Il fantasma dell’urbanistica

Il fantasma dell’urbanistica

Bilancio del primo anno di vita della nuova legge urbanistica regionale, sulla quale sono già piovute diverse critiche. A scricchiolare è però soprattutto l'impostazione normativa del Piano Urbanistico Generale, che mal si concilia con le norme tributarie e fiscali esistenti e con le logiche del mercato immobiliare. E le Amministrazioni Locali si troveranno a fare i conti con una significativa riduzione degli incassi tributari per IMU/TASI sulle aree fabbricabili.

Sta per concludersi il primo anno di vita della nuova legge urbanistica che ha radicalmente innovato la disciplina della tutela e dell’uso del territorio della nostra regione. Entrata in vigore dal primo gennaio 2018, la Legge Urbanistica n. 24/2017 è stata approvata dall’assemblea Legislativa Regionale dell’Emilia Romagna in data 21 dicembre 2017.
L’obiettivo della legge, e del Legislatore, è quello di avere un “consumo di suolo a saldo zero” da raggiungere necessariamente entro il 2050, con questi scopi:

a) contenere il consumo di suolo;
b) favorire la rigenerazione dei territori urbanizzati,
c) tutelare e valorizzare il territorio nelle sue caratteristiche ambientali e paesaggistiche;
d) tutelare e valorizzare i terreni agricoli;
e) contribuire alla tutela ed alla valorizzazione degli elementi storici e culturali del territorio;
f) promuovere le condizioni di attrattività del sistema regionale;
g) promuovere maggiori livelli di conoscenza del territorio.

La legge concede/prevede un periodo transitorio di tre anni entro i quali i vecchi strumenti urbanistici dovranno essere adeguati alla nuova normativa, con un obiettivo dichiarato di abbattere del sessanta per cento le previsioni urbanistiche dei piani attuali e con un processo che deve concludersi entro i successivi due anni (cinque anni complessivi).
A regime, il consumo del suolo di ogni Comune della regione non dovrà superare il tre per cento del territorio urbanizzato, con autorizzazioni rilasciate esclusivamente a progetti in grado di sostenere e promuovere lo sviluppo e l’attrattività del territorio.

Con l’approvazione del nuovo PUG (Piano Urbanistico Generale) avremo:
a) attuate le previsioni della pianificazione relative ad interventi di riuso e rigenerazione urbana;
b) la possibilità di realizzare interventi diretti ove previsto;
c) il mantenimento dell’efficacia unicamente dei PUA e degli strumenti attuativi approvati in data antecedente all’entrata in vigore della legge.

Uno scenario apparentemente positivo ma non condiviso da molti. Infatti fin dalle sue fasi iniziali dell’iter di approvazione della legge si sono viste nascere numerose critiche in conseguenza di alcune fantasmagoriche previsioni che avrebbero potuto determinare conseguenze negative su alcune questioni delicate come: i diritti acquisiti dei proprietari, i valori fondiari e la finanza pubblica.

La principale critica riguarda il punto della norma nel quale si prevede che “Il PUG non può stabilire la capacità edificatoria, anche potenziale, delle aree del territorio urbanizzato né fissare la disciplina di dettaglio degli interventi” essendo questi lasciati alla negoziazione di accordi operativi proposti dai privati.
Sul tema, alcuni “tecnici ed intellettuali critici”, hanno pubblicato una prima lettera in data 3 novembre 2016 nella quale hanno dichiarato la loro disapprovazione verso tale previsione normativa che favorisce e privilegia esclusivamente la “parte privata” rispetto a quella pubblica. Gli stessi “tecnici” hanno successivamente riaffermato la loro disapprovazione con una seconda lettera del 10 marzo 2017, nella quale hanno sostenuto come la norma crea, di fatto, un doppio regime urbanistico dove, da una parte, le trasformazioni del patrimonio esistente, in mano alle famiglie ed alle attività economiche, sono sottoposte ai consueti oneri mentre, dall’altra, le nuove iniziative fondiarie proposte da imprese di costruzioni e/o promotori immobiliari, in conseguenza degli accordi operativi proposti, sono a godere di maggiori privilegi e di un arbitrio inusitato potendo gli stessi promotori negoziare gli indici di interesse entro un termine temporale breve, e quindi complesso da gestire per la pubblica amministrazione.

Inoltre l’impostazione normativa del PUG, così come già avvenuto con la normativa del PSC, non sembra conciliarsi molto con le norme tributarie e fiscali esistenti e con le logiche del mercato immobiliare, oltre ad essere probabilmente eccessivamente fiduciosa nell’immaginare che la sostenibilità, la promozione e l’attrattività di un territorio possano ora realizzarsi con le iniziative dei privati.

La tassazione delle aree fabbricabili ed il mercato immobiliare sono, da sempre, collegati al valore fondiario dei terreni, determinato in base ai prezzi di compravendita dei terreni ovvero alla stima delle aree; quest’ultima in genere calcolata con il criterio del valore di trasformazione, ove il valore è dato dalla differenza tra il valore dell’immobile finito detratti i costi necessari alla sua realizzazione; principio che richiede necessariamente la conoscenza di quanto possa essere costruito o realizzato su di un lotto.
Anche ai fini delle imposte locali, IMU e TASI, il valore imponibile è collegato alla potenzialità edificatoria di un terreno visto che la norma (comma 5, articolo 5, D.Lgs 504/92) fa espresso riferimento all’indice di edificabilità delle aree.

La combinazione degli effetti prodotta dalla nuova disciplina urbanistica del PUG, con l’eliminazione di numerose aree che avevano nei precedenti strumenti una previsione di edificabilità, e l’andamento negativo del mercato immobiliare in generale e di quello delle aree, rischia di determinare veri effetti “perniciosi per la finanza pubblica locale” e dei Comuni della regione in particolare (cfr Roberto Camagni del 27.11.2017 – urbanistica e pianificazione).

Deve quindi verosimilmente ipotizzarsi che, nei prossimi quattro anni (essendo il primo anno già di fatto trascorso), le Amministrazioni Locali si troveranno a fare i conti con una significativa riduzione degli incassi tributari per IMU/TASI sulle aree fabbricabili, in conseguenza delle nuove disposizioni urbanistiche e del mercato delle aree; così come anche molti proprietari si vedranno pressoché azzerare i valori fondiari di quelle aree che il vecchio strumento urbanistico aveva visto come edificabili mentre ora ritornano ad essere agricole, con una inevitabile ripercussione sui valori immobiliari dell’intero sistema. Sulle aree della nostra regione aleggia così “il fantasma dell’urbanistica”.

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