Stabilimenti balneari: la Regione detta le regole soft, l’Inail ospedalizza le spiagge

Stabilimenti balneari: la Regione detta le regole soft, l’Inail ospedalizza le spiagge

Non era difficile prevedere che al momento dei protocolli sarebbe scattato il delirio. E infatti la Regione fornisce distanze inferiori rispetto al documento del Comitato tecnico-scientifico, che vorrebbe trasformare le spiagge in reparti di rianimazione. Dai bagnini coi guanti di nitrile e mascherina, agli addetti al salvamento che dovranno "valutare il respiro soltanto guardando il torace della vittima", fino alle spiagge libere che libere non saranno più. Una follia.

Il 18 maggio riaprono negozi, bar, ristoranti, mercati, parrucchieri, estetisti, tatuatori e spiagge. Gli alberghi? Non si sa. “Siamo al lavoro da giorni con i tecnici, con i sanitari, con le associazioni di categoria, per garantire la riapertura di diverse attività ancora sospese. In primo piano l’esigenza di garantire la sicurezza dei lavoratori e dei clienti, come dicevo, ma anche la consapevolezza di voler rimettere in moto – presto e bene – una macchina che garantisce una percentuale significativa della ricchezza dell’Emilia-Romagna”, dice l’assessore al turismo Andrea Corsini. Presto è una parola grossa, ma intanto si prova a rimettersi in carreggiata. In questi giorni, fa sapere la Regione, termineranno i lavori dei tavoli tecnici chiamati a definire i protocolli di sicurezza per il riavvio delle diverse attività ora sospese, nel rispetto delle linee guida nazionali.

Ma quali sono le nuove regole per un’estate in sicurezza? Quella della Regione sono soft, quelle che arrivano da Roma sono …. Partiamo dalle prime. Una superficie minima a ombrellone di 12 metri quadrati (indicativamente 4 e 3 metri tra paletti degli ombrelloni e delle file), superiori a quelli delle Marche (10,5 metri quadrati); 1,5 metri tra le attrezzature di spiaggia, come lettini e sdrai sulla battigia, quindi al di fuori dell’ombrellone e le uniche deroghe ammesse alle distanze interpersonali riguardano i componenti di uno stesso nucleo familiare o le persone che pernottano nella stessa stanza o unità abitativa di una struttura ricettiva del territorio regionale. In questo caso vale la responsabilità individuale; numerazione e assegnazione delle postazioni o degli ombrelloni; stewart appositamente formati per accompagnare gli ospiti all’ombrellone o al lettino; pasti ordinati attraverso un servizio di delivery con consegna per la consumazione all’ombrellone-lettino, oppure in aree ristorazione in grado di garantire il distanziamento sociale (tema spinoso che contrappone le categorie); aree giochi per bambini delimitate e con un numero massimo di presenze consentite; servizi igienici, docce e cabine pulite e disinfettate ogni giorno e ad ogni cambio di clientela. E poi spiagge libere con la possibilità, da parte dei Comuni, di prevedere accessi contingentati. Si tratterà di capire bene cosa significa contingentare gli ingressi alle spiagge libere, vista la già scarsa dotazione di questi arenili. L’Emilia Romagna (1.209 concessioni per stabilimenti balneari) ha quasi il 70% delle spiagge occupate da stabilimenti balneari, campeggi, circoli sportivi e complessi turistici, e si colloca dietro solo alla regione Liguria. Assai distanziate da Toscana (51,7%), Veneto (39,6%), per non parlare di Puglia (38,6%), Calabria (28,1%), Sardegna (20,6%).

C’è la condivisione sugli standard di sicurezza per la stagione balneare 2020 fra Regione, associazioni di categoria, sindacati, Comuni costieri e Direzione Marittima, e le regole sono state codificate in un documento.
I quattro comandamenti da rispettare per godersi (si spera) il mare sono questi: “informazione capillare sulle regole da tenere per scongiurare ogni forma di contagio; responsabilizzazione degli utenti della spiaggia; distanziamento sociale tra personale, addetti e clienti per evitare rischi di assembramento; pulizia rigorosa e quotidiana di tutti gli spazi comuni e nella preparazione e somministrazione di cibi e bevande”.

