Rimini e il turismo: la diagnosi c’è da 30 anni, ma non succede nulla

Rimini e il turismo: la diagnosi c’è da 30 anni, ma non succede nulla

Fa una certa impressione prendere in mano i "rapporti" di Trademark dei primi anni 90, dove si leggeva "che la Riviera è priva di appeal", che "gli operatori hanno rinunciato a pensare, a progettare, a tracciare strategie". E c'erano già "tutte le condizioni che normalmente classificano i prodotti in pesante declino". Cosa è cambiato nel frattempo? Forse solo una cosa: che chi continua a redigere i rapporti sul turismo si è fatto ottimista.

Trademark in anni ormai un po’ lontani realizzava i “rapporti congiunturali sul turismo in Emilia Romagna”. Anch’essi figli dell’Osservatorio turistico regionale, creatura ormai matura perché vede la luce alla fine degli anni 80 sotto l’ala di Agertur. Ma i rapporti odierni di Trademark sono solo lontani parenti di quel che sforna oggi l’Osservatorio. I rapporti dell’epoca contenevano anche i resoconti di approfonditi confronti con gli operatori, attraverso i famosi “forum” che qualcuno di più lunga esperienza in ambito turistico ricorderà bene. Molto utili e interessanti. Gli addetti ai lavori avevano la possibilità di dire la loro non solo sull’andamento della stagione ma un po’ su tutto: la promozione, la riqualificazione delle strutture, la mobilità, le strategie da perseguire a medio e lungo termine e così via.

Prendiamo il rapporto del 1990. “Un aspetto di notevole interesse scaturito dal Forum è il fatto che gli operatori ritengono necessario intervenire sugli alberghi, sui villaggi, sui ristoranti e – in sintesi – sul prodotto, in modo differenziato”. L’estensore del rapporto sintetizza così il problema: “…scaturisce una conferma della crisi imprenditoriale: la constatazione di quanto sia difficile associare le imprese tra loro, di quanto siano carenti in termini strategici le gestioni turistiche e di quanto sia limitata la loro capacità di intervenire sul prodotto”. E ancora: “per tamponare l’emorragia di presenze e per affrontare la sfida gigantesca del rilancio non c’è ancora sufficiente cultura imprenditoriale… né si configurano organizzazioni di categoria preparate e strutturate per modificare l’esistente”.

Viene stilata anche una classifica degli operatori “secondo il diverso tipo di atteggiamento”: gli “indifferenti”, ovvero coloro che “ritengono di non dover far nulla di diverso dal solito, di non dover cambiare niente e di non avere nessuna responsabilità della crisi in atto”, sono il 60%. Seguono i “realisti ad oltranza”, circa il 30%: “sono coloro che vorrebbero cambiare, migliorare i loro servizi, ma non “possono” o non trovano la forza di rischiare capitali”. Poi ci sono i “restauratori-riparatori” (15%), che qualcosa fanno ma in modo estemporaneo, e infine i “nuovi pionieri” (5%), che hanno “già visibilmente migliorato l’offerta investendo con una mentalità imprenditoriale e manageriale”.
Se la si stilasse oggi questa classifica, cambierebbero di molto le categorie e le relative percentuali?

Sapete di cosa si discuteva in quegli anni a Rimini? Lo riferisce il rapporto stilato nel 1991 sempre da Trademark: “Tutte le imprese turistiche hanno riscontrato grandi difficoltà a trovare personale“.

I mali del turismo riminese sono noti da 30 anni. “Oggettivamente il prodotto continua ad indebolirsi” si legge nel rapporto di Trademark del 1993, “gli operatori presenti ora ammettono che la Riviera è priva di appeal, viaggia inesorabilmente verso l’obsolescenza soprattutto per l’offerta alberghiera. In Germania, si afferma, l’ospitalità romagnola non è più un mito anzi è fuori moda.”
Avanti. “La parte imprenditoriale del Forum ammette che gli operatori, genericamente intesi, hanno rinunciato a pensare, a progettare, a tracciare strategie…“, “l’immagine della Riviera si è normalizzata, non trasmette simpatia, non fa tendenza”. Ricordiamolo: correva l’anno 1993. “L’immagine datata, indistinta, generica, indifferenziata di ‘posto dove è possibile fare di tutto’, sottrae immagine alla Riviera anziché aggiungerne”. Per concludere che “il ringiovanimento del prodotto resta la base essenziale per il rilancio della Riviera”.

Quando la “botta” delle mucillagini stordisce la riviera, è già chiaro “l’impoverimento qualitativo della clientela”, la “arretratezza dell’offerta turistica”, la presenza di “tutte le condizioni che normalmente classificano i prodotti in pesante declino”. Parole che si possono leggere nel rapporto di Trademark del 1989. Dove si parla di “un declino annunciato ed atteso dal 1977, dovuto ad una offerta di ospitalità obsoleta (strutture ricettive, congestione di spiaggia, management debole, servizio scadente, ecc.)”. Era già chiaro anche l’andazzo nel sistema commerciale: “Troppi negozi espongono merci scadenti e stock di merci già rifiutate dai turisti nelle metropoli di residenza”.

E i prezzi, di cui si continua a discutere? “Ai prezzi attuali i margini non consentono re-investimenti significativi né la riqualificazione delle strutture. La strada dovrebbe essere quella del decollo dei prezzi e della qualità ospitale. Andare verso il basso sarebbe micidiale”.

Cos’è cambiato dagli anni 90 ad oggi? Forse solo il fatto che chi all’epoca redigeva rapporti critici, ma realistici stando a quanto raccontavano gli operatori, ora si è fatto ottimista e parla di un turismo dalla vita felice a Rimini.

Rapporto sul turismo riminese, a cura di Trademark, 1993. “Rimini non attira più i mercati internazionali. Le cause sono: un’offerta alberghiera polverizzata, inadeguata, inadatta alla maggioranza dei turisti stranieri; un prodotto turistico che non corrisponde più alle esigenze della domanda internazionale; l’apatia delle categorie economiche e degli albergatori… Occorrono: grandi alberghi di dimensione internazionale…”
Oggi invece il modello resiste grazie alla pensione completa. Parola del guru di Trademark.

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