Storia di Vera, una riminese che ha scelto il monastero: “Ho sposato Gesù”

Storia di Vera, una riminese che ha scelto il monastero: “Ho sposato Gesù”

Il giorno della professione perpetua che ha segnato il suo ingresso definitivo nel monastero dell’Adorazione Eucaristica di Pietrarubbia, Vera Mazzotti ha messo al dito una fede nuziale con la scritta Gesù. E in questa intervista spiega perché, dopo aver fatto l’animatrice in spiaggia e inseguito molti sogni, compreso quello di scalare l'Everest e diventare regista, è stata colpita da un incontro.

Una poltrona letto polifunzionale, un set di pentole, un trapano, un gazebo, una antica bibbia di Antonio Martini: sono alcuni elementi di una singolare lista di nozze. Si, lista di nozze che la fantasia di una comunità di monache ha pensato per la cerimonia di consacrazione di alcune novizie nel monastero dell’Adorazione Eucaristica di Pietrarubbia di suor Maria Gloria Riva. Domenica 18 settembre c’è stata la professione temporanea di Giulia Mazzanti, una ragazza di Montesoffio di Urbino mentre le due ultime professioni perpetue (due settimane fa) sono state quelle della riminese Vera Mazzotti, 31 anni, figlia di Giuseppe e Aldina Mazzotti (che hanno altri tre figli), e nel giorno di Ferragosto dedicato all’Assunta, di Sonia Bagotta, una grafica di Muggiò (Monza) che per uno scherzo della ‘scrittura intelligente’ del telefonino è diventata “Ponga”, un soprannome che le è restato addosso, se è vero che anche le sue consorelle e persino la madre superiora la chiamano così.
La lista di nozze non è casuale, perché la cerimonia della professione ha una notevole somiglianza con il rito del matrimonio. Nella professione ci si consacra a Cristo sposo in maniera totalitaria ed esclusiva così come gli sposi in chiesa si uniscono tra loro promettendo amore e fedeltà ‘per sempre’. Somiglianza anche nella consegna dell’anello, una vera fede nuziale con all’interno la scritta ‘Gesù’ e la data di quel giorno solenne. L’anello nuziale che oggi indossa Vera, ora suor Maria Vera del Volto Santo, è appartenuta alla nonna Giacomina, mentre quella di Ponga (suor Maria Maddalena dei Sacri Cuori) apparteneva al padre Marino, morto qualche anno fa.

Vera Mazzotti, oggi suor Maria Vera del Volto Santo

Vera Mazzotti, oggi suor Maria Vera del Volto Santo

Due erano i sogni per il futuro della giovinezza di Vera: scalare l’Everest e diventare una regista cinematografica. Ma in prima elementare la maestra, che aveva assegnato il tema ‘cosa farai da grande?’ aveva stuzzicato la sua fantasia e così sul foglio scrisse che avrebbe voluto fare la suora. Questo desiderio è rimasto in un angolo del suo cuore fino a quando, allora lei aveva 19 anni, non ha incontrato suor Gloria, che allora era ancora nel convento di Monza ed era la maestra delle novizie, mentre ora è la madre superiora della comunità monastica di Pietrarubbia. Colpita a tal punto da chiederle di rincontrarla e andare per una settimana a vivere in quel convento. Ma ancora non era tempo, così Vera si è iscritta alla facoltà di lettere classiche a Bologna dove ha conseguito la ‘triennale’, quella ‘laurea breve’ che non le sarebbe servita a granché per realizzare i suoi sogni. Infatti nell’estate diventa animatrice in spiaggia e per un anno si dedica al servizio civile nella Caritas e comincia a fare qualche lavoretto.
Quando suor Gloria arriva nel Montefeltro con alcune consorelle per fondare questo nuovo monastero, una decina d’anni fa, Vera ricomincia a frequentarla. Vera racconta il suo velo di malinconia quando nel 2010 entra in convento, anche perché aveva incontrato e incominciato a voler bene (corrisposta peraltro) a Marco, il ragazzo umbro di cui s’era innamorata e che per qualche anno aveva ‘preso e lasciato’ più d’una volta. Ora pare che Dio si sia quasi divertito a regalare ad entrambi la vocazione religiosa.

