote a più livelli, compresa la domanda di manodopera non solo nel turismo ma anche nel commercio e negli altri servizi.
Guardiamo ad arrivi e presenze. Nel 2010 Rimini ha capitalizzato 1.153.518 di arrivi italiani e 380.278 stranieri, per un totale di 1.533.796. Nel 2015 gli arrivi italiani 1.219.490 e 413.652 quelli stranieri, per complessivi 1.633.142. Fra l’altro con variazioni che, se messe a confronto con l’anno precedente e con le altre località della costa, denotano uno scarso + 2,2% (Bellaria +4,5%, Cattolica +5,3%, Misano +5,4%, Riccione +7,7%).
Ma le presenze perdono quota. Nel 2010 a Rimini quelle italiane sono state 5.450.329, quelle straniere 1.975.208, per un totale di 7.425.537. Nel 2015 sono state, rispettivamente, 4.936.465 e 1.980.178, ovvero in tutto 6.916.643, anche in questo caso con peggiori performance, rispetto al 2014, di Bellaria (+4,1%), Cattolica (4%), Riccione (+5,1%). Rimini, con Misano (-0,4%), ha avuto il segno meno (-1,1%).
Calano anche gli alberghi. Nel 2010 a Rimini ce n’erano 1.022 fra estivi e annuali, nel 2015 sono diventati 986. Ne sono venuti meno 36, hanno chiuso i battenti una media di circa 7 strutture all’anno. E in forte calo anche quelli aperti annualmente, passati da 288 (2010) a 229 (nel 2015): meno 59. Erano 300 nel 2005.

In cinque anni a Rimini le imprese attive sono scese da 15.334 a 14.904 (-430), quelle artigiane da 3.886 sono precipitate a 3.728 (-158). Analizzando i settori economici si nota un calo che colpisce soprattutto agricoltura (da 720 a 572), industria (da 1.025 a 959), costruzioni (da 2.105 a 1.939), commercio (da 4.282 a 4.205). L’edilizia in un quinquennio ha perso il 7,9% di imprese e oltre il 20% degli addetti (4.328, erano 5.417 nel 2010). Crescono solo i servizi: da 7.095 a 7.143).

E come la mettiamo con la “tassazione”? La pressione finanziaria (Fonte Regione Emilia-Romagna, Sistema informativo dell’Osservatorio sulla Finanza Territoriale) per abitante nel 2010 era di 579 euro, nel 2014 è quasi raddoppiata (1.037) – inferiore di un soffio solo a Bologna e Parma – e secondo il bilancio previsionale 2015 sale ancora (1.079). La pressione tributaria era 355 euro e nel 2014 è più che raddoppiata: 842, fra le tre più alte in regione (dopo Bologna e Parma). La previsione 2015 è ancora in aumento: 856 euro e in questo caso Rimini si piazza subito dopo Bologna.
Per i riminesi va meglio se si guardano i tributi specifici, Tasi e addizionale Irpef, che totalizzano gli importi fra i più bassi dei capoluoghi dell’Emilia Romagna: 11 milioni 900 mila euro di Tasi (al di sotto c’è solo Forlì con 9 milioni 850 mila euro) e 4 milioni 800 mila euro di addizionale Irpef, parecchio distanziata da Piacenza (penultima) con 8 milioni 300 mila euro.

A Rimini aumenta la anche povertà, come attestano i numeri della Caritas, e se in passato erano soprattutto gli stranieri ad affollare le mense e a chiedere un aiuto, adesso sono i residenti locali.
Per protesti levati, nel 2014 Rimini è al secondo posto in regione: 13.064.658 di euro, davanti si ritrovano solo Bologna (16.212.564) e Forlì-Cesena (14.809.709).

Valore aggiunto. Qui il dato è provinciale ma è evidente che Rimini, con 148.527 abitanti (2015), giochi la parte del leone. Rimini nel 2015 è al penultimo posto in regione con un valore aggiunto pro capite: 26.269,65 euro. Questo l’andamento a partire dal 2010: 24.538,46, 26.494,16, 26.115,21, 25.720,59, 25.678,08 e, appunto, 26.269,65. Se si guarda il valore aggiunto totale Rimini si colloca al terzultimo posto dopo Ferrara e Piacenza. Il confronto fra Rimini (8.804,3) e le altre città della Romagna, ovvero Forlì-Cesena e Ravenna, è impietoso: nel primo caso 10.749,3 e nel secondo 10.617,6.

Lavoro. Dato provinciale. Nel 2010 il tasso di disoccupazione era del 7,8, inferiore a quello italiano (8,4) e superiore a quello regionale (5,7). Nel 2015 è al 9,5 (Emilia Romagna 7,7 e Italia 11,9). Solo la provincia di Ferrara fa peggio (12,3). Rimini ha il tasso di occupazione più basso col 62,9 se confrontato sia con le altre località della regione, che con il dato emiliano-romagnolo (66,7) e del nord-est (65,3), mentre quello nazionale è pari a 56,3.

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