Gabriele Gatti ai Cappuccini: quello che domani non leggerete sul Belzebù di San Marino

Gabriele Gatti ai Cappuccini: quello che domani non leggerete sul Belzebù di San Marino

San Marino è stata una piccola Russia nel cortile dell'Italia. Al confine con la provincia di Rimini. L'unica gioia di Togliatti al tempo in cui nel B

San Marino è stata una piccola Russia nel cortile dell’Italia. Al confine con la provincia di Rimini. L’unica gioia di Togliatti al tempo in cui nel Belpaese comandavano De Gasperi, Scelba e Fanfani. Tanto che per abbatterla si mobilitarono poteri governativi e di intelligence italo-americani e nel 1957 il “golpe” che interruppe il lungo regno dei social-comunisti (circa 12 anni) andò a segno col governicchio di Rovereta targato Dc. Chi volesse conoscere questa storia è pregato di leggersi Gli intrighi di una Repubblica scritto da Claudio Visani con prefazione di Sergio Zavoli. Un po’ complottista, ma di certo gli Stati Uniti ci misero del loro per destabilizzare e far cadere i comunisti targati RSM.
C’era già lo zampino di Gabriele Gatti nell’intrigo anti-comunista? No, perché quello che da un po’ di anni l’opinionista collettivo descrive come il Belzebù sammarinese (leggasi l’Andreotti del Titano) veniva al mondo nel 1953. Non ha fatto crollare quello che è stato l’unico governo comunista democraticamente eletto dell’Europa occidentale. Ci si è alleato coi comunisti. C’è stato lui all’origine del compromesso storico di San Marino. Succedeva nel 1986 e si realizzava nella piccola Repubblica quello che in Italia non era riuscito (al massimo si arrivò alla solidarietà nazionale nel 1976) a Berlinguer e Moro e che quest’ultimo pagò con la vita. Quando Gatti andava d’amore e d’accordo con i comunisti, non personificava il male assoluto ma il politico lungimirante capace di abbattere gli steccati ideologici per governare lo sviluppo di San Marino.
Fino al 2012 Gatti ha coinciso con San Marino. Così come ad Andreotti sentire parlare di San Marino faceva scattare l’associazione di idee con l’Iva, per tutti Gatti è San Marino.
Ha portato la Repubblica nei maggiori organismi internazionali, compreso il Fondo Monetario Internazionale e il Consiglio d’Europa. Dopo un lungo negoziato (grazie al Belzebù romano) ha fatto nascere la Tv di Stato con la partecipazione paritaria della Rai, il cui primo presidente è stato Sergio Zavoli.
Come i Craxi, i Forlani, i La Malfa non sono stati scalzati dal libero voto degli elettori ma da “mani pulite”, così per tenere Gabriele Gatti fuori dal Consiglio Grande e Generale è dovuta arrivare la relazione della commissione consiliare sulle infiltrazioni della criminalità organizzata. Da lì in poi Gatti è diventato un uomo in attesa di carcerazione. Stamattina per lui si sono aperte le porte dei Cappuccini perché secondo il commissario della legge Alberto Buriani ci sarebbe stato il pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato di riciclaggio. E’ accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, voto di scambio e riciclaggio di tangenti. Dal 1999 al 2015 avrebbe tenuto una condotta illecita. Fino al tentativo di gettare discredito su magistrati, indagine e costruire prove.
Come ogni potente che si rispetti non è stato una mammoletta. Ha comandato con mani di velluto e artigli a seconda delle necessità. Come un Fidel di Castello. Amante della bella vita, non ha mai amato quelli che non gli facevano la riverenza. Su coloro che osavano criticarlo metteva una croce. Tanti l’hanno combattuto perché non sono riusciti ad allearsi con lui.
Lascia una Dc popolata di uomini minori, magari onesti ma senza mordente e con poca vision. E una Repubblica da troppo tempo in mezzo al guado perché senza leader. Con la scena occupata dai giudici e dalle inchieste.

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