Questa sera, 20 agosto, alle ore 21,15 in piazza Tre Martiri a Rimini, si tiene un momento pubblico di preghiera e testimonianza promosso dal Comitat
Questa sera, 20 agosto, alle ore 21,15 in piazza Tre Martiri a Rimini, si tiene un momento pubblico di preghiera e testimonianza promosso dal Comitato Nazarat per i cristiani perseguitati in Medio Oriente, aperto anche ai non credenti. Sarà presente il vescovo mons. Francesco Lambiasi. Lo slogan dell’evento è “Appello all’umano” e si rivolge a tutti. In Siria e Iraq i cristiani sono marchiati dai jihadisti con la N di Nazarat (Nazareno) e per questo, così come accade anche a donne, uomini e bambini di altre minoranze religiose, torturati, massacrati, costretti a lasciare le loro case e la loro terra.
Il loro è un grido di dolore, un appello all’umano che è in noi: non possiamo restare indifferenti alle violazioni dei diritti fondamentali e alle persecuzioni di tutte le religioni.
Per comprendere meglio quel che sta accadendo in Siria e in Iraq, e che tocca da vicino tutti noi, abbiamo preparato una scheda sintetica e il rimando ad una serie di approfondimenti. Rimini 2.0 continuerà a seguire questo tema e ad aggiornare sugli sviluppi e le iniziative in programma a Rimini.
Isil, Isis, Is: cosa significano queste sigle?
Isil è l’acronimo inglese di Islamic State of Iraq and the Levant (Stato islamico dell’Iraq e del Levante). Più spesso viene usato l’acronimo Isis (Islamic State of Iraq and Syria).
Con queste sigle s’intende lo stato islamico proclamato il 9 aprile del 2013 da un gruppo terrorista sunnita, stato che non è stato riconosciuto da nessuna nazione. Il 29 giugno 2014 il gruppo ha dichiarato la nascita del Califfato Islamico (Is, Islamic State) guidato da Abu Bakr al-Baghdadi che è il comandante delle milizie. Il gruppo fondamentalista controlla attualmente territori del nord est della Siria e del nord ovest dell’Iraq e ne rivendica buona parte dei territori. La città siriana di Raqqa è considerata la capitale di questo sedicente stato.
In questi mesi abbiamo visto l’utilizzo sui media di tali sigle che ha indotto alcuni a credere che si trattasse di un nuovo gruppo terroristico. In realtà i fondamentalisti che combattono sotto queste sigle sono attivi dal 2004, e in passato venivano indicati dai media occidentali come Al-Qaeda in Iraq. I rapporti tra le due organizzazioni però sono sempre stati difficili e nel 2014 si sarebbe arrivati ad una rottura perché Al Qaeda non condivide i metodi brutali dell’Is (!!!).
Per l’Is combatterebbero dai sei agli ottomila uomini in Siria e altrettanti in Iraq, ma si tratta di stime non confermate. La consistenza numerica di coloro che combattono con i terroristi in Iraq potrebbe essere più ampia perché si sono saldate alleanze con tribù locali e con i sostenitori dell’ex leader iracheno Saddam Hussein (giustiziato nel 2006). Si tratta di alleanze molto labili che mutano di giorno in giorno. L’Is ha conquistato diverse città all’inizio dell’estate, in queste ore però gli attacchi aerei statunitensi (con cacciabombardieri e droni) e la presenza dei peshmerga curdi sul territorio avrebbero frenato l’avanzata del sedicente esercito del Califfato. In queste giorni è stata annunciata la riconquista della diga di Mosul e si combatte a Tikrit, ma le notizie su questi punti sono ancora contraddittorie.
I terroristi che combattono per il Califfato utilizzano mezzi brutali (decapitazioni e crocifissioni sono quotidiane). Il loro obiettivo non è solo sconfiggere l’occidente, ma anche “purificare” l’Islam e quindi sono in aperto contrasto e combattono altri gruppi islamici: i tradizionali “nemici” sciiti, ma anche altri gruppi terroristici sunniti.