A leggere le indicazioni sembra di essere ritornati indietro ai tempi delle colonie marine, con i bambini allineati sotto il sole e “pilotati” come tanti soldatini sia sulla spiaggia che nel momento del bagno. Ecco infatti cosa stabiliscono le linee guida:

accesso ordinato allo stabilimento balneare, evitando assembramenti e nel rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro e, dove possibile con percorsi differenziati per l’ingresso e l’uscita dallo stabilimento.
Se gli “afflussi di persone” dovessero essere “consistenti” potranno essere previsti ingressi contingentati, anche su prenotazione telefonica o informatica fino ad esaurimento dei posti ombrelloni e posti lettini. I gestori potranno, anche in forma aggregata, utilizzare piattaforme online per le prenotazioni e per evitare code alle casse potranno promuovere sistemi di pagamento veloci (card contactless) o con carte prepagate o attraverso portali/app web;
– il personale addetto al ricevimento e all’accompagnamento dei clienti, in caso non sia possibile assicurare la distanza interpersonale di almeno un metro, dovrà essere dotato di dispositivi e attrezzature di protezione nelle postazioni di lavoro (es. mascherine o schermature) e dovrà fornire ai clienti tutte le informazioni relative alle disposizioni e ai comportamenti da rispettare all’interno dello stabilimento per prevenire i rischi.

Ancora:

– potranno essere previste la numerazione delle postazioni/ombrelloni e la annotazione per ogni postazione dei clienti, stagionali e giornalieri, anche per eventuali indagini di natura sanitaria; l’individuazione di modalità di transito da e verso le postazioni/ombrelloni e stazionamento/movimento sulla battigia; l’accompagnamento alla zona ombreggio da parte di personale dello stabilimento (stewart).

Si spera nella benevolenza di Giove pluvio perché “in caso di pioggia o cattivo tempo i clienti non potranno sostare nei locali dello stabilimento che non sia in grado di garantire le distanze consentite (sedute ristorante, bar, sale…)”.

Tutte le attrezzature di spiaggia in dotazione allo stabilimento balneare – sedie, sdraio, lettini, attrezzature galleggianti e natanti – dovranno essere pulite ogni giorno e disinfettate periodicamente con soluzione igienizzante a base di cloro. La disinfezione dovrà comunque essere garantita ad ogni cambio di clientela.

Vietati gli intrattenimenti danzanti e gli eventi musicali di qualsiasi genere, con la sola eccezione di quelli esclusivamente di “ascolto” con postazioni sedute che garantiscano il distanziamento interpersonale.
Vietata qualsiasi forma di aggregazione che possa creare assembramenti come, ballo, happy hours, degustazioni a buffet…, con conseguente divieto di pubblicità in qualsiasi forma.

Fin qui la Regione Emilia Romagna. Ma il “Documento tecnico sull’analisi di rischio e le misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nelle attività ricreative di balneazione e in spiaggia“, realizzato dall’Inail, dall’Istituto superiore di Sanità e dal ministero della Salute nell’ambito del Comitato tecnico-scientifico, dice ben altro.

“Al fine di garantire il corretto distanziamento sociale nello stabilimento e un minor rischio, occorre definire misure di distanziamento minime tra le attrezzature di spiaggia che possano essere di riferimento, fermo restando che deve in ogni caso essere assicurato il distanziamento interpersonale di almeno un metro. Nella ridefinizione del layout degli spazi, bisogna rispettare le seguenti distanze:
1. La distanza minima tra le file degli ombrelloni pari a 5 metri.
2. La distanza minima tra gli ombrelloni della stessa fila pari a 4,5 metri“. Superiori, quindi, a quelle indicate dalla Regione Emilia Romagna.
“Tra le attrezzature di spiaggia (lettini, sdraie, etc.) ove non allocate nel posto ombrellone, dovrà essere garantita la distanza minima di 2 metri l’una dall’altra”. Mentre la Regione Emilia Romagna si accontenta di 1,5 metri.
Il documento del comitato tecnico-scientifico contempla anche il divieto all’accesso e all’utilizzo delle piscine all’interno degli stabilimenti balneari, l’obbligo di utilizzare le mascherine per i fruitori degli stabilimenti “al momento dell’arrivo, fino al raggiungimento della postazione assegnata e analogamente all’uscita dallo stabilimento”, e l’installazione di “dispenser per l’igiene delle mani a disposizione dei bagnanti in luoghi facilmente accessibili nelle diverse aree dello stabilimento”.

