Un magistrato a Palazzo Garampi? Di certo nel Pd si lavora al dopo Gnassi

Un magistrato a Palazzo Garampi? Di certo nel Pd si lavora al dopo Gnassi

Gnassi non lo deve sapere, non lo deve sapere non lo deve sapere... Per ora. Giuni Russo voleva andare ad Alghero in compagnia di uno straniero. Nel P

Gnassi non lo deve sapere, non lo deve sapere non lo deve sapere… Per ora. Giuni Russo voleva andare ad Alghero in compagnia di uno straniero. Nel Pd di Rimini vogliono un papa straniero per Palazzo Garampi. Il terremoto arriverà all’ora giusta. Questa è la fase di #andreastaisereno.
Il sindaco era felice qualche giorno fa mentre si faceva benedire da Matteo Renzi, utilizzato anche come scudo politico verso i nemici che nel Pd riminese vedono già Andrea Gnassi con la valigia di cartone in mano. Se arriverà il rinvio a giudizio, lui non vorrà farsi da parte e allora si appellerà al premier segretario per barricarsi in Comune e cercare in ogni modo di resistere al provvedimento della procura di Rimini sull’affaire aeroporto, dato ormai per scontato, e prepararsi ad un altro giro di giostra. Un film ancora tutto da vedere ma come disse lo scorso aprile Maurizio Melucci a Rimini 2.0 “io mi auguro davvero che non ci sia il rinvio a giudizio e si chiarisca tutto per il meglio, ma nel caso del rinvio a giudizio è inevitabile che la politica dovrà fare una riflessione. E poi rinvio a giudizio su cosa? Non è un dettaglio nemmeno questo. La vicenda Aeradria non è a tasso di influenza zero”. Andrea, aggiunse Melucci, “al netto del rinvio a giudizio è il candidato naturale perché i sindaci devono fare due legislature e lui può vincere senza problemi a Rimini”. Pur con tutte le cautele che il politico di lungo corso sa maneggiare con cura, il risultato finale è un bel suppostone.
Nel frattempo nel Pd non sono rimasti con le mani in mano. L’azione amministrativa di Gnassi all’interno del partito è guardata da qualcuno con interesse a da altri come fumo negli occhi. Il suo continuo rimarcare la svolta epocale, un prima (disastroso) e un dopo (da magnifiche sorti e progressive), alcune scelte mai digerite (il blocco dell’edilizia che ha fatto ricadere sulle imprese del settore una crisi mai vista prima, la rottura con gli ambulanti, la costosa trovata trash dei “saluti da Rimini” che ha sollevato la protesta delle donne del Pd, il progetto del parco del mare che viene giudicato solo uno spot, una visione della città modello luna park ed altro ancora), hanno scavato un solco con la parte, quella “storica” e più radicata, del partito.
Il tema da mesi non è se tenersi o meno Gnassi ma con chi sostituirlo. Il nome che è circolato da subito è stato quello di Emma Petitti, che però nel ruolo odierno di assessore regionale potrebbe candidarsi contro Gnassi solo a condizione di una rottura pesante, anzitutto col governatore Bonaccini, col quale invece il sindaco ha intessuto ottime relazioni e, in ogni caso, Rimini ha bisogno di non averlo contro. Papabile è anche Tiziano Arlotti, che però potrebbe rientrare a Rimini interrompendo una esperienza parlamentare alla quale tiene parecchio solo come ultima spiaggia, qualora la spaccatura nel partito dovesse diventare insanabile con il conseguente rischio di perdere le elezioni e, dicono dall’interno, se fosse Renzi in persona a chiederglielo. E’ così maturata la pista del papa straniero.
Circola il nome di un magistrato legato a doppio filo con Rimini, anche se attualmente in servizio in un’altra città, una personalità di assoluto prestigio, indiscutibilmente vincente e di fronte alla quale nel Pd chiunque farebbe fatica ad opporsi. Questa è infatti la preoccupazione che muove coloro che stanno prefigurando l’opzione togata: proporre un candidato di tale caratura da renderlo praticamente inscalfibile. In Italia non sarebbe di certo la prima volta che una toga decide di scendere nell’arena politica. Ma per Rimini si tratterebbe di una carta mai giocata, che avrebbe dalla sua anche un effetto novità fortemente catalizzatore verso ambienti politici attualmente in allontanamento al Pd: da una parte la sinistra che è entrata in rotta di collisione (con l’esito delle dimissioni di Sara Visintin) e dall’altra un mondo “cattodem” scontento per metodi e qualche contenuto (registro unioni civili e acceleratore pigiato sugli eventi da sballo) della conduzione Gnassi. Una carta, quella del papa straniero, che costringerebbe anche il centrodestra ad unire le forze e, almeno per una volta, a fare di tutto per far scendere in campo un catalizzatore all’altezza della sfida. A deporre a sfavore dell’uomo di legge  c’è il recente annuncio del vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, il quale ha spiegato che si sta pensando ad una stretta per i magistrati che entrano in politica, sostanzialmente “non consentendo a chi ha scelto di fare politica di tornare indietro”. Non è certo, quindi, chi sarà a sbarrare la strada a Gnassi. E’ invece una certezza che contro la sua riconferma sono già al lavoro dentro al Pd. (c.m.)

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