Robe da chiodi sul verde pubblico: cosa non combinano Anthea e Comune di Rimini

Robe da chiodi sul verde pubblico: cosa non combinano Anthea e Comune di Rimini

La società in house promuove il progetto Life Urbangreen fissando con lunghi chiodi delle targhette sui tronchi. L'amministrazione comunale nel realizzare la pista ciclabile in via Bastioni Settentrionali ha tranciato radici e piazzato un bel massetto in cemento. Gli esperti saltano sulla sedia: "Quanto si sta facendo rischia di creare non pochi danni alla loro stabilità. Sappiamo bene come va a finire, in caso di forti temporali e trombe d'aria".

Non è necessario essere luminari della “Fitotraumatologia” (tranquilli, è una disciplina che non esiste) per capire che un paio di chiodazzi (qui esiste la rima, ma è sconveniente) di vari centimetri infissi nel tronco, per capire che l’albero non ne tragga grande beneficio. Fin qui, tutto regolare. O meglio, purtroppo rientra nell’uso pressoché quotidiano di molte persone adoperare gli alberi per diversi scopi tranne quelli, molteplici e fondamentali per la nostra esistenza, per cui sono nati. Abbiamo pubblicato fotografie (ma sfodereremo l’intero campionario il 21 novembre prossimo, giornata mondiale dell’albero) di pino/specchio, pino/retrovisore, cedro/cesto da basket, bosso/stendi tappetini d’auto e via discorrendo. Queste pratiche sono talmente consolidate da scorgere qualche possibilità che possano divenire discipline sportive riconosciute a livello nazionale. Finché tale “sport” viene praticato da privati è riprovevole, ma quando vi si cimenta una “società in house, interamente partecipata da soci pubblici” (il Comune di Rimini ne detiene il 99,986% delle quote), la cosa cambia.

Ci riferiamo ad Anthea, il cui “pedigree” contempla in grassetto una serie di pratiche come “conservare, valorizzare e gestire il territorio e il patrimonio dei Comuni di Rimini, Santarcangelo di Romagna e Bellaria Igea Marina, gli enti pubblici che ne sono soci”. Poi ancora “responsabilità sociale e rispetto per l’ambiente” (sic!), “garantire qualità urbana ai cittadini” e via pontificando su sé stessa. “Se il rispetto per l’ambiente è tra i capisaldi della missione”, si domanda l’amico che ci segnala il fatto, “come può accadere che proprio Anthea si esponga a critiche e ironie?”. È possibile. Ed è anche il male minore. Lo vedremo tra poche righe. Targhette inchiodate, se ne vedono ad esempio in Viale Principe Amedeo, via Flaminia, via Donato Bramante e anche in via Francesco Rosaspina (sede dell’ufficio del Verde Pubblico e Privato e anche dell’assessorato all’Ambiente) dove sono state scattate alcune delle foto.

Life Urbangreen, firmato Anthea. Il Regolamento comunale del verde urbano vieta “l’affissione diretta alle alberature, con chiodi, filo di ferro…”

La risposta si trova direttamente sui luoghi dei delitti, ovvero sui tronchi a cui hanno conficcato una media di due/tre chiodi per albero. Nelle immagini si vedono chiaramente. C’è anche una candida autodenuncia. Che sottintenda arroganza? Anthea assume la piena paternità dell’operato firmando ogni singolo cartellino. Sempre l’amico, che oltre al comune “buon senso” è provvisto pure di qualche preparazione in àmbito “vegetale”, sostiene che anziché bucherellare inutilmente le piante, esistono fascette (non quelle in nylon per il cablaggio, nel caso, correttamente adottate per i piccoli alberelli) che sono morbide ed elastiche: avrebbero potuto felicemente evitare i chiodi.

Dunque, possibile che sia solo cattiva volontà? O nella peggiore delle ipotesi, scarsa capacità? Ci rifiutiamo categoricamente di farci anche solo sfiorare dall’amletico dubbio. Eppure, nel “Regolamento comunale del verde urbano” (datato 2001), sia nelle norme sul “Verde Privato” (articolo 7) che in quelle sul “Verde Pubblico” (articolo 32) tra gli altri, si vieta espressamente “l’affissione diretta alle alberature, con chiodi, filo di ferro o materiale non estensibile, di cartelli, manifesti e simili”. Dunque? Il Comune pone agli altri e a sé stesso regole che disattende per mano propria? Ci sarà un motivo sicuramente plausibile. Invitiamo l’azienda a comunicarlo “urbi et orbi”.

La pista ciclabile taglia i “piedi” agli alberi

E a proposito di orbi (ma quante cose vede, questo pericolosissimo amico “delatore”?), sempre “lui” ci fa notare (e arriviamo ai mali peggiori) che in via Bastioni Settentrionali c’è ancora qualcosa che non va. Un altro colpetto ben assestato alla comunità verde, dopo i vari tagli degli ultimi giorni, dei mesi addietro e di quelli “in fieri”. Andiamo a verificare se anche questa soffiata sia veritiera. Constatiamo che in effetti, per la realizzazione di alcuni sottoservizi (reti di energia elettrica, gas, telecomunicazioni e fognature, incanalati in apposite condutture realizzate nel sottosuolo, come recita la Treccani online) per raccordare tra loro vari tombini posati lungo la via per mezzo di tubi corrugati, gli operatori hanno astutamente praticato scavi a filo di tronco o quasi.

“Questo genere di opere crea grossi problemi di sicurezza perché i pini, se colpiti nei complessi apparati di radici fascicolate, possono cadere al primo fortunale”.

