"La proiezione di questo film si configura come un'iniziativa di carattere sostanzialmente privato, svincolata da qualsiasi momento di approfondimento
“La proiezione di questo film si configura come un’iniziativa di carattere sostanzialmente privato, svincolata da qualsiasi momento di approfondimento e da un contesto di analisi storica e culturale necessaria a descrivere in maniera più accurata le violenze, le rappresaglie e gli episodi di giustizia sommaria durante la Seconda Guerra Mondiale. Un evento che, così come è stato presentato, non può costituire un momento di crescita in termini di consapevolezza storica per la comunità di Santarcangelo”. Con questa motivazione il Comune di Santarcangelo non ha concesso il patrocinio, richiesto dagli organizzatori dell’evento, alla proiezione del film “Il Segreto di Italia”, che viene proiettato il 3 giugno nella sala Antonione del Supercinema. Una censura bella e buona davanti ad una pellicola non allineata, verso la quale un po’ ovunque l’Anpi ha alzato le barricate. E fa una certa impressione che una pubblica amministrazione indossi i panni del censore, addirittura entrando nel merito di una valutazione che non spetta di certo al Comune. Chiunque deciderà di guardare quel film sarà in grado di farsi un’idea sui contenuti e sulla qualità in generale di “Il Segreto di Italia”. Non spetta certo all’ente pubblico, che dovrebbe rappresentare tutti, giudicare se un film possa essere o meno un momento di crescita in termini di consapevolezza storica. L’ente pubblico, in questo modo, si veste di una cultura ideologica un po’ totalitaria.
A nulla è valso agli organizzatori chiarire, nella richiesta di patrocinio indirizzata al sindaco Alice Parma, “di non appartenere a nessuna formazione politica e pertanto la proiezione è stata organizzata non contro qualcuno ma al solo scopo di vedere una rappresentazione di una verità storica sotto un altro punto di vista”, e nemmeno far sapere che il ricavato sarà devoluto “in favore dei terremotati del Nepal”.
“Il Segreto di Italia“, uscito lo scorso novembre nei cinema, ma praticamente introvabile nelle sale (“in molti casi non lo hanno voluto per paura”, ha chiarito il regista, “e solo grazie a dei privati ha potuto circolare un po’”), è stato boicottato dal pensiero unico in fatto di Resistenza e dintorni, in tutta Italia. Ora approda a Santarcangelo e subisce lo stesso trattamento. Per di più da un Comune.
Al centro del film c’è l’eccidio di Codevigo, uno dei più cruenti e consumato a guerra terminata (secondo un documento dell’arcidiocesi di Ravenna i giustiziati furono 900). Qui arrivarono i partigiani della 28° brigata Garibaldi, guidata dal comandante Arrigo Boldrini, per tutti “Bulow”.
Corinna Doardo è una maestra elementare di 39 anni, vedova di un sarto, che aveva insegnato a leggere e a scrivere a tanti bambini. I partigiani quando arrivano nel paese riservano a lei un trattamento orrendo. Ne ha scritto Giampaolo Pansa ne “Il sangue dei vinti“: “Andarono a prenderla a casa, la portarono dentro il municipio e la raparono a zero. La punizione sembrava finita lì e invece il peggio doveva ancora venire. Le misero dei fiori in mano e una coroncina di fiori sulla testa ormai pelata e la costrinsero a camminare per la via centrale di Codevigo, fra un mare di gente che la scherniva e la insultava. Alla fine di questo tormento, la spinsero in un viottolo fra i campi. E la uccisero, qualcuno dice con una raffica di mitra, altri pestandola a morte sulla testa con i calci dei fucili”. Il parroco di Codevigo lascia scritto che fu un “giudizio sommario” e che “nella prima quindicina di maggio vi fu nelle ore notturne una strage di fascisti importati da fuori, particolarmente da Ravenna. Venivano seppelliti dagli stessi partigiani di qua e di là per i campi, come le zucche. Altri cadaveri provenienti da altri paesi furono visti passare per il fiume e andare al mare”.
L’uscita del film è stata osteggiata in ogni modo. Il regista, Antonello Belluco, figlio di profughi istriani, la cui madre e i nonni scamparono alle foibe per l’aiuto inatteso di un ex repubblichino, ha raccontato che quel che accadde a Codevigo, in provincia di Padova, al confine tra Veneto e Romagna, “non si discosta molto da quanto avvenuto nell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Solo che qui non ci sono un Herbert Kappler e un Erich Priebke che ammazzano con un colpo alla nuca 15 ostaggi in più rispetto all’ordine di rappresaglia. Dunque chi ha la responsabilità dei morti di Codevigo? Si sono forse uccisi da soli?”.
Il film è stato prodotto con 230 mila euro.
Belluco ha spiegato che la storia del “Segreto” gli è arrivata da un professionista della sceneggiatura, Gerardo Fontana, che per due legislature è stato sindaco di sinistra di Codevigo.
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