Tiberio

Tiberio

E' tempo di scelte radicali per il più bel ponte del mondo.

Il Ponte, settimanale cattolico riminese, ha chiesto di confrontarmi con Manlio Masini sulla chiusura al traffico pesante del Ponte di Tiberio. E’ inutile che vi racconti della rava e della fava, ma come al solito la prendo alla larga, perché con l’età, a proposito grazie per gli auguri (ho sbrodolato non poco…) sempre più mi appassiona l’etimologia, la radice, l’origine e la storia del vocabolo. Pons, pontis significa unire due sponde, due realtà, due mondi a volte contrapposti. Pontefice è colui che costruisce, che mette in contatto due contesti diversi, e spesso conflittuali.
Torniamo a Tiberio: opera meravigliosa, Broccolino ci fa una pippa, porta benissimo i due millenni sulle cinque arcate di pietra d’Istria. La Mareccia non abita più qui, e per me, corianese rurale, è il più bel ponte del mondo. Date queste premesse ed il conseguente sillogismo aristotelico, entra in campo Andreas da Ariminum che ha giurato all’inizio del suo mandato di pedonalizzarlo. Andreas è incazzareccio e di parola. Pacta sunt servanda, così ci hanno insegnato i nostri Padri. Oggi la parola non conta più nulla specialmente in certi ambienti, ma non per il nostro Sindaco, che ormai giunto al termine del suo secondo mandato, può e deve fare quello che ha promesso.
E’ tempo, anzi siamo in colpevole ritardo, di scelte radicali, soprattutto verso l’ambiente. Il cuore ha sempre ragione e come diceva l’illustre filosofo ed umanista Desiderius Erasmus Roterodamus la vita umana non è nient’altro che un gioco della follia; ma il vero problema sono i riminesi che amano la macchina più della loro mamma, e preferiscono fare i fenomeni in palestra, Bonaccini docet, piuttosto che fare due passi in più, salutari per il corpo e l’anima.
Rurali sempre.

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