“Con qualche accortezza in più e un briciolo di buona volontà, spostando tutte le operazioni all’interno della pista ciclabile in costruzione, i tecnici avrebbero risparmiato radici che invece, per certo sono state (almeno parzialmente), recise. Poi non tornino a lamentarsi che quando soffia il vento, i pini fanno come i birilli del bowling”, ha commentato il “nostro”. Ci auguriamo che in tempi rapidi qualcuno abbia la cortesia di confutare ciò che andiamo dicendo per bocca e competenza altrui. E quanto a competenza, mentre stiamo scarrocciando nell’oceano mediatico del web, quasi per caso troviamo l’approdo ideale: il sito del Co.n.al.pa. (organizzazione no-profit per la tutela di alberi, foreste, giardini e paesaggi, per la divulgazione scientifica e culturale e per l’educazione ambientale). Scopriamo che il comitato scientifico nazionale dell’associazione è composto da una squadra di 18 persone. Tra scienziati, docenti universitari, studiosi e ricercatori di grande e riconosciuto valore, figura anche un agronomo tra i massimi esperti internazionali di pini mediterranei e alberi monumentali nonché membro della Società Italiana di Arboricoltura. Realizziamo di essere nel porto giusto. Dopo un rapido accordo telefonico con un membro del Co.n.al.pa., affidiamo alla posta elettronica alcune foto della pista ciclabile che correrà parallelamente al filare di alberi (quelli rimasti, i fortunati superstiti) tra porta Galliana e il ponte di Augusto e Tiberio. Senza pietà, assestiamo qualche colpo diretto al plesso solare degli ambientalisti abruzzesi.

La gragnuola di immagini sortisce un immediato commento da parte del Co.n.al.pa.. Questo: «Far passare sottoservizi e una pista ciclabile sotto dei pini a pochissima distanza dalla zona critica radicale (area intorno al colletto dove sono localizzate le radici essenziali per la salute e la saldezza della pianta; ndr) può diventare pericoloso per la stabilità degli alberi. Una buona porzione di radici è stata probabilmente tranciata per inserire tutto quel cemento. Sicuramente da una foto è difficile dare una valutazione dell’entità del danno e capire fino a quale profondità hanno scavato. Ma come ci è spiegato da validi esperti del settore, lavorare compromettendo la zona critica radicale è un pericolo. Si nota tranciatura di radici in zona critica radicale con un bel massetto in cemento che compromette gli apparati radicali. Quanto si sta facendo rischia di creare non pochi danni alla loro stabilità. Sappiamo bene come va a finire, in caso di forti temporali e trombe d’aria. È stato interpellato un tecnico esperto di alberi e apparati radicali per gestire un simile lavoro? Questo genere di opere crea grossi problemi di sicurezza perché i pini, se colpiti nei complessi apparati di radici fascicolate, possono cadere al primo fortunale. Pubblicheremo qualche foto emblematica per portare la massima attenzione sul problema».

Esprimiamo gratitudine verso le accorate raccomandazioni del Co.n.al.pa., ma purtroppo l’articolo 31 del Regolamento comunale parla chiaro. Alla voce Distanza dalle utenze sotterranee, il Comune di Rimini indica le distanze minime da rispettare per singolo albero in funzione della classe di grandezza a cui questo appartiene: vi risparmiamo l’intera tabella, ma in pratica si va dai 2, ai 3 e ai 4 metri. Nel caso di specie, avendo i pini in oggetto un’altezza che presumibilmente va dai 12 ai 18 metri e anche oltre, si consideri una distanza che potrebbe variare da non meno di 3 fino ai 4 metri. Le medesime valutazioni numeriche appena accennate, vanno fatte quando si specifica che:
“Per gli scavi per la posa in opera di nuova impiantistica tecnologica interrata (tubazioni gas, acqua, linee elettriche e telefoniche, fognature, ecc.) si devono osservare distanze, utilizzare passacavi (nel caso di mancanza di spazio) e precauzioni tali da non danneggiare le radici degli alberi”. E poi viene il bello. Il tocco finale “tanaliberatutti”.
“Solo per la posa e la manutenzione di utenze sotterranee, in caso di effettiva mancanza di spazio, si potrà operare a distanze inferiori a quelle indicate, purché gli alberi compromessi dagli scavi siano inseriti in un piano di sostituzione poliennale”. Ah, già. “Purché”… e il “piano di sostituzione poliennale”…

Chi ha stilato l’ardito passaggio che tiene aperta qualsiasi botola utile alla bisogna, richiama un colorito modo di dire che per decenza evitiamo di citare e che meno volgarmente (ma solo dal punto linguistico, non concettuale) significa “tutelarsi”. Quanto poi all’opportunità di alcune scelte dell’Amministrazione comunale, lasciamo il giudizio alla sensibilità di ogni riminese. Ci confortano diverse considerazioni di vari esperti della materia (non esclusi architetti assai pratici di arredo urbano) i quali ritengono che i lavori potessero essere eseguiti diversamente. Ma volendo, si poteva prendere in considerazione perfino di non farli. E basta.
Noi avanziamo una proposta. A Rimini, oramai si ha la netta sensazione che il rispetto del verde (pubblico e privato) venga agitato su un pennone senza nerbo. Dopo eloquenti “chissenefrega degli alberi!”, non detti a parole, ma con i fatti che sono sotto gli occhi di tutti, ci è venuto istintivo forgiare un neologismo. Dopo “Riminizzare”, “Divertimentifricio” e “Rimining”, crediamo che a buon titolo, nel catalogo generale sia legittimata a esordire l’espressione “Vegetofreghismo”.

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