Qual è la lezione del voto regionale che ha affondato l'alleanza fra Movimento 5 stelle e Pd, e perché anche a Rimini e in ambito emiliano-romagnolo c'è bisogno di un profondo risanamento. L'opinione di un lettore.
Non serve essere dei geni, è sufficiente constatare ciò che è accaduto in Umbria dove il Movimento che si autodefinisce stellato, che aveva denunciato aspramente e pubblicamente il disinvolto clientelismo del potente partito di governo regionale, nel giro di poco tempo si è alleato intimamente con gli accusati spregevolmente della prima ora. Il risultato elettorale era perciò prevedibile! Il M5s e il PD hanno ottenuto ciò che meritavano: un fragoroso vaffa’ da parte dell’elettorato che in Umbria è numericamente poca cosa, ma che rappresenta pur sempre una buona cartina al tornasole. In definitiva è stato certificato il fallimento dell’alleanza di due partiti perdenti e disperati, aggrappati agli scranni della politica e perciò presi a calci nel fondoschiena.
Sono fradici anche a Rimini, i partiti e la politica, ma pur traballando e vacillando, ancora resistono. Fino a quando? Chissà, ma è l’ora di un risanamento visti gli accadimenti sotto gli occhi di tutti.
A seguito dei fatti acclarati e documentati perché riportati in puntuali intercettazioni ambientali e telefoniche, quell’inaccettabile politica e quegli impresentabili partiti dovrebbero essere da tempo alla sbarra, per lo meno quella dell’elettorato. Infatti, non si dica che il certificato buco finanziario di oltre 50 milioni di euro di Aeradria e il malaffare documentato nelle pratiche denominate Tecnopolo e Acquarena di Rimini, possano passare sotto silenzio e archiviate come ordinaria amministrazione. Confermano un marciume diffuso e una pericolosa collusione tra poteri istituzionali e rappresentanze associazionistiche e sindacali che, invece, dovrebbero essere le prime e vigili sentinelle dell’ammorbamento della vita sociale e politica di ogni comunità. Macché!
Succede, per esempio, che l’associazione degli industriali di Rimini e le associazioni delle categorie dell’edilizia, così come le rappresentanze degli ordini professionali del settore (geometri, ingegneri, architetti,…), non denuncino affatto la scandalosa inerzia politica della Giunta di Rimini in relazione all’irrinunciabile rilancio del settore edilizio e immobiliare. Che é crollato grazie a concordati fallimentari e a fallimenti che producono benefici solo ai costosi curatori giudiziari, anziché produrre diffusa ricchezza a una miriade di soggetti imprenditoriali collegati a quei settori. Si è difatti posto fine a un’inaccettabile rendita immobiliare, costosa quanto divoratrice di territorio, ma non si è creata alcuna credibile alternativa produttiva e di sviluppo per surrogare il flusso di ricchezza che proveniva da quei settori, pesantemente falcidiati senza pensare alle drammatiche conseguenze anche di carattere occupazionale.
Ancora per esempio, con i ripetuti chiassosi e discutibili eventi di massa si è dato un altro colpo mortale a quel turismo familiare e al tempo stesso nazionale e internazionale, nonché di profilo borghese, che in passato aveva fatto le fortune di Rimini e degli altri centri costieri. In altri termini lo spostamento dell’asse portante del settore turistico riminese, dal ricettivo-borghese-familiare al mordi-e-fuggi delle presenze in occasione dei cosiddetti grandi eventi, ha portato e sta portando al default centinaia di attività economiche. I vertici associazionistici di tutti i colori siedono ai tavoli di fantomatici consigli di amministrazione alzando la mano solo per approvazione degli umorali voleri del temporaneo principe tutt’altro che illuminato.
E ancora: un assessore di Rimini non eletto dal popolo perché nominato dal principe di passaggio e di prossima scadenza, nell’ambito del cerchio magico di famiglia, si permette di pontificare con arroganza tipica di coloro che condividendo l’appartenenza alla Sinistra si considerano i migliori, e indirizza alti tracotanti strali alla Soprintendenza alle Belle Arti, perché rea di considerare i dehors da spiaggia e da riviera sul suolo pubblico, dei manufatti apparentemente temporanei capaci di compromettere il decoro degli ambiti cittadini e dei fabbricati storici. Quando il decoro prima di tutto lo dovrebbero mantenere i rappresentanti delle istituzioni, assicurando il rispetto dei ruoli e delle competenze assegnate dalle leggi ai vari comparti dello Stato.
Così quella stessa Soprintendenza passa dall’essere osannata dal palazzo quando autorizza gli scempi marmorizzati nell’ambito di Castel Sismondo, quando benedice le improponibili passerelle mobili sul canale d’acqua che incornicia il ponte di Tiberio o quando approva scellerate bucature di muri e cortine murarie storiche. Ma viene quasi vilipesa quando finalmente alza il cartellino rosso sui dehors (cioè piccoli manufatti commerciali utili alla temporanea occasionale chiusura e delimitazione di ridotte superfici di spazi pubblici), dunque per stoppare un cinico mercantilismo degli spazi pubblici, politicamente e scientemente utilizzato – a ben vedere – per ingraziarsi al voto categorie economiche sempre più distanti dal perseguimento degli interessi collettivi.
E per finire, solo a causa della necessaria brevità di cronaca, con un sistema politico e partitico, fradicio appunto, nel quale l’opposizione, salvo rare lodevoli eccezioni, si dimostra un inutile e inefficace accessorio a stanchi e pelosi riti di palazzo che di democratico hanno solo l’apparente denominazione.
In conclusione, le donne e gli uomini liberi dovrebbero combattere una battaglia giusta per liberare dal fradiciume la politica e i partiti! Le prossime regionali in Emilia Romagna saranno un bel banco di prova per verificare le volontà di risanamento di partiti e politica da parte degli elettori.
A Rimini più che altrove.
Marino Straccialupi
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