Rimini e Giussani: una rotatoria e molto altro. Parlano Chicchi, Conti, Fregni e Zaffagnini

Rimini e Giussani: una rotatoria e molto altro. Parlano Chicchi, Conti, Fregni e Zaffagnini

Viene inaugurata domenica 24 agosto, alle ore 9, la rotatoria intitolata a don Luigi Giussani. Alla confluenza delle vie della Fiera, Simonini e Mont

Viene inaugurata domenica 24 agosto, alle ore 9, la rotatoria intitolata a don Luigi Giussani. Alla confluenza delle vie della Fiera, Simonini e Monte Titano, nel cuore della città congressuale, ci sarà il nome del fondatore di Cl, che nei “contenitori” fieristici e congressuali di Rimini ha spesso radunato il popolo ciellino. Il Meeting nasce proprio da questo avvenimento scaturito nella cattolicità italiana a metà degli anni 50 (con Gioventù Studentesca) e nella città di Rimini nel 1962.
“Sacerdote, educatore, teologo, uomo di cultura, fondatore di Comunione e Liberazione”, recita l’invito alla inaugurazione. “Rimini è particolarmente legata alla sua persona, che ha avuto un rapporto privilegiato con la nostra città”.
Il comitato promotore che ha chiesto l’intitolazione è formato da cinque ex sindaci, un fatto sorprendente in una città che coltiva spesso e volentieri fratture: Zeno Zaffagnini, Massimo Conti, Marco Moretti, Giuseppe Chicchi e Alberto Ravaioli.
Il 24 agosto non è giorno scelto a caso: si apre il Meeting (quest’anno con un titolo molto in linea col pontefice argentino: Verso le periferie del mondo e dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo) e dunque il taglio del nastro della rotatoria per Giussani vedrà la presenza di molte personalità riminesi e non, civili e religiose. Fra queste, il vescovo mons. Francesco Lambiasi e Andrea Simoncini del centro nazionale di Cl. Per l’ammministrazione comunale non ci sarà Andrea Gnassi ma l’assessore Irina Imola. Abbiamo chiesto alcuni spunti di riflessione su Giussani, Cl e Rimini, a Giuseppe Chicchi, Massimo Conti, Franco Fregni e Zeno Zaffagnini.

Chicchi: Il Meeting, una sfida potente per l’establishment della sinistra riminese

Non ho conosciuto don Giussani. Ho ascoltato però la sua voce attraverso amici, talvolta avversari politici, che, pur conoscendo la mia laicità, non di rado mi fornivano informazioni e testi scritti del loro padre spirituale.
Ho conosciuto il Meeting, le sue molte opere e ciò che hanno significato per la nostra città: ribalta internazionale, ospiti straordinari, movimento di giovani, confronto culturale e, per un certo periodo, importanti mostre d’arte capaci di attirare decine di migliaia di persone. Ho apprezzato la capacità organizzativa, il persistente spirito militante, le opere sociali che il Movimento ha messo in campo. Insieme alle tante opere del mondo cattolico cittadino, diciamo così, “tradizionale”, tutto ciò ha costituito una sfida potente per l’establishment della sinistra riminese. Esattamente questo è il sale della democrazia.
A dire la verità non ho mai capito bene il passaggio, orientato da don Giussani, da posizioni di “confronto” a sinistra in nome delle reciproche identità (primi anni settanta), a posizioni moderate, approdate poi, negli anni novanta, nell’improbabile alleanza con la destra liberista. L’unica spiegazione che ho trovato è in quella matrice antistatalista che, con l’Opera dei Congressi, ha attraversato a lungo il mondo cattolico a partire dagli anni settanta dell’Ottocento; anche allora in bilico fra i liberali piemontesi e il nascente movimento socialista. E non vorrei entrare qui nel dibattito sulla vocazione monopolistica coltivata dalla destra liberista o sull’affermazione, tutta da dimostrare, che solo la sinistra sa essere veramente liberale.
Tornando al presente, credo davvero che per una città libera, laica e colta, come Rimini intende essere, sia un dovere non rinviabile ricordare don Giussani, anche solo con un piccolo gesto.

