E’ di Rimini il collezionista di Rosaspina che surclassa il British Museum

E’ di Rimini il collezionista di Rosaspina che surclassa il British Museum

Gabriele Pollini ha messo insieme 640 incisioni, a fine marzo Luisè pubblica il catalogo.

Una grande passione per le stampe del romagnolo, nato a Montescudo il 2 gennaio 1762 e morto a Bologna nel 1841, gli ha fatto mettere insieme un tesoro che non ha eguali. Ecco la sua storia e quella delle opere che ha acquistato in mezza Europa.

Fa impallidire il British Museum, biblioteche (Gambalunga compresa) e collezioni varie. Per non parlare del paese natale, Montescudo, che vanta un teatro intitolato al personaggio di cui vi stiamo per parlare ma in fatto di opere le conta sulle dita di una mano. Per scoprire il tesoro che porta il nome di Francesco Rosaspina bisogna venire a Rimini, dove un collezionista (“seriale”, si definisce lui con ironia) ha probabilmente la più cospicua raccolta dell’incisor celebre non solo su scala nazionale.
E’ un affermato docente universitario di sociologia all’università di Trento, dove si è laureato nel 76 (dopo la maturità al “Serpieri”) e poi ha messo radici: prima con una borsa di studio, quindi ricercatore fino a diventare professore ordinario.
Si chiama Gabriele Pollini (nella foto) e sta pubblicando un catalogo che mette insieme e presenta con dettagliate didascalie, la sua bellissima collezione. Uscirà a fine mese, pubblicato da Luisè. E sarà un evento, non solo per gli estimatori e studiosi di Rosaspina, ma anche per i percorsi che potrebbero aprirsi a Rimini, a partire da una grande mostra di cui si disporrebbe già anche del catalogo.
Di quanti “pezzi” si compone la collezione di Gabriele Pollini? Ben 640. Il British Museum circa 250, giusto per fornire un termine di paragone. Numeri importanti di incisioni si trovano nel Fondo Piancastelli di Forlì, nel Gabinetto delle stampe della Pinacoteca di Bologna, nella raccolta “Angelo Davoli” di Reggio Emilia, nella collezione Genus Bononiae, nell’Istituto nazionale per la grafica, nell’Istituto dei Beni Culturali di Emilia-Romagna e Lombardia. Ma Pollini, dal punto di vista di un privato che è riuscito a riunire oltre 600 incisioni, batte tutti.

Seduto sulla poltrona di casa con un “giudizio finale” di Rubens alle spalle, figlio di uno dei tantissimi disegni e intagli di Rosaspina, Gabriele Pollini racconta una vicenda segnata da notevole passione, tenacia e competenza. Non si mette insieme tutto questo in poco tempo e a buon mercato. Ma quando si incontra un collezionista vero si aprono mondi di difficile esplorazione, tanto che Walter Benjamin ha parlato del “lato magico” del collezionista, e forse non si è affatto sbagliato. Anche negli occhi di Gabriele Pollini, quanto tiene in mano, ammirato, uno dei suoi tanti e preziosi Rosaspina, si stampa una prospettiva lontana e lo sguardo corre ben oltre a quello che un comune osservatore afferra. Fra le mani o appese alle pareti ci sono creature, a lungo desiderate, amate, inseguite, accarezzate e finalmente possedute.
“Ho cominciato a raccogliere le stampe di Rosaspina 23 anni fa”, spiega. “Ho avuto sempre una passione per l’arte antica, l’antiquariato, il collezionismo. Nel caso specifico ho unito due aspetti: l’interesse per lo stile di Francesco Rosaspina, nel quale ho ravvisato qualche tratto simile alle opere del più noto e famoso incisore Francesco Bartolozzi, e il suo essere riminese”. Cosa le piace di Rosaspina? “Lo trovo molto interessante, ha utilizzato tutte le tecniche dell’epoca, è meno “freddo” dei suoi contemporanei, qualcuno dice anche meno preciso dal punto di vista tecnico ma a mio parere è più fresco”.

Nell’80 il Comune di Rimini edita Grafica riminese fra rococo e neoclassicismo: disegni e stampe del Settecento nella Biblioteca Gambalunghiana (a cura di Piero Meldini, Cesare Nannni, Pier Giorgio Pasini e Angelo Turchini), che ovviamente Gabriele Pollini legge con attenzione. Nel 95 esce Francesco Rosaspina “incisor celebre”, 1762-1842, di Pier Giorgio Pasini e Annamaria Bernucci, dato alle stampe per iniziativa della Banca Popolare Valconca. E’ un ulteriore stimolo ad approfondire e sviluppare l’interesse verso il “prof” dell’Accademia Clementina che ha tradotto in immagini (in mancanza della fotografia) una sterminata galleria formata dai maggiori pittori a cavallo di tre secoli, dal Cinquecento all’Ottocento, a partire da Parmigianino e Correggio.
Come ha fatto a mettere insieme 640 opere di Rosaspina? “Cercando in continuazione. Uno dei miei fornitori principali è stato un antiquario di Cento, poi Luisé ed altri… ho acquistato su internet, da antiquari e librai, in Italia e all’estero: Stati Uniti, Germania, ma lo stesso antiquario di Cento si procurava le incisioni a Londra. Senza internet avrei dovuto girare mezzo mondo”. Il collezionista, in quanto collezionista, non va mai in ferie. E’ un cercatore all’infinito. La prova? “Una, che ancora non avevo, l’ho trovata pochi giorni fa alla fiera dell’antiquariato di Cesena. La cosa più bella è cercare e trovare”.

Il patrimonio artistico di Gabriele Pollini si è formato negli anni, partendo dalle stampe di Rosaspina da alcune incisioni della Pinacoteca di Bologna e poi quasi tutte quelle pubblicate a Parigi nelle Opere di Giambattista Piranesi e nel volume dedicato al Guercino.
Quali sono stati gli scogli che ha incontrato? “Direi che il principale è stato quello di stabilire la data di pubblicazione perché si tratta di opere provenienti principalmente da volumi. Molte delle incisioni furono asportate dai testi di origine per poter essere collocate sul mercato con maggior facilità. Ma anche per le incisioni sciolte si è posto il problema della data di pubblicazione”. Da qui l’esigenza di imbarcarsi in un lavoro certosino di ricerca e approfondimento, anche perché la bibliografia su Francesco Rosaspina è scarna.
Nella raccolta ci sono esemplari frutto di tutte le tecniche di incisione utilizzate dell’artista romagnolo: dall’acquaforte al bulino, dalla vernice molle alla puntasecca, dalla maniera a punti alla maniera a lapis, dall’acquatinta a più colori alla maniera nera. E opere contenute in rare edizioni di volumi completi in cui sono presenti incisioni di Francesco Rosaspina: da “Amori (o Scherzi poetici e pittorici)” stampato a Parma nel 1795, ai “Disegni originali di Raffaello”, curato dall’abate Celotti nel 1829, fino a “I Fasti del primo Regno Italiano dipinti di Andrea Appiani”.
Rosaspina ha scritto di sé che da giovane fece delle “vere coglionerie”, la perfezione – anche nell’incisione – non è un dominio assoluto dell’uomo. Ma Gabriele Pollini è convinto che le sue stampe esprimono “una romantica modernità ed una variopinta diversità fuori del comune che non può non destare vivida attenzione e stupita ammirazione”.

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