La telenovela Anfiteatro-CEIS dura ormai da 80 anni e il dibattito odierno può e deve dare una soluzione all'incompatibile coesistenza delle due realtà nello stesso luogo
Lo svolgimento della 4A Commissione Consiliare cultura avente per tema la relazione storico archeologica riguardante l’Anfiteatro romano, nonostante le apodittiche prese di posizione sull’argomento assunte dall’Amministrazione cittadina, ha invece promosso un serio dibattito sul caso evidenziando che i cittadini riminesi desiderano e pretendono una soluzione altamente rispettosa delle due realtà che si sovrappongono, stratigraficamente in quell’area, incompatibili alla coesistenza. E’ un compito che spetta alla politica, a chi amministra la città e che misura le proprie capacità nel risolvere situazioni, specie per quelle complicate, fino al punto che in caso contrario ammette le proprie inadeguatezze ad esercitare il ruolo che ha proposto alla cittadinanza e all’incarico che per questo ha ricevuto.
Fatta questa doverosa ma sostanziale premessa, Rimini non ha mai inventato nulla, se non nel periodo in cui era parte dell’impero romano e nel rinascimento, né tantomeno da lì in poi e specie nel fenomeno della telenovela nata in Brasile, con la prima trasmissione televisiva che è iniziata nel 1951 su TV Tupi. Cosa c’entra questo fenomeno? Lo vedremo in seguito.
Siccome non ci si deve ossessivamente fare mancare nulla, tra le altre cose, ne ha prodotto una (telenovela) che riguarda la questione CEIS – Anfiteatro. È notizia odierna che il Comune di Rimini ha disposto l’annullamento parziale dell’ordinanza di demolizione riguardante alcune strutture del CEIS. Un bell’annuncio che ci rassicura, nonostante il carattere di provvisorietà mai ottemperata di occupazione dell’area, i vincoli archeologici, i piani urbanistici e tutti i progetti di spostamento di quella meritoria attività didattica in altre più consone, funzionali, ed opportune sedi poste in atto dalle amministrazioni comunali del medesimo colore politico di quella attuale dal dopoguerra ad oggi.
Le telenovelas hanno mediamente una durata di circa da uno a due anni caratterizzate da circa 100 episodi, così si dice, includono colpi di scena drammatici e una conclusione positiva per i protagonisti, con la risoluzione dei conflitti. In questo caso si sta rappresentando il meglio, un superamento degli schemi del copione classico che rende veramente Rimini come punto di avanguardia e innovazione di quel modello, con il superamento degli stessi suoi modelli classici, dato che quella locale (CEIS – Anfiteatro) si protrae da oltre circa 80 anni; un record quindi, da non doversene però vantare. Vi è inoltre da argomentare sulla conclusione, che varia a seconda del finale che ci si auspica. Grande innovazione questa, in un panorama cittadino piuttosto statico e palesemente regressivo.
A questo punto, tanto per vivacizzare il siparietto che – ahinoi – ci tocca, sarebbe opportuno dare un impulso al caso, magari rinnovando i colpi di scena, riuscendo a capire cosa non torna in questa intricata vicenda. Sarebbe opportuno quindi indagare se la costruzione dell’Anfiteatro fosse stata attinente ad un’opera abusiva, ossia priva di titolo edificatorio, se fosse in assenza di idoneità sismica, o se non avesse tutte le caratteristiche proprie e necessarie per l’esercizio di spettacoli riconducibili al suo fine.
Beh in caso negativo, ossia di mancate autorizzazioni, si potrebbe giustificare un’ordinanza di demolizione del monumento anche in quelle parti oggi visibili e maltenute, con la giustificazione che tutto ciò che vige al di sopra di esso debba rimanere nonostante le presunte criticità riscontrate. E magari in quell’area resa libera costruire un’altra meravigliosa opera della tecnologia moderna per ricaricare i mezzi pubblici odierni, da fare il paio con quella di recente realizzata al posto di un distributore di carburanti soppresso in passato proprio per valorizzare quel sito.
Siamo perfettamente coscienti che questa ironica narrazione sia tale ma, considerando le inesistenti azioni delle – specie – ultime recenti Amministrazioni cittadine, potrebbe essere l’unica giustificazione da accampare per giustificare le inerzie, le incapacità e le altre inconsistenti e fantasiose azioni messe in campo, allo scopo di continuare a negare ai riminesi ed alla storia ed al Paese un monumento così importante.
Illuminati amministratori del recente passato ci hanno consegnato il messaggio, ereditario e sempre attuale, che la storia di Rimini inizia dal regista Fellini in poi, quindi appare ovvia una domanda: dopo avere umiliato Castel Sismondo, la piazza circostante ed il Palazzo del podestà, cosa possiamo aspettarci a proposito dell’altro “incomodo” costituito dall’Anfiteatro? In giro per la città sono presenti arrugginiti e a volte mal messi totem che narrano di una Rimini “Città d’Arte”; ma che la parola “Arte” sia l’abbreviativo di Arte … fatto? Perché pur dallo stesso originario origine, le due parole differiscono sostanzialmente nel contenuto.


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