Quando nel riminese il Pd perdeva i Comuni uno dopo l'altro, dentro il partito si chiedevano le dimissioni del segretario. Ora Giannini se la cava con un post pilatesco. Ma Juri Magrini, bastonato e inascoltato durante il suo mandato, riprende la parola. Per ricordare tremende profezie.
Il “povero” Juri Magrini l’hanno messo in croce più volte. Quando le varie amministrazioni, a partire da Riccione, sono passate al centrodestra, il riflesso condizionato all’interno del partito era quello di chiedere le dimissioni del segretario provinciale. Adesso che il progetto Civico & Pd, che sta anche alla base della giunta Gnassi, ottiene la batosta a tutti nota, e quindici comuni (come sottolinea la Lega) dopo il voto di domenica sono potenzialmente in mano al centrodestra, va tutto bene? Matteo Renzi ha annunciato l’addio (seppure ancora solo programmato) mentre il segretario provinciale del Pd Stefano Giannini se la cava con un post asettico e per ora nessuno pubblicamente ha messo in discussione le candidature e la tattica uscite polverizzate dalle urne. “Il risultato è evidentemente deludente per il centro sinistra. È stato punito chi ha governato questi anni in un quadro complicato”, ha scritto Giannini sulla sua pagina Facebook, a Rimini “il centro sinistra non avrà un parlamentare; spiace per Tiziano Arlotti e Sergio Pizzolante, che sono stati ottimi deputati”. E ti pare poco non avere un parlamentare? Saluti e baci: “Ringrazio tutti i militanti del Partito Democratico per l’impegno e la passione profusa in queste settimane, che non è certo mancata”. Non è un bilancio un po’ banale e parziale?
Juri Magrini però riprende vita (politica) e oggi posta un commentino che sembra impolverato ma in realtà è uno spillo che s’infila nelle carni un po’ addormentate dei suoi colleghi di partito dalla memoria corta. Ha scritto poco fa: “Dopo la conferenza stampa del Segretario Renzi di ieri pomeriggio, non so perché mi sono tornate alla mente le parole che dissi lo scorso anno dopo le elezioni comunali”. Chissà perché. E cosa disse lo scorso anno dopo che Renata Tosi riconquistò il Comune di Riccione?
“E’ necessario fare una riflessione da Rimini ma soprattutto partendo da Roma. Questo non si può considerare solo un voto sulle amministrative o sui singoli candidati perché praticamente abbiamo perso ovunque. I cittadini non ci votano, si è rotto qualcosa. Questo è un problema che va affrontato con onestà. Se non affrontiamo la situazione credo che andremo incontro ad una sconfitta anche alle politiche. Con l’ambizione di voler rappresentare tutti, non rappresentiamo più nessuno e siamo percepiti solo come il partito del potere e in momenti come questo, di grande difficoltà, la gente non ci vota. Non siamo motore di speranza ma siamo visti come il problema. Chi ha fatto campagna elettorale, chi ha fatto il porta a porta, sa di cosa parlo.” Profeta, di sventura dirà qualcuno, ma profeta.
Lo stesso Tiziano Arlotti, dopo la sconfitta di Riccione, parlò di “un Pd in evidente difficoltà, in linea peraltro con quanto sta accadendo a livello nazionale. Abbiamo perso Riccione, Morciano e Coriano e, se si conta la tornata amministrativa del 2016, non siamo andati meglio a Cattolica, Pennabilli e Novafeltria. Le uniche eccezioni sono state Rimini, ed è una grande eccezione evidentemente, e Montescudo Montecolombo”. Niente polemiche e nessuna ricerca di capri espiatori, però, disse Arlotti, ma “aprire una fase di analisi a 360 gradi, sincera, senza ipocrisie, anche cruda se è necessario”. Se è vero che “nel Pd sia vittoria sia sconfitta hanno padri e madri”, come sentenziò all’epoca Arlotti, chi sono i genitori della debacle elettorale del 4 marzo a Rimini? Perché è vero che il Pd è stato travolto ovunque, ma ci sono state realtà, anche in questa regione, che sono andate diversamente rispetto al “cappotto” di Rimini.
Merita di essere ricordata anche un’altra analisi di Juri Magrini. La esternò nella direzione provinciale del Pd nell’estate dello scorso anno, a bilancio del magro bottino elettorale, a proposito del rapporto con patto civico: “Cos’è Patto civico? Una forza politica? A guardare tutti i politici navigati, di mestiere, pezzi di centro destra che lo compongono e che usano quel simbolo per fare il salto da destra a sinistra? Sembrerebbe di si. Oppure è apertura al civismo? Alla società? Se il PD pensa di risolvere il rapporto dell’apertura al civismo solo con questo contenitore, credo noi si stia facendo un grosso errore perché parte di quell’elettorato moderato che ha sempre ha votato a destra e Berlusconi, appena quel campo sarà riorganizzato tornerà naturalmente all’ovile. Allora credo che dobbiamo aprirci veramente a quel mondo che si nasconde nell’astensionismo”. Ma su Rimini non si erano ancora addensati i nuvoloni che domenica hanno fatto piovere fulmini e tempesta e le parole di Magrini vennero accolte con una alzata di spalle. Però lui aveva profetizzato: “Il rischio che il PD imploda è concreto”. Detto fatto.
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