Turismo in Riviera: cronaca di una morte annunciata (se non si cambia strada sul serio e di corsa)

Turismo in Riviera: cronaca di una morte annunciata (se non si cambia strada sul serio e di corsa)

Non saranno le “faraoniche” ristrutturazioni, le nuove idee architettoniche, trenini, teatri e tutto quello che si sarebbe dovuto fare qui 40 anni fa a risolvere il problema. Troppo tardi. Non saranno le “baracche” discotecare sul molo o col cappellino rosa a ridare fiato al turismo. Quelle non sono esperienze ma semplicemente gli avanzi andati a male del divertimentificio. E’ ora di rispolverare la vecchia cara nostra cultura e tutto quello che le va dietro.

La questione dei flussi turistici in Romagna è come la polvere che si spazza sotto il tappeto per non volerla vedere.
La domanda è: tu verresti in vacanza in Romagna? Perché?
La questione turistica è paragonabile a quella del “divertimentificio” degli anni passati che tanta fortuna portò su tutta la Riviera; tutti sentivano puzza di cadavere, ma hanno voluto tenerlo in piedi fino allo sfacelo. E infatti si è disintegrato.
Il “divertimentificio” non c’è più, si è nel frattempo trasformato e si è spostato dove hanno capito cosa vuole la gente, come sono cambiate le abitudini, le tendenze e quanto i vari pubblici desiderano spendere in rapporto a quello che ricevono.
L’offerta turistica “standard” che vediamo proporre in Riviera sta seguendo la stessa sorte del vecchio e cadaverico “divertimentificio”.
E’ chiaro che è più facile vendere una camera e un ombrellone piuttosto che una “esperienza”.
Ma qui ci si ostina a continuare a vendere la camera e l’ombrellone, senza farsi una ragione che la gente vuole una esperienza.
E’ sicuramente utile aggiornare le strutture, ma non sono queste che rimangono nella testa della gente quando la vacanza finisce. La gente va a casa e si ricorda le esperienze, non le camere e gli ombrelloni.
Permettetemi di notare – da persona che ha fatto della comunicazione il suo mestiere – che le esperienze qui nessuno le sa inventare, vendere né raccontare. Siamo a zero.

Se non si cambia subito direzione, se non si comprende qual è l’approccio sociologico attuale della gente alla vacanza, cosa vuole sentirsi dire per convincersi, cosa desidera vivere, quali esperienze potrà fare, quali emozioni potrà portarsi a casa, quali proposte economiche vorrà valutare in rapporto all’offerta, il gioco finirà.
Personalmente lo vedo già finito, morto e sepolto. Quel che vediamo è la polvere; quel che mangiamo, le briciole.

Riferendomi in particolare a Rimini, se non si comprende ad esempio che è inammissibile che un turista possa passeggiare per tre chilometri sul viale principale, vedendo da un certo punto in poi solo negozietti pseudo asiatici, pieni di cianfrusaglie di ogni genere e rischiando a volte addirittura la propria sicurezza, è chiaro che non abbiamo nemmeno le condizioni fondamentali. Per vedere di cosa parlo e dove sta la differenza, basta spostarsi 100 Km più a nord: Jesolo e Lignano sono un esempio illuminante.

E non saranno le “faraoniche” ristrutturazioni, le nuove idee architettoniche, trenini, teatri e tutto quello che si sarebbe dovuto fare qui 40 anni fa a risolvere il problema. Troppo tardi.
Il trenino serviva (forse) negli anni 80, il depuratore anche e assolutamente, il teatro e tutto il resto pure. E l’aeroporto? Stendiamo un velo pietoso.
Non saranno le festicciole piene di bancarelle e vuote di contenuti, non saranno le “baracche” discotecare sul molo o col cappellino rosa a ridare fiato al turismo. Quelle non sono esperienze ma semplicemente gli avanzi andati a male di quel divertimentificio e quella “Rimini Rimini” o “Riviera da bere” che non c’è più.
E’ ora di rispolverare la vecchia cara nostra CULTURA e tutto quello che le va dietro.
La soluzione c’è ma non è a portata di mano, perché si scontra con una mentalità profondamente sotto acculturata.

A vincere non sarà il gioco al ribasso, la ristrutturazione di una camera e le opere in disastroso ritardo, ma la vendita di emozioni, di cose da fare, di mondi da illudersi di scoprire, di percorsi alternativi, di odori e di sapori, di gente di nuovo e sinceramente cordiale ed ospitale, di riscoperta delle radici più profonde, quelle di un territorio straordinario che ha ancora tanto da dare e che nessuno ha l’accortezza, la determinazione e, temo, la capacità di rivalutare come merita.
Ma per vedere lucidamente tutto questo bisogna togliersi di corsa dagli occhi le fette di salame.

Un saluto a tutti

Roberto Vecchi

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