Che botte in consiglio comunale!

Che botte in consiglio comunale!

Quando Accreman, Ceccaroni e compagni fecero ruzzolare dalle scale il missino Ricciotti.

Chi sostiene che i consiglieri comunali siano oggi troppo rancorosi e alcune sedute consiliari eccessivamente accese, non conosce la storia politica di Rimini.

Chi sostiene che i consiglieri comunali siano oggi troppo rancorosi e alcune sedute consiliari eccessivamente accese, non conosce la storia politica di Rimini. Andrea Gnassi e Gioenzo Renzi, Enrico Piccari e Luigi Camporesi, Gennaro Mauro e Marzio Pecci, sono delle mammolette al confronto di chi li ha preceduti su quei banchi.
15 giugno 1954. Nel Palazzo dell’Arengo si commemora Giacomo Matteotti a trent’anni dalla morte e i compagni non sono disposti ad accettare sgarbi sul loro protomartire. Nella minoranza, invece, e in particolare fra i missini, c’è chi la pensa diversamente. Il consigliere Gian Maria Ricciotti pretende che, quantomeno, al tributo alla memoria del politico rapito e ucciso da una squadraccia fascista, segua quello di Giovanni Gentile, che non ebbe fine migliore ma per mano dei partigiani. Apriti cielo! La maggioranza socialcomunista chiede a Ricciotti di abbandonare l’aula e le cronache riportano che quest’ultimo “rispose alle parole offensive della maggioranza con un gesto ingiurioso”. Mica si scherzava all’epoca. E così dalle parole si passò alle mani e addirittura a “successive colluttazioni” e Ricciotti ebbe la peggio: venne ferito e fatto ruzzolare per le scale, riportando la frattura del setto nasale (guarirà in 25 giorni). Il sindaco Ceccaroni (nella foto) e i diciassette consiglieri della maggioranza furono denunciati per attentato contro i diritti politici dei cittadini. Anche Veniero Accreman (da poco scomparso, e chissà se avrà riabbracciato l’amico Ricciotti) finisce sul banco degli imputati per lesioni procurate all’esponente del Msi. Che pure deve rispondere di offesa al prestigio del consiglio comunale “con parole di scherno seguite da gesti oltraggiosi”. La comitiva a processo era però più ampia: comprendeva anche il direttore dell’Unità, Davide Lajolo, imputato di diffamazione, per la pubblicazione di un pezzo al curaro del consigliere comunale Nicola Pagliarani che maltrattò ben bene, ma stavolta solo intingendo la penna nell’inchiostro, Gian Maria Ricciotti.
Cazzotti e piombo in pagina non portarono però alla rottura dei rapporti. Compagni e missini fecero pace, Ricciotti fu risarcito dei danni e ritirò la querela. Ma la giustizia aveva fatto il suo corso e arrivò in Corte d’Assise, che il 24 luglio 1954 assolse Ceccaroni e i diciannove consiglieri dal reato di attentato contro i diritti politici del cittadino. Salvi anche Accreman, Renato Fantini e Natale Muratori che dovevano rispondere di percosse, per estinzione del reato a seguito di remissione della querela. Idem per la diffamazione a mezzo stampa. Non punibile pure Ricciotti per l’oltraggio perché, disse la Corte nell’estate di 60 anni fa, reagì “ad atto arbitrario di un pubblico ufficiale”.

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