Diciamo la verità: per il Comune di Rimini il rinoceronte vale più del “monumento pescheria”

Diciamo la verità: per il Comune di Rimini il rinoceronte vale più del “monumento pescheria”

Affinché non venisse danneggiata la rinocerontessa in jesmonite il sindaco l'ha blindata e si è improvvisato anche buttafuori. Invece un bene culturale cade a pezzi dopo anni in cui è stato trasformato suo malgrado in locale da movida. E qualche blando cartello di divieto compare dopo che il danno è stato compiuto. Lettera.

Al rinoceronte di piazzetta San Martino il sindaco Andrea Gnassi ha fatto scudo col proprio corpo. Nei primi giorni nei quali l’attrazione è stata scoperta al pubblico, ci ha messo anche un cartello: “vietato salire”. Ha fatto il buttafuori, come ha scritto un giornale locale, ed ha blindato il rinoceronte. Guai a salirci sopra. Si rovina. Difficile, perché come avete scritto voi di Rimini 2.0 è stato realizzato in un materiale molto robusto. Sempre voi avete scritto che è costato meno di 50mila euro, che è una cifra, ma due spicci rispetto ad un bene culturale. Eppure il rinoceronte di Gnassi è stato circondato subito da una protezione, come a dire: non va danneggiato.
Ora pensate da quanti anni la vecchia pescheria, opera dell’architetto Giovan Francesco Buonamici (Rimini, 1692 – Rimini, 1759), un monumento di cui la città da secoli andava fiera, versa nello stato in cui si trova oggi. Senza un adeguato restauro, senza cura, più di recente alla mercé di locali che utilizzano i banchi in pietra d’Istria della vecchia pescheria come tavoli per la clientela. Tanto in nome del Covid ormai si giustifica tutto, anche l’invasione senza ritegno degli spazi pubblici e dei monumenti e nessuno sembra stia nemmeno pensando di organizzare la “ritirata” (dei locali s’intende), nemmeno adesso che la pandemia, almeno in Italia, pare essere sotto controllo. Non vorrei che si proseguisse all’infinito con l’indegna occupazione di ciò che è di tutti, anche in sfregio ai beni culturali, ma questo è un altro discorso.
«I banconi dove un tempo veniva venduto il pesce diventeranno i tavoli di un nuovo salotto temporaneo», così si leggeva sulla stampa locale, e in foto appariva anche l’assessore Jamil, oggi sindaco, che dava l’esempio seduto col bicchiere in mano su quei banchi in pietra d’Istria.
Al monumento del ‘700 il cartello per ricordare che è vietato sedersi, saltare e ballarci sopra, l’hanno messo ieri o l’altro ieri. Fine del discorso. Era sopravvissuto ai bombardamenti, ma nulla può davanti all’avanzare dei nuovi barbari.
Rimini, cosa vuoi sperare se i tuoi pubblici amministratori attribuiscono maggior valore al rinoceronte in jesmonite che al monumento della pescheria? Stiamo toccando il fondo, a mio modesto parere l’abbiamo già toccato, mentre ci raccontano che siamo entrati in un nuovo rinascimento e in molti ci credono pure.

M.P.

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