Che cos’è il Califfato?
Il Califfato è un sistema di governo guidato appunto dal Califfo (“successore, vicario”) istituito dopo la morte di Maometto e durato dal 632 d. C. fino al 1258 d. C (conquista di Baghdad da parte dei Mongoli). I “successori” di Maometto, in base ad una discendenza più o meno prossima e con regola dinastica, dovevano garantire unità e guida politica, amministrativa, militare, giuridica alla “Umma”, cioè la comunità dei fedeli musulmani. Tra divisioni religiose, etniche e politiche il Califfato fu ripristinato nel 1517 e sopravvisse, nelle mani dei sultani ottomani, fino al 1924 quando fu formalmente abolito da Kemal Ataturk, “padre” della moderna Turchia.
L’Is ha restaurato il Califfato, con tutte le conseguenze che ciò comporta. La prima è che per i movimenti fondamentalisti sunniti non esistono gli stati, ma solo l’unione di tutti i musulmani. Gli uomini dell’Is quindi rifiutano gli attuali confini. L’Is ha una politica “estera” che punta alla conquista del Nord Africa (il motto del gruppo è “conservare ed espandere”), ma nei discorsi propagandistici nelle adunate e nelle moschee si è parlato anche della conquista di al-Andalus (cioè la Spagna) e di altre parti dell’Europa Occidentale. Secondo gli analisti occidentali gli obiettivi dell’Is sono confusi ma molto ambiziosi.
Il Califfato si occupa dell’educazione dei giovani (sotto i 15 anni acquisiscono nozioni sulla religione, dopo i 16 anni inizia l’addestramento militare). Nel Califfato viene applicata in maniera integralista la sharia (la legge islamica che si occupa anche dei comportamenti dei fedeli e del rapporto con coloro che praticano altre religioni).
Come si mantiene il Califfato?
A giudizio degli analisti americani il Califfato è la più ricca organizzazione jihadista. Oltre alle donazioni che arrivano dall’estero dai paesi sunniti (impegnati nella guerra sotterranea in corso tra i vari stati dove prevale la religione musulmana, divisa tra sciiti e sunniti) e da simpatizzanti che vivono in Europa e in Occidente, gli uomini del Califfo possono contare sui proventi dei saccheggi, sulla riscossione delle tasse “rivoluzionarie” o sui non musulmani, sui ricavi dei sequestri e sulla vendita di elettricità e petrolio delle centrali di cui sono entrati in possesso, spesso anche agli stessi stati contro cui combattono come la Siria.
Il rapporto del Califfato con i cristiani e con le altre religioni.
Sapendo del trattamento che avrebbero ricevuto, i cristiani e gli appartenenti alle altre religioni hanno cercato di fuggire dalle città poi occupate dagli uomini del Califfo. Un drammatico esodo che ha creato una gravissima emergenza umanitaria. Nel rapporto con le altre religioni il Califfato ha ripristinato tragiche consuetudini risalenti a secoli addietro. I cristiani e i membri delle altre religioni devono convertirsi, se rifiutano di farlo possono pagare una tassa per i non musulmani, se rifiutano anche il pagamento della tassa vengono uccisi. Le case dei cristiani vengono contrassegnate dalla N di “nazareni” (cristiani in arabo). Si parla di almeno 100mila persone fuggite. Non si hanno ancora cifre precise sulle vittime, ma in base alle testimonianze di queste ore dovrebbero essere di diverse centinaia. Colpiti molto duramente anche gli Yazidi, che professano una religione che mescola zoroastrismo, manicheismo, ebraismo e cristianesimo nestoriano. In questi giorni si è parlato diffusamente di almeno 500 yazidi uccisi. E ogni giorno si hanno notizie di altre stragi. L’Is persegue anche i mussulmani sciiti. Nella loro barbara “guerra totale”, gli uomini dell’Is hanno inflitto gravi danni al patrimonio culturale e religioso di quella terra che custodisce secolari testimonianze dell’umanità.
La posizione della Chiesa.
