Tre amici e la quercia palustre che cresce nel parco Marecchia

Tre amici e la quercia palustre che cresce nel parco Marecchia

“Tutto inizia in una mattinata di primavera del 2012, quando, ai piedi della maestosa quercia palustre del mio giardino di casa a Rimini..."

Tutto nasce dal minuscolo germoglio radicale di una ghianda e dalla passione per la botanica (ereditata dal nonno materno) di un medico riminese e due suoi amici. Per motivi di riservatezza e per evitare il rischio (oggi non c’è da meravigliarsi di nulla) di essere accusati di “piantumazione indebita” (naturalmente scherziamo), i tre preferiscono mantenere l’anonimato.

Abbiamo incontrato l’attore della vicenda che stiamo per raccontare. Colui che da una piccola ghianda trovata in giardino, insieme con i due amici ha allevato una “quercus palustris”: per noi profani, quercia palustre. Da un blog aperto all’uopo (qui si potrebbe configurare un’apologia di reato: “incitamento alla piantumazione”), leggiamo e riportiamo le testuali parole del medico: “Tutto inizia in una mattinata di primavera del 2012, quando, ai piedi della maestosa quercia palustre del mio giardino di casa a Rimini, noto una ghianda con un accenno di germoglio radicale. Con delicatezza e con l’aiuto di un palettino, asporto una piccola zolla sufficiente a preservare il delicato equilibrio di attecchimento in corso. […] Dopo aver valutato con calma il possibile sito di dimora al parco Marecchia, nella primavera del 2015, insieme con “X” e con “Y” la si piantuma e le si pone a protezione una piccola recinzione circolare in rete di fil di ferro plastificato ancorata a tre paletti di alluminio”.

Nel corso della prima estate di ambientamento nel parco, la pianta viene innaffiata abbondantemente perché questo tipo di quercia predilige terreni umidi e ben drenati. Si effettua anche lo sfalcio periodico dell’erba che nasce attorno all’esile tronco per permettere una migliore circolazione d’aria e dare luce sufficiente. Questo, per una crescita ottimale.

Tutto pare procedere per il meglio, ma a un certo punto, come si legge sul blog, “Il recinto di protezione viene sostituito con uno molto più alto nella primavera del 2019, dopo che diversi rami della pianta erano stati spezzati da una pallonata accidentale di qualcuno. La ripresa vegetativa della pianta è, forse anche grazie ad una primavera con abbondanti precipitazioni, inaspettatamente vigorosa. Il resto è storia dei nostri giorni”.

La storia è bella e merita di essere riportata. E “Nobile è il rispetto e l’attenzione” tiene a precisare il medico, “che, fin da subito e negli anni, gli operatori del verde pubblico (che periodicamente intervengono nel parco con grandi macchinari per lo sfalcio dell’erba) hanno spontaneamente riservato alla tenera piantina”. Del resto, il dottore sa meglio di noi quanto sia importante avere gli alberi come ottimi alleati contro l’inquinamento, il riscaldamento del pianeta e l’accoglienza di tanti animali tra le loro fronde. Giusto ieri, il professor Antonio Brandi, vice-presidente del WWF locale, ci ha girato un articolo che i ricercatori del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) hanno dovuto pubblicare in risposta ad un servizio del TG1. Gli studiosi hanno definito il reportage “un messaggio incompleto, fuorviante e dannoso dal punto di vista ambientale, sociale, sanitario ed economico”. In un passo della rettifica, se ancora ce ne fosse bisogno, hanno ribadito che: “gli alberi non solo assorbono la CO2 atmosferica, ma anche gli inquinati gassosi e le famose polveri sottili così dannose per la salute umana, oltre che ridurre la temperatura sia per ombreggiamento che per evapotraspirazione producendo un indubbio comfort termico”. Per crescere alberi capaci di convertire grosse quantità di CO2, a volte servono decenni. Al contrario, per abbatterli sono sufficienti pochi minuti. Quindi, piantatela di tagliarli. Anzi, fate come i tre amici: piantateli!

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