Un po’ di Erbetta nell’arso moralismo sul gioco d’azzardo

Un po’ di Erbetta nell’arso moralismo sul gioco d’azzardo

L'unico a chiamarsi fuori dall'unanime ordine del giorno è stato il consigliere di Patto civico per Gnassi, Mario Erbetta. Parliamone.

Un ordine del giorno contro il gioco d’azzardo è stato approvato dal consiglio comunale di Rimini con 23 voti a favore e una astensione. A chiamarsi rumorosamente fuori è stato il consigliere di Patto civico per Gnassi, Mario Erbetta. Sorvolando sulla motivazione principe evocata da quest’ultimo per non partecipare al coro (“sono contro lo stato etico che impone i modelli limitando la libertà dei cittadini, tanto caro ai dirigenti del Pd”, col quale ha deciso però di allearsi per governare questa città, che in fatto di dirigismo statalista fa scuola, si pensi solo al Comune “imprenditore” di eventi), Erbetta ha avuto il merito di mettere in mutande il moralizzatore collettivo che pontifica ormai su tutto. Ci è andato a nozze il capogruppo della Lega Marzio Pecci, che ha subito infilzato le divisioni in capo ad una “maggioranza voluta solo per calcolo elettorale”. E, ha rincarato il salviniano romagnolo, “andando avanti in questo modo ne vedremo delle belle!” Ma è un’altra, seppure importante, questione.
Il contrasto per mano amministrativa contro il gioco d’azzardo, Erbetta l’ha definito “miope e demagogico”, ha messo in luce i flop del proibizionismo, ha ricordato la fuffa di chi si propone di eliminare le slot vicino alle scuole ai tempi di telefonini e computer dai quali si può giocare ovunque. Erbetta ne fa però una questione turistica: “Noi siamo Rimini, una capitale turistica e ci dobbiamo confrontare con le politiche degli altri centri turistici europei. Sennò i turisti andranno dove potranno divertirsi, in Spagna, in Croazia, in Grecia, in Slovenia e perfino in Albania”. Che è un po’ rimpiazzare il moralismo con una banalità. Sono ben altri i motivi per i quali i turisti preferiscono altre mete. Ma Erbetta ha anche aggiunto che “la parola magica è educazione alla libertà e non privazione della stessa con divieti inutili ed inefficaci”. Non è un ragionamento balzano.
Se Rimini nel 2015 ha speso 593.356.269 euro in gioco d’azzardo, escluso l’online, diventando la prima provincia della Regione per spesa pro capite (posto che il turismo influenza sicuramente il dato, e non “probabilmente”, come sta scritto nell’ordine del giorno, e il turismo non va portato come prova a discolpa solo quando si parla di classifiche sulla sicurezza), il rimedio sta nel “diffondere e promuovere la cultura della legalità e dell’utilizzo responsabile del denaro”, come vorrebbe l’ordine del giorno?
“Fatevene una fottuta ragione. E’ un periodo storico triste”, bisogna invece dire con Clint Eastwood, che così ha parlato della generazione annoiata, pigra e dei divieti politicamente corretti, che è la nostra.
Che danni fa l’alcolismo? Vogliamo allora “incentivare” – seguendo il modello del marchio “Slot free” – una Rimini senza alcol? Che fine farebbero i bar, dove pure si tracanna non poco? Che danni fa il gratta e… (non vinci quasi mai ma spesso ti sveni)? Che danni fa la dipendenza da videogiochi (senza bisogno di scomodare Pokémon Go, che comunque ha già fatto dei morti investiti mentre cercavano di catturare Pikachu in mezzo al traffico)? Quanti divieti bisognerà introdurre, fino al divieto di vivere per non farsi del male?
Se di etica si tratta, bisogna ammettere che una società libera è quella società nella quale l’etica preesiste allo stato e al “pubblico” in genere, perché l’etica di stato appartiene alle dittature.
Forse invece si sta solo giocando con meccanismi emotivi, validi esclusivamente per affibbiarsi una “etichetta” di buona amministrazione.
E siccome anche la chiesa nei sermoni sangaudenziani dedica particolare attenzione al gioco d’azzardo, va detto che l’uomo è dipendenza, sbattuto qua e la da un desiderio infinito. Se il desiderio è malato, la soluzione non sta nel vietare tutti gli appigli fasulli ai quali s’avvinghia. Sta invece, forse, nella educazione alla libertà. Ad una relazione positiva con la realtà e le persone. Vaste programme, certo. Che non spetta a delibere, ordini del giorno e ordinanze.

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