Giuseppe Chicchi
Sindaco di Rimini dal 1992 al 99

Conti: Io, il senso religioso e Gianni Fabbri

“Il contato con don Giussani è arrivato tardi. E’ vero che avevo partecipato a Gs di Rimini, venivo da Viserba ed era stato il vice parroco a spingermi a partecipare al raggio. E a dirigere c’erano due o tre persone: Sandro Bianchi (fu presidente di Gs nel 67 e 68 e poi lasciò Gioventù studentesca e in seguito divenne dirigente nazionale della Fiom; è morto nel luglio del 2012, ndr), Alberto Melucci (fu presidente della Fuci, poi docente universitario, è morto nel 2001ndr) e poi un terzo che suonava la chitarra, soprannominato “Spigolo” (Pierpaolo Paolizzi, ndr)”. Chi parla è Massimo Conti, sindaco di Rimini, per il partito socialista, dal 1985 al 90.
“Però quegli incontri non mi catturarono. Qualche tempo dopo mi sono iscritto al circolo Gobetti. Ero alla ricerca di qualcosa ma non sapevo bene cosa. Quindi, e questo me lo ricorderò sempre, negli ultimi anni in amministrazione comunale, il contatto con Giussani accadde con un libro. Me lo regalò Sergio De Sio: Il senso religioso. E così ho cominciato a leggere e a conoscere. Ringrazio ancora Sergio per quel regalo. Nel Senso religioso il carisma di Giussani viene fuori integralmente e posso dire che quella fu la mia conoscenza di lui”.
Ma molto prima era stato il 68 ad accendere qualche lampadina. “Di Cl ne avevo sentito parlare in quegli anni, colpito e incuriosito dal fatto che qualcuno si opponeva al 68. Chi sono questi? Da dove vengono fuori e con che coraggio? Chi sono? Mi domandavo. Incontrai di nuovo Cl negli anni 80 perché andai a lavorare alla Provincia di Ravenna come coordinatore dei servizi sociali e li conobbi delle assistenti sociali di Faenza che appartenevano a Cl. Insomma, di occasioni se ne sono presentate nella mia vita per avvicinarmi a Cl”.
Anche da sindaco? “No”, risponde Massimo Conti, “in quel caso ci furono contatti un po’ formali, anche col Meeting, perché prevalevano altri aspetti, politici, di immagine … Di certo il Meeting fu per me una provocazione, uno stimolo culturale forte, nel trovarmi di fronte a qualcosa che altre realtà difficilmente riescono ad esprimere, una proposta culturale, appunto, imponente e strutturata”.
Come fu avvertito Cl a Rimini dal mondo politico? “Nel nostro ambiente e in alcuni ambienti della Dc si parlava di Cl come di una setta, anche se in realtà Comunione e Liberazione è sempre stata alla ricerca di un interlocutore, ha sempre cercato un dialogo anche con gli “avversari” sul piano politico, culturale e religioso. C’era una richiesta di confronto, che la sinistra snobbava ed evitava, e dall’interno della Dc pochi vedevano Cl con occhi speranzosi o curiosi, anzi le battute più maliziose contro Cl venivano proprio da uomini della Dc”.
E la sinistra come reagì? “In modo diffidente, con l’atteggiamento di chi pensa “ma cosa vuoi che duri, sono bravi a organizzare … però non andranno lontano”. Si capì solo a posteriori che si trattava invece di una realtà solida, destinata a durare. Ma credo che lo scontro vero avvenne più che altro all’interno del mondo cattolico che non fra Cl e l’esterno. La sinistra all’inizio temeva una sorta di competitività, ma questo atteggiamento è venuto via via meno perché si capiva che il dibattito era tutto interno al mondo cattolico e alla Dc, non toccava la sinistra. Tanto è vero che la sinistra faceva proprie alcune presenze all’interno del Meeting, e parlo sia del Psi che del Pci. E forse di questo si accontentava perché pensava di poter mettere un cuneo all’interno di quel mondo cattolico”.
Le istituzioni come reagirono al sorgere del Meeting? “Da Zaffagnini in avanti non c’è stato sindaco che non fosse più che disponibile ad accompagnare questo avvenimento, che era avvertito come un valore per la città. Dentro le istituzioni fu questo il sentimento prevalente nei confronti del Meeting”.
Invece quale fu l’atteggiamento della città di Rimini verso Cl e il Meeting? “Rimini è come se non voglia farsi impressionare. E’ difficile che riconosca qualcuno o qualcosa, anzi, non vuole riconoscere. E’ sufficiente pensare cosa è successo con Fellini. Invece se all’improvviso dovesse finire il Meeting, o spostarsi altrove, allora i riminesi sarebbero allarmati, e non solo gli albergatori e i commercianti. Si aprirebbe il dibattito politico: di chi è la responsabilità? Il riminese è così, c’è poco da fare. Magari i meriti li vede ma non li riconosce, o comunque fa fatica a dirtelo, forse lo pensa ma non te lo vuol dire. Rimini si è dimenticata di Fellini, dicevo, ma anche di Marco Arpesella, di Gianni Fabbri, Corrado Sberlati. Cancellati. Io non ci vedo una malizia in questo atteggiamento e nemmeno una sciatteria, ma proprio una città che fatica a riconoscere, anche se facendo questo fa male a se stessa, perché rinuncia a capire il significato di presenze che hanno contribuito a costruire Rimini. Ecco, credo che lo stesso meccanismo scatti nel riminese davanti al Meeting e questo può far pensare che si tratti di un evento che viaggia sopra la testa della città, anche se non è così. E’ un po’ il Dna di Rimini, e il Dna fai fatica a cambiarlo”.
