I vicoli del centro storico in cerca di pubblica “cura”

I vicoli del centro storico in cerca di pubblica “cura”

Rappresentano ancora l’anima della vera Rimini, ma sembrano abbandonati dalla mano di chi dovrebbe occuparsi del decoro urbano.

A Rimini ormai convivono due realtà, nette e senza la possibilità di conciliarsi tra loro. Vi è Gnassiland dove, grazie ad una semplice laurea in scienze politiche, il suo fautore con l’ausilio di una corte accondiscendente a prescindere ha dedicato discutibile e improprie attenzioni, reinterpretando i monumenti cittadini e riscrivendo quelle che erano le vere radici storico-culturali comunitarie. Questa città virtuale è ricompresa tra il Ponte di Tiberio fino all’area delle cantinette, con una propaggine della zona di marina, necessaria a completare questa apoteosi, organica per manifestazioni in cui si celebra il nulla tra disagi per la popolazione e frastuono caotico. Luogo in cui si assale tutto fino alla spiaggia libera che dovrebbe, per norma, essere nella fruibilità di tutti. Poi c’è l’altra realtà, quella vera, dimenticata perché inutile al grande parco divertimenti e alla cosiddetta movida, in cui troviamo l’anello dei vicoli desolati e degradati, di cui se ne propongono alcuni rappresentativi poiché tutti ripetitivi nel loro stato.

Qui non è avvenuta mai alcuna inaugurazione, e neppure la presenza di uno degli onnipresenti cartelli pubblicitari istituzionali che propagandi il finto rinascimento, quasi come un aspetto imbarazzante di cui – giustamente – vergognarsi. Essi rappresentano ancora l’anima di quella che era la vera anima di Rimini, che peraltro si avverte ancora percorrendo quelle viuzze. Non vi sono più attività artigianali o commerciali ma, in molti casi, antiche casette per lo più restaurate e ben curate da residenti che meriterebbero una maggiore attenzione.

E’ proprio un anello a tutti gli effetti, il cui filo conduttore che lo unisce è quello dalle comuni caratteristiche che ne compongono il degrado. Fondo stradale dissestato e malamente rattoppato, muri imbrattati da coloro i quali sono dotati di una materia grigia che evidentemente non consente loro di esprimersi altrimenti, segni di bisogni corporali umani e non, ottimo habitat per ratti.
Servirebbe assai poco a risolvere questa piaga perché queste, ed altre, zone della città sono ormai oggetto di azioni prevedibili e scontate. Innanzitutto realizzare una pavimentazione decorosa, poi installare qualche telecamera e procedere con alcune azioni notturne di ordine pubblico mirate, ripetitive e continuate, per poi dare risalto ai risultati. Poi, laddove possibile, incentivare l’apertura di attività commerciali esentandole da tassazioni per vari anni e aiutandole a promuoverle; renderli praticamente vivi. Invece no, non interessa. E quel che più sconforta sono alcuni commenti che si leggono a margine di queste denunce, secondo cui questo fenomeno esiste in ogni città e che non bisogna enfatizzarlo. Quasi una rassegnazione e una tendenza a minimizzare quindi, ma che crea un evidente corto circuito con il messaggio quotidiano del presunto cambiamento in meglio della città, e con quanti lo magnificano.

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