Il capitolo della spiagge libere trattato dagli esperti nazionali è una selva di regole e dunque sarebbe meglio non chiamarle più “libere”. Anzitutto “è opportuno, ove possibile, affidare la gestione di tali spiagge ad enti/soggetti che possono utilizzare personale adeguatamente formato, valutando altresì la possibilità di coinvolgimento di associazioni di volontariato, soggetti del terzo settore, etc., anche al fine di informare gli utenti sui comportamenti da seguire, nonché per assicurare le misure di distanziamento interpersonale in tutte le attività sull’arenile ed in acqua”. Ci vorranno figure di “badanti”, insomma. Poi: si raccomandano “disposizioni volte a limitare lo stazionamento dei bagnanti sulla battigia per evitare assembramenti” e “opportune misure di pulizia della spiaggia e di igienizzazione delle attrezzature comuni, come ad esempio i servizi igienici, se presenti”. A chi spettano? L’utenza andrà informata anche attraverso “l’affissione nei punti di accesso – che dovranno essere puntualmente individuati – alle spiagge libere di cartelli in diverse lingue contenenti indicazioni chiare sui comportamenti da tenere, in particolare il distanziamento sociale di almeno un metro ed il divieto di assembramento”. Non è finita. “Anche al fine di favorire il contingentamento degli spazi, va preliminarmente mappato e tracciato il perimetro di ogni allestimento (ombrellone/sdraio/sedia), – ad esempio con posizionamento di nastri (evitando comunque occasione di pericolo) – che sarà codificato rispettando le regole previste per gli stabilimenti balneari, per permettere agli utenti un corretto posizionamento delle attrezzature proprie nel rispetto del distanziamento ed al fine di evitare l’aggregazione. Tale previsione permetterà di individuare il massimo di capienza della spiaggia anche definendo turnazioni orarie e di prenotare gli spazi codificati, anche attraverso utilizzo di app/piattaforme on line; al fine di favorire la prenotazione stessa potrà altresì essere valutata la possibilità di prenotare contestualmente anche il parcheggio, prevedendo anche tariffe agevolate, ove possibile”. Non è che il tutto serva a disincentivare l’utilizzo delle spiagge libere?

L’ospedalizzazione della spiaggia si raggiunge al meglio con le norme che riguardano il personale. Per quello “dedicato ad attività amministrative in presenza di spazi comuni, è necessario indossare la mascherina chirurgica; allo stesso modo, il personale addetto alla cassa dovrà indossare la mascherina chirurgica prevedendo altresì barriere di separazione (ad es. separatore in plexiglass)”. Il colmo è questo: “Il personale addetto alle attività di allestimento/rimozione di ombrelloni/sdraio/etc., deve utilizzare obbligatoriamente guanti in nitrile seguendo scrupolosamente le procedure di vestizione/svestizione ed attenersi scrupolosamente alle procedure per la corretta pulizia delle mani evitando il contatto diretto con le superfici dell’attrezzatura”. I guanti in nitrile sotto il sole cocente sono davvero una bella idea.

E gli addetti al salvamento? “E’ da rilevare la necessità – stante la modalità di contagio da SARS-CoV-2 – di attenersi alle raccomandazioni impartite dall’Italian Resuscitation Council (IRC) nonché dall’European Resuscitation Council (ERC) nell’esecuzione della rianimazione cardiopolmonare, riducendo i rischi per il soccorritore (nella valutazione del respiro e nell’esecuzione delle ventilazioni di soccorso), senza venire meno della necessità di continuare a soccorrere prontamente e adeguatamente le vittime di arresto cardiaco”. Ergo? “Ogni volta che viene eseguita la rianimazione cardiopolmonare (RCP) su un adulto è necessario diffondere le indicazioni fornite da ERC e IRC”. Cioè? “In attesa di nuove evidenze scientifiche, si raccomanda di valutare il respiro soltanto guardando il torace della vittima alla ricerca di attività respiratoria normale, ma senza avvicinare il proprio volto a quello della vittima e di eseguire le sole compressioni (senza ventilazioni) con le modalità riportate nelle linee guida. Se disponibile un DAE utilizzarlo seguendo la procedura standard di defibrillazione meccanica. Si raccomanda di indossare i dispositivi di protezione individuale (DPI). Al termine della rianimazione cardiopolmonare il soccorritore deve lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone o con gel per le mani a base di alcool. Si raccomanda, inoltre di lavare gli indumenti appena possibile e prendere contatto con le autorità sanitarie per ulteriori suggerimenti, se del caso”. Ma siamo al mare o in un reparto di rianimazione?

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