Poi però per lei le occasioni di incontro con persone o gesti proposti da Cl sono continuate? “I contatti sono proseguiti nel tempo, fino ad una tappa importante, il pellegrinaggio in Terra Santa insieme a diverse persone di Cl, circa cinque anni fa. Direi che Cl l’ho trovata sulla mia strada, partendo dalla lettura del Senso religioso e di altri libri, ad esempio di don Massimo Camisasca. Sono sempre stato vicino ma distinto dai ciellini”.
Fu una lettura indigesta o interessante quella del Senso religioso di don Giussani? “Entrava perfettamente in dialogo con la mia vita proprio nel momento in cui cominciavo a pensare al senso della mia esistenza: che cosa ci faccio qui, a che titolo e per cosa? Per che cosa faccio il sindaco?
Il senso religioso mi ha accompagnato a ritrovare, gradino dopo gradino, un significato e ad incastonare la mia vita in un disegno. Ho scoperto pian piano che c’è un disegno che riguarda anche me e la mia libertà e si fonda su qualcosa, anzi su qualcuno, che mi dà la libertà. Non saprei dire esattamente quando questa percezione si sia fatta più netta, ma quel che ricordo è che ero mosso dal bisogno di trovare una strada. E oggi senza timidezze posso dire di avere scoperto il disegno e la scelta religiosa per me è diventata fondamentale e pregiudiziale rispetto a tutto. Penso che l’impotenza delle risposte politiche e culturali nelle quali la nostra società annaspa, dipendano proprio dalla crisi del senso religioso della vita. Però se rifletto meglio un momento preciso che ha segnato il mio cambiamento c’è stato”.
Quale? “E’ successo grazie a Gianni Fabbri”. Il re della notte e il patron del Paradiso di Covignano? “Proprio lui. La mia passione verso il fenomeno dei nomadi mi aveva portato ad andare a Saintes Maries de la Mer, nella Francia meridionale, dove a maggio si celebra la festa di Santa Sara, la santa degli zingari. Ci ero già andato per sei o sette anni e una volta chiesi a Gianni Fabbri di accompagnarmi. Una volta la, entrammo nella cripta, piena di candele, davanti alla statua della santa. Vidi Gianni come attratto da qualcosa. Accese una candela e restammo in quel luogo per circa mezz’ora. Una volta fuori mi disse: Massimo, non sono mai stato così bene. Ci tornammo altre volte insieme, anche con altri amici. Poi Gianni si ammalò. Quando era ricoverato a Ravenna, io andavo spesso a trovarlo e mi ricordo che negli ultimi giorni, visto che ci eravamo ripromessi di tornare a Saintes Maries de la Mer, mi disse: Massimo, dì alla santa che quest’anno io non ce la faccio ad andare perché sto male.
Per me questa esperienza è stata un punto di saldatura, la prova provata della scelta che dovevo fare, e infatti da li ho ricominciato la mia vita, proprio pensando a Gianni, è lui che mi ha aiutato”.
Lei cosa si aspetta da un momento comunque formale come l’inaugurazione della rotatoria intitolata a Giussani? Per Rimini può essere lo spunto per riflettere su qualcosa?
“Il fatto che cinque persone che sono state per un po’ di tempo a Palazzo Garampi in veste di sindaci, si siano messe insieme su un una cosa del genere, è già un avvenimento importante”.
Perché? “Perché dice di una continuità. Ricordo un episodio. Diventai sindaco in agosto e al momento del passaggio delle consegne, molto informale, Zeno Zaffagnini mi parlò anche del Meeting ed avvertii dalle sue parole che si trattava di un evento importante per la città, di cui avere cura e attenzione. Mi trasmise proprio il desiderio di salvaguardare una continuità e personalmente ritengo che questo filo non si debba spezzare e interrompere, mi sembra significhi questo l’occasione della inaugurazione della rotatoria”.
Oggi come vede Cl? “Nel mondo cattolico Cl ha scosso molti alberi e io spero che continui a scuoterli. Non sempre la politica ha giovato al suo messaggio, ed anche il Meeting in certi anni è stato forse sovraesposto sul piano politico, ma questo è stato anche il timbro del successo dell’evento, che però forse ha oscurato altri tipi di messaggi.
Ho un libretto che tengo molto caro fra i pochi che ho sempre vicino a me: il pellegrinaggio in Terra Santa con i commenti di don Giussani, e quella terra mi è rimasta nel cuore, ….ci andrei a vivere. Quel libretto lo leggo e lo rileggo. E’ una fonte inesauribile…”.

