Bruno Militi e la scultura della balena di San Giuliano

Bruno Militi e la scultura della balena di San Giuliano

Si è soliti leggere che la “Fontana della Balena” alla Barafonda sia figlia del genio artistico di Elio Morri. Una testimonianza, e una lettera, suggeriscono di rivedere, almeno in parte, questa attribuzione. Ci sarebbe invece la mano di un creatore di emozioni purtroppo poco noto ai riminesi, con la passione per il volo, che Enzo Ferrari avrebbe voluto a Maranello. Venuto a mancare il 18 agosto dello scorso anno.

Ci sono persone che trascorrono la loro esistenza inseguendo un sogno. Talvolta, più di uno. Alcune di queste, alla fine li intercetta, mentre altri e sono la maggioranza, vagano con il naso all’insù per tutta la vita e chissà perché, fiutano quello sbagliato o quello che non raggiungeranno mai. Poi ci sono uomini formidabili che i sogni se li inventano e sanno plasmarli così bene da farli diventare realtà. Uno di questi è stato Bruno Militi, persona dalla curiosità insaziabile e dall’attività vorticosa impressa con forza in tutte le sfide intraprese: il tipo che se avesse potuto, avrebbe aiutato la levatrice a far nascere sé stesso.

Bruno Militi

È questa l’idea che mi sono fatto dopo avere conosciuto e ascoltato il figlio Leonardo e Ferdinando Migani (di qui in avanti, per brevità lo chiamerò Nando), l’amico del cuore, complice e testimone di tante avventure. Non a caso, anche Nando è una persona non comune. Con mani sapienti fa diventare il legno un velluto sonoro. Insieme con i fratelli Pierluigi (maestro liutaio come Nando) e Tarcisio (profondo conoscitore di resine e vernici) ha saputo e tuttora eccelle nel selettivo mondo della liuteria. Un trio ben intonato, degno del padre Carlo Callisto (1913 – 1978), valente organista.

Ferdinando Migani

Nando e i fratelli, grazie alla loro arte, ottengono riconoscimenti internazionali, ma soprattutto la stima di musicisti ed esperti del settore. Ma ora vengo alla “balena”. Tutto accade lo scorso anno, più o meno tra gli ultimi refoli caldi concessi da un generoso settembre e l’umidore della prima decade di ottobre.

Ho da poco fotografato (per l’ennesima volta) la “Fontana della Balena” nell’omonima piazzetta di San Giuliano. Il rame sbalzato con cui è stata creata l’opera, rievoca un doloroso episodio: quello del capodoglio arenatosi davanti alla spiaggia della “Barafonda”, nella buia notte di un ancor più cupo 1943. Al termine di quella giornata, qualcuno racconta che a causa della proditoria esecuzione del povero animale, avvenuta a colpi di mitraglia, lo specchio di mare tra il deviatore del Marecchia e il molo, si tinse di rosso. Il sangue e la vergogna emisero vampe dello stesso colore.

La scultura, rappresentazione onirica della balena ora è incrostata di calcare. Ciclicamente, vado a scattare foto per tentare di muovere a pietà chi dovrebbe provvedere al “detartraggio”. Finora, tutto tace.

La balena non sbuffa e non protesta. Si limita a zampillare acqua. E il calcare è lasciato dove sta. Dal canto mio, mi ostino a fotografare l’avanzamento dei non “lavori”. Ebbene, durante l’ultima incursione, mi accorgo che oltre a quello dello scultore Elio Morri (1913 – 1992) a cui è attribuita l’opera, c’è un secondo cartiglio, addirittura più grande che non avevo mai notato. Vi si legge “B. Militi”.

Appena torno a casa mi fiondo davanti al computer. Voglio sapere chi sia l’ignoto (almeno per me) firmatario. A posteriori, devo confessare tutta la mia ignoranza e il rammarico di non avere mai saputo della sua esistenza. O meglio, di non avere mai associato alcune opere come questa della balena o i deliziosi putti “eolici” della rotonda di via Coletti con l’artista che li ha realizzati.

Comunque sia, cercando, sballottato tra le innumerevoli pieghe del web, mi imbatto in un filmato, progettato come scoprirò più tardi, da Leonardo, figlio minore di Bruno e di Elsa e fratello di Raffaella. Il video è una sorta di compèndio delle innumerevoli imprese aviatorie di Militi. La maggior parte delle immagini (amatoriali) risale agli anni ’70/’80, la qualità è quindi relativa al periodo. Vengo rapito dal personaggio. Voglio conoscerlo. Dopo una breve ricerca, riesco a parlare al telefono con il figlio Leonardo. Mi dice che il genitore è venuto a mancare un paio di mesi prima: il 18 di agosto. Quando Leonardo gentilmente mi accoglie in casa sua, mi mostra con comprensibile orgoglio, misto a rimpianto, un’infinità di materiale relativo al padre. Insieme con Nando Migani è riuscito a salvare e catalogare disegni, schizzi, progetti, poesie, prototipi, modellini, attestati… insomma, la vita, il lavoro e l’insonnia dell’incontenibile babbo. Da quel giorno ho incontrato varie volte sia il figlio che Nando, l’amico che con Bruno ha condiviso gran parte delle proprie ore libere e intere domeniche, chiusi nella casa – laboratorio di quest’ultimo, in viale Minguzzi a Viserbella o in quella di via Roma a Rimini.
Capita che l’anno in cui si nasce coincida con episodi che poi si riverberano nel proprio futuro. L’impresa aviatoria più rilevante del primo scorcio del ventesimo secolo è la trasvolata dall’Atlantico di Charles Lindbergh, l’audace venticinquenne che chiameranno “aquila solitaria”. La rocambolesca impresa partita da New York il 20 maggio del 1927 si conclude felicemente 33 ore e mezzo dopo, quando le ruote dello “Spirit of St. Louis” rotolano stridendo sulla pista dell’aeroporto parigino “Le Bourget”.

