Torna l’incubo della epidemia di morbillo che uccide i delfini, ecco la situazione in Adriatico

Torna l’incubo della epidemia di morbillo che uccide i delfini, ecco la situazione in Adriatico

Già diversi decessi sulle coste dell'alto Tirreno. Si tratta però di esemplari di Stenelle, un delfino di piccola taglia poco presente in Adriatico. "Al momento non abbiamo ricevuto nessuna segnalazione di carcasse spiaggiate tra Marche ed Emilia-Romagna e negli ultimi mesi non ci è giunta alcuna segnalazione particolare”, dice Valeria Angelini di Fondazione Cetacea. Il numero di questi cetacei in Adriatico si è praticamente dimezzato negli ultimi tre o quattro decenni.

I numerosi delfini ritrovati morti in questi giorni sulle coste dell’alto Tirreno tra Francia, Liguria e Toscana hanno fatto temere il ritorno di un’epidemia di morbillo che solo cinque anni fa, nel 2013, uccise centinaia di esemplari nel Mediterraneo. Altre epidemia di questo virus si sono verificate in tempi recenti (nel 2007, nel 2006 e nel 1992), con un numero molto elevato di cetacei morti.
Questa volta l’identificazione della causa delle morti nel morbillivirus non è ancora certa e i ricercatori ancora non parlano di una vera e propria epidemia, anche se la frequenza di ritrovamenti di carcasse spiaggiate che si è verificata in questi giorni non è certo rassicurante.

Fondazione Cetacea è il referente per gli spiaggiamenti sulle coste dell’Emilia-Romagna e delle Marche. E’ infatti la Fondazione riccionese ad occuparsi del recupero e dello studio delle carcasse dei cetacei e delle tartarughe che il mare spinge sui litorali locali. A Valeria Angelini, biologa della Fondazione, abbiamo quindi chiesto quale sia la situazione del morbillo dei delfini in Adriatico, ottenendone notizie rassicuranti.

“Riguardo ai tursiopi (la specie di delfino più presente in Adriatico, ndr) – dice Valeria – nelle ultime settimane non c’è stato nessun aumento di ritrovamenti, almeno nelle aree di nostra competenza. Al momento non abbiamo ricevuto nessuna segnalazione di carcasse spiaggiate tra Marche ed Emilia-Romagna e negli ultimi mesi non ci è giunta alcuna segnalazione particolare”.
Valeria Angelini osserva anche che i delfini morti nel Tirreno sono soprattutto Stenelle, un delfino di piccola taglia difficile da osservare in Adriatico perché poco presente.

Il morbillivirus dei delfini è comunque ormai considerato endemico in tutto il Mediterraneo ed è stato anche ritrovato nei capodogli che si spiaggiarono sulle coste di Vasto nel 2014.
Se dal punto di vista epidemico quindi per il momento non ci sono motivi di allarme, anche i delfini in Adriatico, come del resto i cetacei di tutto il Mediterraneo, non se la passano bene.
I dati dell’ultimo monitoraggio aereo effettuato nel 2015 all’interno del progetto Blu World dalla Croazia rivelano che il numero dei delfini in Adriatico si è praticamente dimezzato negli ultimi trenta/quarant’anni. E purtroppo, osserva Valeria Angelini, si tratta di un trend che prosegue.

Inquinamento, traffico, diminuzione delle prede sono alcune delle cause alle quali gli studiosi imputano questo vistoso decremento dei delfini, che fanno parte delle specie inserite nella lista rossa degli animali in via di estinzione.
Per proteggere i cetacei, e nel caso particolare i delfini dell’Adriatico, è indispensabile una politica comune. Questo mare prezioso bagna le coste di molti stati. “L’Adriatico è uno ma le flotte che ospita sono molte – dice Valeria – ma purtroppo non c’è ancora una politica di bacino comune”. All’unitarietà geografica dell’Adriatico fa da contraltare l’eterogeneità delle condizioni ecologiche. Così le coste dell’Emilia-Romagna sono aree di nursery, dove cioè gli animali vengono per riprodursi, partorire ed allevare i propri piccoli data la ricchezza di nutrienti portati dal Po. Per esempio l’Alto Adriatico è una delle poche zone al mondo conosciute come nursery dello squalo azzurro, noto anche come verdesca. Le acque delle coste orientali sono invece zone più frequentate dagli adulti. Impossibile quindi realizzare interventi efficaci di protezione senza l’adozione di una politica comune tra tutti gli stati.

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