Di orrore in orrore: il chiosco a Castel Sismondo

Di orrore in orrore: il chiosco a Castel Sismondo

Perché l'intervento col quale l'Amministrazione Comunale si appresta a modificare lo spazio intorno al castello è assolutamente sbagliato? Perché costruire pieni a ridosso di un'opera di Filippo Brunelleschi, il più grande architetto di tutti i tempi, è un'assurda pretesa che ruba la scena al protagonista, al castello.

Perché l’intervento col quale l’Amministrazione Comunale, e chi per lei, si appresta a modificare lo spazio intorno o a ridosso del castello è assolutamente sbagliato? Perché costruire pieni e aprire vuoti a ridosso di un’opera di Filippo Brunelleschi, il più grande architetto di tutti i tempi, è un’assurda pretesa che ruba la scena al protagonista, al castello. Lo stesso imperdonabile errore-orrore è stato commesso in quelle cordonate di cemento rivestito di marmo rosa davanti all’ingresso del castello, architettura d’accatto di gusto piccolo borghese e paesano di anonimi operatori, che avrebbero dovuto rifiutarsi di mettere a confronto il loro povero mestiere con la creatività di un sommo dell’architettura di tutti i tempi. Gli amministratori chiamano poi Castel Sismondo opera del Brunelleschi “Museo Fellini”, che è come chiamare Andrea Gnassi col nome glorioso di Sigismondo Malatesta, si vede subito che si tratta di uno scherzo. Capisco che contraddire il sindaco scatena una tempesta di offese urlate e calci nelle porte, ma potrebbe farlo lo stesso personaggio anonimo autorevole che l’ha convinto a non incaponirsi nell’apertura del didietro del teatro, cercando di fargli capire chi è Filippo Brunelleschi, in modi semplici come fa il professore di Amarcord, quando con un gesto fa vedere alla tedesca che Leopardi è a un’altezza assai più bassa di Dante. Bisognerebbe fare intuire al sindaco onnipotente ma poco acculturato che Fellini è qui, a pochi centimetri da terra, e Brunelleschi sta sopra il campanile di S.Agostino.

Bisognerebbe finalmente capire anche perché in tutta Italia, in tutta Europa e nel mondo civile Castel Sismondo è tranquillamente riconosciuto opera di Filippo Brunelleschi, mentre a Rimini no, la cosa dall’inizio del ‘900 non è passata. Non è solo provincialismo, c’è qualcosa di destino malvagio. Forse perché lo ignorano i vecchi maitres-à-penser, come quello che ha fatto spostare l’affresco di Piero della Francesca dalla posizione in luce dove l’aveva dipinto il grande aretino e commissionato Sigismondo, al buio dove l’avrebbe dipinto lui. A ben vedere la logica di questo intervento è simile a quella di Andrea Gnassi sul ponte romano e sul castello malatestiano. Una mancanza totale di rispetto di opere somme per dare risalto alla propria individualità, pulci che si mettono sul dorso di elefanti par darsi delle arie.

Abbiamo letto una pacata critica di Vittorio Sgarbi sull’intervento pulcesco sul ponte romano. Non è più lo Sgarbi che urlava nel Tempio malatestiano: questo è “il bidè del vescovo”, commentando la sostituzione dell’altare maggiore napoleonico, opera di Camillo Morigia. Comunque sia, i denari per il labirinto di cemento davanti al castello e questo che stanno per fare di un teatro nel fossato sono soldi buttati, perché anche Gnassi passerà, è solo un momento di un mondo impermanente, e il suo successore sarà costretto a cancellare queste escrescenze cementizie e a svuotare il fossato originale, un vuoto importante come i pieni del grande Filippo Brunelleschi, quello della cupola di Santa Maria del Fiore di Firenze.

Remulus

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