Vera, perché quando sei entrata in monastero avevi questa piccola tristezza o inquietudine?
“Pensavo di essere messa con le spalle al muro da Gesù: questa è la tua realtà e la tua strada, lascia perdere i tuoi desideri di matrimonio, di viaggiare e andare in cima all’Himalaya o di fare la regista. Fra l’altro il giorno stesso, anzi nel preciso momento in cui ho detto ai miei che intendevo andare in monastero, ho ricevuto una telefonata di un datore di lavoro per il quale avevo lavorato per tre mesi come segretaria, che mi offriva di nuovo lavoro. Ho risposto che ero impegnata… in realtà ho capito che non il lavoro, né il moroso erano per me. Anche se il pensiero di essere un po’ pressata dalle circostanze restava. Invece il giorno in cui entro in monastero trovo la troupe del regista Mauro Campiotti e gli attori del film realizzato sulla vita della beata suor Maria Maddalena dell’Incarnazione che fondò l’ordine delle Adoratrici dell’Eucaristia. Insomma, dopo le sorelle, le prime persone che ho incontrato sono state un regista, il cast e i tecnici di un film e già dal primo giorno ho partecipato alla realizzazione di una pellicola. Il giorno dopo, il 12 settembre, c’è stato il primo ciak. Io e la Ponga siamo andate a vedere il primo ciak: ero al settimo cielo. Non me lo sarei mai aspettata. I primi due o tre anni sono stati una sorpresa dopo l’altra. Penso anche al mio primo passaporto che ho fatto qui in convento per andare in America e in Messico. Sempre qui ho approfondito anche altri interessi: il canto, lo studio di latino e greco, che facendo altro forse avrei avuto come hobby ma più probabilmente avrei abbandonato. Il greco, per esempio, che all’università era solo erudizione e quindi mi aveva stufato, qui è diventato strumento per la ‘lectio divina’ o per la comprensione della Bibbia. Mi è utile per comporre canti e come aiuto alla documentazione nelle lezioni di suor Gloria. Tutti questi miei interessi mi sono stati restituiti evangelicamente al centuplo”.

Beh, non deve essere comunque così facile…
“Alla sorpresa della ‘prima ora’ è seguita, negli anni di noviziato, la comprensione della grande responsabilità che ti è chiesta e anche dei propri limiti e che il rapporto con le persone a cui vuoi bene non è sempre spontaneo e facile, che c’è ancora tanto cammino da fare per imparare ad amare”.

Dopo i primi tre anni di noviziato c’è stata la professione temporanea e dopo altri tre quella perpetua avvenuta il 4 settembre scorso. Come hai affrontato questo passo?
“Ho davanti a me l’immagine dell’undicesima stazione della Via Crucis, Gesù inchiodato alla croce. Nella stessa posizione che assumiamo nel rito della professione: siamo prostrati con la faccia a terra (come accade nell’ordinazione dei sacerdoti) e le braccia allargate come in un abbraccio. Ed è proprio l’abbraccio della croce di Cristo quello che facciamo nella professione solenne. Dicendo sì per tutta la vita mi sono sposata con Lui e con Lui mi sono fatta inchiodare alla croce a intercedere il Padre con le tre uniche consolazioni che Gesù aveva in quel momento: sua madre, la Maddalena e Giovanni. Sono solo tre ma sono grandi: perché una è Sua Madre, che è anche la madre di noi tutti. Maddalena è la patrona del nostro ordine che ci ha indicato la strada dell’adorazione come metodo per amare e farsi amare, e Giovanni il discepolo fedele e che Gesù ama, colui che lo riconosce in ogni circostanza, anche nei momenti dell’incomprensione, della crisi e della fatica. Lo riconosce e lo indica anche a Pietro a cui dice, durante l’episodio della pesca miracolosa: “E’ il Maestro”. Insomma vedere la croce trasfigurata, credo sia la mia vocazione”.

Ma proprio sulla croce…
“La croce in verità, con la Risurrezione, diventa il trono di Gesù e anche il nome che ho scelto da monaca – Maria Vera del Volto Santo – indica la bellezza di vedere il dolore trasfigurato, che è già tanto, e insieme farlo vedere agli altri. E’ dalla croce che Gesù governa e ottiene le grazie per noi. E’ anche il passo del Vangelo letto durante la mia professione: “Chi vuol essere mio discepolo, prenda la sua croce e mi segua”.

Serafino Drudi

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