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Zaffagnini: Perché sostenni il Meeting, nonostante la contrarietà di Psi, parte del Pci e della Dc

“Ho detto subito di sì alla intitolazione della rotatoria, mi pareva giusto, anche se Giussani non l’ho mai conosciuto direttamente”, esordisce così Zeno Zaffagnini, sindaco di Rimini per il Pci dal 1978 all’83 e dunque proprio quando il Meeting prese il via nel 1980 nella vecchia Fiera. “Inizialmente pensavo volessero copiare le feste dell’Unità e che il Meeting fosse una brutta copia di queste, invece sono state le feste dell’Unità a diventare una brutta copia”, sorride. “Vennero da me Nicola Sanese, Sergio De Sio e Antonio Smurro e mi spiegarono cosa intendevano fare. Capii da loro che questo evento aveva l’imprimatur di don Giussani e quindi mi resi conto che avrebbe potuto essere un’iniziativa importante anche per Rimini. Non mi sbagliai. Come amministrazione decisi di sostenere il Meeting, con aiuti non finanziari ma di strutture e mano d’opera soprattutto, per facilitarne la nascita. Incontrai non poche difficoltà perché c’era una parte della maggioranza che non era d’accordo nel sostegno al Meeting, i socialisti, e anche una parte del Pci mugugnava perché Cl era vista come il nemico in quegli anni. Anche una parte della Dc era ferocemente contro, però io decisi di andare avanti comunque. Emilia Guarnieri Smurro riconosce continuamente che senza quell’aiuto molto probabilmente il Meeting non avrebbe decollato”.
Perché lei non si fece scoraggiare dai pareri contrari e decise comunque di aiutare la nascita del Meeting? “Perché sono sempre stato del parere che le iniziative culturali se hanno un certo spessore vanno aiutate, senza guardare alle ideologie, anche per il peso che possono avere su una città turistica come la nostra. Per le stesse ragioni da sindaco creai un rapporto migliore rispetto al passato anche con il Pio Manzù. Ho appoggiato la manifestazione di Cl nonostante io fossi un comunista e ateo dichiarato. In tre anni il Meeting è decollato e il terzo anno arrivò il Papa, che fu un’altra bella esperienza”.
Cosa ricorda di quell’anno? “Come amministrazione ci mettemmo a disposizione e insieme alla Curia decidemmo una serie di cose per accogliere al meglio Giovanni Paolo II, le spese dell’organizzazione le sostenne il Comune. Al pomeriggio al porto fu una cosa bellissima, bella bella, a parte la folla enorme, il palco con lo sfondo del mare, soffiava una leggera brezza… una immagine forte e una splendida giornata”.
Come spiega lo sviluppo e l’affermazione del Meeting in questi anni? “Credo che il grande merito sia della presidente, Emilia Smurro, una donna di grande spessore culturale e una organizzatrice eccezionale, e non è facile trovare persone nelle quali i due elementi convivono così bene. Non ho mai avuto dubbi sul fatto che il Meeting rappresentasse una manifestazione da difendere, non perché si condivida tutto, ma per quello che oggettivamente è stato ed è per Rimini, oltre che per l’Italia e non solo”.

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