Il grido d’allarme delle comunità cristiane residenti, da secoli, nelle zone in cui imperversano gli uomini del Califfo si è levato subito, ma ha trovato un occidente spesso sordo e anche la Chiesa Cattolica ha faticato in un primo momento a reagire in maniera decisa. Dall’estate la consapevolezza della gravità della situazione è diventata più forte e tra la fine di giugno (dopo la proclamazione del Califfato) e l’inizio di agosto si sono moltiplicati gli appelli, le preghiere e le manifestazioni di sensibilizzazione. Il 18 agosto, sull’aereo di ritorno dal viaggio in Corea del Sud, papa Francesco ha affermato che “è lecito fermare l’aggressore ingiusto”, chiedendo in pratica alle Nazioni Unite di decidere come vada bloccato l’aggressore, cioè le milizie del Califfato. Secondo il Pontefice “fermare l’aggressore ingiusto è un diritto che l’umanità ha”. Il Papa ha confermato anche la sua disponibilità a recarsi nelle terre colpite da questa grave crisi ma ha anche aggiunto che “in questo momento non è la cosa migliore da fare”.
Sunniti e Sciiti.
Nel suo discorso Francesco ha anche parlato di “una terza guerra mondiale in corso, ma fatta a pezzi, a capitoli”. E sicuramente uno di questi capitoli si sta giocando in Medio Oriente dove, dopo i fatti eclatanti di scontro tra l’occidente e vari stati arabi registrati tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo, adesso è sempre più evidente la tensione, che spesso sfocia in conflitto aperto, tra musulmani sunniti e sciiti. I sunniti rappresentano la maggioranza dei fedeli musulmani (1,3 miliardi nel mondo). Le differenze tra i sunniti e gli sciiti sono politiche e religiose. La radice araba dello sciismo significa “la fazione di Alì”, si tratta cioè di coloro che volevano che la guida dell’Islam fosse riservata ad un consanguineo di Maometto. Le discrepanze si sono accentuate nel corso dei secoli, senza mai scoppiare in una guerra aperta. La tensione è riesplosa nel 1979 con la rivoluzione khomeinista in Iran che ha portato al potere gli sciiti guidati dagli ayatollah (gli sciiti, al contrario dei sunniti, hanno un clero). Sostanzialmente è in corso da anni una guerra sotterranea in Medio Oriente tra la maggioranza sunnita e gli sciiti (Iran, Assan in Siria e Hezbollah in Libano sono sciiti). Da segnalare che in questo conflitto si è registrato un impressionante aumento del livello di violenza e di brutalità. L’aumento della tensione tra sunniti e sciiti potrebbe provocare situazioni inattese nella politica internazionale, con eventuali alleanze geopolitiche fino ad ora ritenute impossibili.
f.f.
Per approfondire:
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La posizione del Papa e della Chiesa
La posizione della Chiesa (nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, alla voce “guerra”):
a. 483. Quando è moralmente consentito l’uso della forza militare?
b. 484. In caso di minaccia di guerra, a chi spetta la valutazione rigorosa di tali condizioni?
c. 485. In caso di guerra, che cosa chiede la legge morale?
d. 486. Che cosa bisogna fare per evitare la guerra?
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“La piaggeria, l’ignavia, la mancanza di coraggio non sono virtù, non sono mai virtù. Allora di fronte al sacrificio di centinaia, di migliaia di nostri fratelli uccisi o espulsi in odio alla fede abbiamo il dovere di una profonda solidarietà: nella preghiera e nella carità con loro certo, ma abbiamo non meno grave la responsabilità di dire che ci sono delle responsabilità storiche che fanno capo a certe formulazioni ideologico-religiose che rendono permanente il pericolo che i cristiani, e non solo loro, possano essere oggetto di violenze anche sul territorio nell’ambito dell’Europa o dell’intero mondo civile.
Non avere il coraggio di questa denuncia è esattamente nella misura della debolezza della fede.”
(La Nuova Bussola Quotidiana, 22 luglio 2014)
Libertà religiosa
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