Nello stesso anno, nasce il riminese Bruno Militi. Qualche particella delle nubi sforacchiate dall’aereo di Lindberg forse è andata a posarsi sulla culla del piccolo Bruno. La seducente polverina magica della passione per il volo non lo ha mai più abbandonato. Di Militi e dei suoi cimenti con ogni sorta di materiale, delle mille creature d’arte cui ha dato vita, dell’amicizia con Dino e con Enzo Ferrari che lo avrebbe voluto a Maranello, delle sorprendenti invenzioni e realizzazioni hanno scritto e pubblicato molti giornali locali e nazionali, si trova ampia documentazione in internet. Su YouTube ci sono diversi filmati dei suoi voli. Demando alla sintetica descrizione a complemento dei filmati che trovate su YT digitando il suo nome e cognome, il profilo di colui che per volontà di volare è stato capace (con limitati mezzi economici) di costruirsi da solo, nel giardino di casa, le ali per spiccare il volo. Come un Icaro, ma vincente, del XX secolo.

Bruno Militi

In questa occasione vorrei concentrarmi unicamente su un particolare della sua attività, noto solo a pochi, che merita di essere riferito. Ne sono venuto a conoscenza in uno degli incontri avuti con Nando Migani. Al profilo di Nando come abile liutaio, va aggiunto un interesse che gli fa conoscere il mentore che diventerà l’amico con cui condividere la passione per il volo. Ma da un punto di vista differente da quello per cui Bruno Militi diventerà popolare. Per non farsi mancare nulla che possa librarsi in aria, Militi tiene corsi di aeromodellismo. Migani si iscrive. I due, in breve diventano molto amici. Si frequentano e spesso si consigliano a vicenda soluzioni tecniche legate alle rispettive occupazioni.

Il modellino della balena

Ecco perché Nando, parlandomi della “balena della Barafonda”, mi svela un particolare affatto trascurabile sulla scultura: il cartiglio con firma B.Militi che aveva attirato la mia curiosità. Il liutaio mi racconta che nel 2004 ha dichiarato per iscritto di avere assistito alla costruzione della scultura. Una prova testimoniale che Militi, a chi di dovere, avrà portato a suffragio di quanto sempre affermato e che gli è valsa la possibilità di poterla finalmente firmare.

La fotocopia della lettera che mi hai mostrato a chi è stata inviata, all’epoca?
«A Bruno Militi che l’ha poi presentata a chi doveva decidere nel merito, immagino. Mi è stato chiesto e non ho avuto alcuna difficoltà a mettere per iscritto ciò che ho visto poiché ho seguito la realizzazione della scultura dal primo all’ultimo momento».

Che motivo c’era di puntualizzarlo?
«Bruno riteneva giusto che comparisse anche la propria firma. I due erano piuttosto “fumantini”, come si usa dire. Ho assistito a diversi battibecchi avvenuti nel laboratorio che allora era in via Roma».

Il disegno era forse di Elio Morri? Avevano lavorato in tandem?
«Dal primo schizzo all’ultimo colpo di martello, la scultura fu eseguita da Militi e dal fratello Alberto che lo aiutava in bottega. Avendo una delle mie attività poco distante da lì, ero tutti i giorni nel cortile di via Roma dove è nata la “balena”. Le ho visto prendere forma poco alla volta».

Però, alla fine è stata apposta anche la firma di Bruno…
«Probabilmente, grazie alla mia testimonianza e solo dopo una quarantina d’anni, purtroppo».

Sei stato un vero amico.
«Lo sono stato, a prescindere da questo episodio. Bruno mi manca molto… ».

“Nando” Migani

Oggi è da un anno esatto che il volo di Bruno si è interrotto. Mi fa piacere ricordare una persona che non ho mai conosciuto, ma che avrei voluto conoscere per ringraziarlo dell’entusiasmo, della caparbietà e della voglia di spendersi per raggiungere molti degli obiettivi che si era prefisso. La sua vita, per come mi è stata raccontata da chi lo conosceva bene, è stata un misto di studio, sudore e incazzature, delusioni, brevi singhiozzi di felicità, fatica e orgoglio di vedere finite e ammirate le proprie opere. Ma tutto ciò che ha fatto è stato possibile solo perché si è saputo sempre aggrappare al cordoncino bianco di quell’aquilone colorato: la fantasia.

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