La mossa della Lega Nord sembra dire che Rimini non è contendibile al Pd e ci si può solo porre l'obiettivo di alzare una bandierina. Ma il tempo dei
La mossa della Lega Nord sembra dire che Rimini non è contendibile al Pd e ci si può solo porre l’obiettivo di alzare una bandierina. Ma il tempo dei giochini politici è finito. L’area del cambiamento, se c’è, è chiamata a rispondere rapidamente ad alcune domande e agire di conseguenza.
C’è un modo giusto e un modo sbagliato di fare le cose. L’esempio viene dalla appena iniziata campagna elettorale al termine della quale si deciderà il nuovo sindaco nel giugno di quest’anno.
Naturalmente parliamo delle opposizioni, avendo già il Pd fatto la sua scelta da tempo: si va avanti con Andrea Gnassi.
Bene, cosa doveva fare l’opposizione di centrodestra, messa in una posizione di vantaggio dalla scelta rischiosa del Pd (Gnassi potrebbe essere rinviato a giudizio nei prossimi mesi con la non simpatica accusa di associazione a delinquere per il fallimento dell’aeroporto)?
Primo: capire se nella città c’è un’effettiva volontà di cambiamento rispetto all’attuale amministrazione Gnassi. Nel giudizio della parte che “conta” dei riminesi, Andrea Gnassi viene visto come un sindaco che ha fatto bene per “l’immagine” della città, ma debole sui temi strutturali. Rimini è una città in crisi da anni in due dei suoi principali settori economici (turismo ed edilizia/immobiliare) e l’amministrazione non ha messo in campo tentativi di risposta o di aiuto agli operatori di questi settori. Sul tema dell’edilizia ha ripetuto lo slogan “no al cemento” che ha forse peggiorato la situazione, sul turismo si è data da fare, per ora con risultati da verificare, nel vasto progetto del nuovo sistema fognario e ha presentato, con grave ritardo e con chiari intenti propagandistici, un faraonico, affascinante ma irrealizzabile piano spiaggia. Al sindaco quasi tutti, oppositori e sostenitori, riconoscono voglia di fare e attaccamento alla città, pessimo carattere e approssimazione sui temi “forti”.
Il giudizio “popolare” è più indecifrabile: c’è chi loda Gnassi per le piccole cose di poco conto (rotonde, arredo urbano, sistemazione di qualche scorcio della città…), ma ci sono anche forti critiche da parte dei tanti gruppi, organizzati o meno, su temi particolari.
Al di là di questo giudizio, inevitabilmente sintetico, per l’opposizione resta da capire se questa città vuole cambiare rispetto alla proposta di Gnassi o no. Se non c’è volontà di cambiamento presentarsi alle elezioni ha il valore solo di rappresentare la propria parte politica, mettere una bandiera, senza reali ambizioni di prendere la guida della città per realizzare una politica amministrativa alternativa.
Su questo punto sembra che nel centrodestra non ci sia ancora chiarezza. Da una parte ci sono le esperienze civiche, in particolare Dreamini, che hanno espresso chiaramente la loro posizione, supportandola con analisi e proposte. In soldoni il messaggio di questo mondo civico è: il sistema Gnassi è inutile se non dannoso per la città e bisogna mettere in campo una serie di proposte programmatiche e amministrative alternative (in molti casi già presentate nei particolari), quindi radunare tutto il centrodestra sotto una sola bandiera per evitare che al ballottaggio vada il Movimento 5 Stelle, con la possibilità di battere poi l’attuale sindaco nella sfida decisiva.
Dall’altra parte i partiti, viste anche le difficoltà reali di alcuni di questi, si sono limitati a critiche generiche sull’operato di Gnassi (spesso più ideologiche che nel merito), non hanno elaborato programmi alternativi e si stanno concentrando sulla scelta del candidato da contrapporre a Gnassi, l’intendenza (inteso come programma) poi seguirà…
Su questo punto si distingue in particolar modo la Lega Nord che, forte del successo personale del suo leader nazionale Matteo Salvini, ha presentato il candidato (l’avvocato riccionese Marzio Pecci) affrontando a muso duro gli alleati con un perentorio “questo è il nostro candidato, se vi va bene è così, altrimenti correte da soli…”
La mossa della Lega, se confermata nelle prossime settimane, sottintende chiaramente che gli “strateghi” del movimento non pensano che Rimini sia una città contendibile e scelgono il candidato sulla base della sua conoscenza personale estiva con il leader Salvini (il che la dice lunga della considerazione che hanno alcuni politici di una città dell’importanza sociale, economica e culturale di Rimini che non è certo un paesello sulle colline del forlivese…). Il non detto di questa scelta è: “Non ce ne frega di un programma amministrativo perché tanto non vinciamo, non ce ne frega del candidato e mettiamo un conoscente di Salvini, tanto faremo alcuni comizi con il nostro leader nazionale che tira e raccogliamo un bel numero di voti per avere un bella fetta di rappresentanti in consiglio comunale”.
Tutto bene e tutto lecito, peccato che la politica consista nel conquistare il potere, non per affermare il proprio 10/15/20%, ma per cambiare in meglio le cose, agendo per il bene comune.
Un ragionamento del genere mostra solo incuranza e indifferenza verso una città come Rimini e il suo bene comune. Cioè il contrario di una politica responsabile ed efficace.
Diverso il discorso per quel che riguarda Forza Italia, che ha rinnovato e ringiovanito i suoi vertici, ma è alle prese con problemi interni molto forti che derivano dalla difficile situazione nazionale. Anche in Forza Italia è per ora mancata l’analisi e la preparazione programmatica che andava fatta a monte, ma c’è molta più attenzione al lavoro delle “civiche” e la consapevolezza (magari più di facciata che di reale sentire) che il centrodestra unito potrebbe ottenere un risultato a sorpresa. Un passo in avanti rispetto alle posizioni della Lega, ma in questo momento il partito, soprattutto per problemi nazionali, non ha quella forza in grado di fargli prendere con autorevolezza la guida di una coalizione alternativa a Gnassi.
Molto più accorto l’atteggiamento, sia di alcuni esponenti di Forza Italia che di altri partiti che fanno riferimento all’area popolare e al mondo cattolico, che hanno scelto di affiancare le esperienze civiche, contribuire con le loro idee al dibattito sulle “cose da fare” e lavorare per un’unità vincente del centrodestra.
Resta il problema della scelta del candidato. Detto che se non si risolverà la frattura con la Lega Nord appare difficile pensare ad una proposta vincente (e su questo punto saranno molto importanti gli incontri romani) appare chiaro che sulla scelta del candidato non si dovrà puntare su una persona appartenente all’establishment, ma su una figura che conosce la città, è appassionata al suo sviluppo e non fa parte di gruppi di potere consolidati.
I partiti alternativi devono chiarirsi le idee in pochi giorni e arrivare alla fine di gennaio con delle scelte chiare e sincere su queste domande: la città sente il bisogno di cambiare o no (il che comporta una conoscenza di Rimini non banale)? Se sì, abbiamo un programma amministrativo alternativo convincente e vincente (al momento sono disponibile le elaborazioni “civiche”)? Se sì qual è il nome del candidato che può riunire le varie anime e rappresentare una novità sostanziale per Rimini? C’è poco tempo per rispondere e, come si dice, il tempo non aspetta nessuno.
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