Colpo grosso della Fondazione Carim: 19 nuovi soci e fra questi c’è anche il rettore dell’Alma Mater

Colpo grosso della Fondazione Carim: 19 nuovi soci e fra questi c’è anche il rettore dell’Alma Mater

Il prof. Giovanni Molari entra nell'assemblea dell'ente di palazzo Buonadrata, istituzione che quest'anno festeggia il trentennale della sua nascita. Tanti i nomi di spicco, docenti, imprenditori, professionisti e rappresentanti del volontariato. L'ultima infornata di new entry risaliva al 2013, poi le frizioni bloccarono tutto. Il risultato è frutto del ritrovato clima di collaborazione e del lavoro di tessitura e capacità di mediazione che sono i tratti distintivi del presidente Mauro Ioli.

Dopo una lunga preparazione, che è passata attraverso la ricerca dell’accordo fra tutte le anime interne, la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini centra un obiettivo che si potrebbe definire storico: nella assemblea che si è riunita questo pomeriggio, sono stati nominati in un colpo solo diciannove nuovi soci. E la notizia che non passa inosservata è che fra questi, insieme a nomi riminesi di spicco, c’è anche quello del rettore dell’Alma Mater bolognese, il prof. Giovanni Molari (fra l’altro le origini della sua famiglia sono da far risalire alla Valmarecchia), eletto a fine dello scorso giugno e succeduto a Francesco Ubertini.
Perché storico? Anzitutto perché bisogna andare indietro di quasi un decennio per risalire al precedente ingresso di altrettanti diciannove soci ordinari. Accadde nell’estate del 2013 quando presidente era ancora Massimo Pasquinelli. Fecero allora ingresso a palazzo Buonadrata, fra gli altri, Linda Gemmani, che in seguito avrebbe anche ricoperto il ruolo di presidente, Stefano Pivato, Natalino Valentini, Alessandro Bracci, Richard Di Angelo, Matteo Guaitoli, Massimo Panozzo e altri dodici. Ma poi seguì una fase tempestosa e tutt’altro che segnata da concordia interna.
Ci sono poi altri due aspetti da sottolineare. Chi conosce la storia della Fondazione sa che le nomine richiedendo una maggioranza schiacciante, due terzi dei votanti, e dunque possono essere solo il frutto dei periodi di maggiore concordia fra le componenti che da tempo si confrontano, in passato anche molto vivacemente, soprattutto intorno ai destini di banca Carim, definitivamente incorporata in Credit Agricole nel settembre del 2018. I veti, i periodi nei quali sono prevalse le frizioni, hanno spesso bloccato l’arrivo di nuovi componenti nell’assemblea, che per statuto non possono superare il tetto massimo di cento. Nel 2013 si giunse a quota 91, ma nel frattempo si sono avute non poche perdite, stante l’età avanzata di diversi soci.
Il secondo elemento di valutazione è questo: se è vero che Luciano Chicchi era riuscito a portare a casa un risultato di tutto rispetto, potendo annoverare fra gli “acquisti” di spicco sia Antonio Paolucci che Stefano Zamagni, è la prima volta che un rettore entra in Fondazione. Va anche detto che Fondazione Carim è stata la prima in assoluto a credere nel polo riminese dell’Università, iniettando a lungo risorse ingenti in Uni.Rimini, a partire dai primi anni 90, e di cui è ancora un socio di peso, attualmente il secondo dopo il Comune di Rimini, con una quota del 13,50%. Si può tranquillamente sostenere che Rimini non avrebbe il suo Campus se non ci fosse stata la Fondazione.
Non è un caso che il risultato del corposo inserimento delle diciannove new entry sia stato raggiunto sotto la presidenza di Mauro Ioli, inaugurata nel luglio del 2020 (e che proseguirà fino al 2024), al quale vengono riconosciute doti di mediazione e diplomazia non indifferenti.
Le varie candidature, con relativo curriculum, dovevano pervenire entro il 18 gennaio, ma quel che conta è che sui nomi sia stata trovata la quadra in un clima di condivisione e affiatamento, lasciandosi alle spalle la stagione delle contrapposizioni.
Oltre al rettore dell’Università di Bologna, dalla assemblea odierna sono usciti incoronati Alessandro Annibali (New Factor), Gianfranco Campana, Giorgia Brugnettini (presidente di Volontarimini), Paola Benzi (attualmente presidente della Fondazione San Giuseppe per l’aiuto materno e infantile), Alessandro Catrani, Attilio Gardini, Enrica Cavalli (presidente della Banca Malatestiana), Michele Fesani, Francesca Mantellato, Luca Mariani, Maurizio Mussoni, Roberto Muccini, Massimo Tamburini, Alessia Valducci (presidente di Valpharma), Francesco Vasini, Maurizio Versari, Giovanni Carlo Federico Villa (Direttore di Palazzo Madama, Museo Civico d’Arte Antica di Torino e storico dell’arte, che lo scorso anno ha ricevuto dalla Fondazione il premio alla memoria di Enzo Pruccoli) e suor Mirella Ricci (Istituto Maestre Pie).
Se si considera che il numero dei soci era sceso a settanta, con i diciannove odierni si arriva a 89, e a questo si avvicina il traguardo, che potrebbe essere coronato nel giro di qualche anno.
Rimasta orfana della sua banca di riferimento, la Fondazione dispone ormai di una cassaforte assai ridotta, non potendo più contare sui dividendi che elargiva banca Carim. Per fare solo un esempio, le erogazioni a favore del territorio ammontavano a 4 milioni di euro nel 2005, appena 235.935 nel 2020.
Quest’anno la Fondazione celebra il suo trentennale, che l’atto di nascita risale al 1992 e fa seguito allo scorporo dell’attività bancaria, reso possibile dalla legge Amato del 1990. Come recita infatti lo statuto della Fondazione, «essa trae origine dalla Cassa di Risparmio di Rimini, fondata nel 1840 come associazione volontaria di cento privati cittadini, legalmente riconosciuta con rescritto pontificio del 5 agosto 1840 e con regio decreto 27 marzo 1861, dalla quale è stata scorporata l’attività bancaria con atto in data 13 luglio 1992, in attuazione dei disposti della legge 30 luglio 1990, n. 218 e del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356».
Il suo scopo resta chiaro, anche se reso più difficile da concretizzare senza più la ricchezza del tempo che fu:
«Nella continuità dello scopo originario la Fondazione persegue fini di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico mediante le iniziative ritenute più opportune, tendendo anche alla valorizzazione della identità e della tradizione culturale del territorio di riferimento, interpretandone le esigenze ed operando libera da ingerenze e condizionamenti che ne possano limitare l’autonomia».
Nonostante tutto la Fondazione sta mettendo a fuoco una serie di iniziative da tenere nel 2022, all’insegna della sua mission, che ha vissuto momenti di gloria assoluta con ripercussioni positive in particolare nell’arte e nella cultura, e che oggi cerca di guardare avanti puntando nuove e ambiziose mete.

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