E' una delle più originali novità del panorama culturale riminese. Gruppo vocale nato tre anni fa, dedito alla musica del Rinascimento e del Barocco, con alcuni progetti in cantiere di sorprendente interesse per gli amanti del pentagramma e delle belle lettere.
Ha un nome che si fa ricordare – “Il Turturino” – una delle più originali novità del panorama culturale riminese. Parliamo di un gruppo vocale nato tre anni fa, dedito alla musica del Rinascimento e del Barocco, con alcuni progetti in cantiere di sorprendente interesse per gli amanti del pentagramma e delle belle lettere.
“Il nome Il Turturino – spiega a Riminiduepuntozero l’anima dell’ensemble, Giovanni Cantarini – è un omaggio a Cornelio Antonelli, detto appunto il Turturino, frate agostiniano che divise la sua vita alla fine del Cinquecento fra i conventi di Rimini e di Cesena. Cantava come una tortora, si direbbe, era autore di raccolte di madrigali e di canzoni anche popolari come le villanelle alla napolitana ed aveva rapporti con il top della musica del tempo, come Palestrina, Gabrieli, Orlando di Lasso, non rimanendo nel chiuso del territorio ma sapendo mettere il naso fuori Rimini. Ci ha lasciato una raccolta di madrigali, «I dolci frutti», fra i quali una canzone capolavoro in undici brani dedicata a Margherita d’Austria: parole probabilmente del Turturino, note dei grandi musicisti europei”.
Proponete un ritorno alla musica profana antica?
“Gli autori all’epoca componevano sia musica profana che sacra, in una continuità culturale inimmaginabile rispetto agli standard di oggi. La musica, diventata oggi purtroppo una materia quasi residuale, allora invece era molto importante, la si faceva studiare regolarmente ai figli, non era coltivata soltanto nei chiostri e nelle chiese. Ed era la musica soprattutto a veicolare la poesia. Di qui una grande creatività, arrivata a noi solo in minima parte attraverso gli spartiti stampati in genere a Venezia e a Roma. Abbiamo perduto invece un mondo intero di improvvisazioni, cioè canovacci, modulazioni strofiche, linee melodiche che servivano a «cantare» le composizioni poetiche (sonetti, canzoni, madrigali, frottole e tante altre forme) a partire da quelle del Petrarca”.
Qual è il centro della vostra ispirazione e dei vostri progetti?
“Viviamo a Rimini e nelle vicinanze, quindi abbiamo potuto creare un sound nostro, un timbro riconoscibile, dove ogni componente è indispensabile nella sua singolarità, ma solo insieme agli altri. La «quidditas» del Turturino è fare emergere il lato umano della musica, o meglio quella che Severino Boezio chiamava appunto «musica humana», a metà fra la musica celeste e quella terrena. Nel gruppo condividiamo un fondo di pensiero comune e ci vogliamo bene, questo è il segreto di un cantare che ci fa unire e divertire. Altre formazioni puntano sul filologismo, imprescindibile anche per noi, ma rischiano di fermarsi all’obiettivo della perfezione formale, dell’esibizione specialistica. Il nostro punto fondamentale è piuttosto quello di creare un accordo interiore fra le persone, proprio come nella polifonia dei secoli XV-XVII, dove le singolarità si fondono, ogni cantore è irrinunciabilmente importante ma è sottomesso al tempo e all’intonazione. Così ci sintonizziamo fra noi con «poca vista e molto orecchio», questo calore e questi colori si trasmettono al pubblico”.
Voi siete legati al territorio, ma che cosa c’entra tutto questo con Rimini?
“Il Turturino dimostra che Rimini era uno dei punti di circolazione della grande musica. Un altro esempio: stiamo progettando l’incisione dei madrigali a cinque voci di Girolamo Ghisvaglio, riminese dei primi del Seicento, proprietario di poderi, case e di altri beni a Rimini, un laico che componeva musica ed ebbe come mecenate Alessandro Gambalunga, che poi fece la famosa donazione del suo palazzo con la ricca raccolta libraria alla municipalità. Nel 2017 ricorrono i 400 anni della fondazione della biblioteca e proprio in palazzo Gambalunga eseguiremo i madrigali del Ghisvaglio, nell’ambito della Sagra Musicale Malatestiana. Un altro esempio è il madrigalista riminese Grisostomo Rubiconi”.
Ripercorreremo la vita del capitano d’arme venuto a contatto con varie corti rinascimentali e importanti centri d’arte in Italia
Altri progetti?
“Si celebrano nel 2017 anche i 600 anni dalla nascita di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Stiamo preparando un concerto dal titolo «Sigismondo amante e guerriero». Ripercorreremo la vita del capitano d’arme venuto a contatto con varie corti rinascimentali e importanti centri d’arte in Italia. Come tutti sanno Sigismondo non era solo un condottiero militare, ma si circondò di filosofi e poeti e lui stesso compose sonetti che venivano declamati anche seguendo una base musicale, in gran parte improvvisando. Noi faremo rivivere quei suoni e quei testi, nell’occasione anche con accompagnamento di lira e cetra, strumento quest’ultimo ricostruito sulla base delle immagini presenti nelle decorazioni del Tempio Malatestiano, con la collaborazione del liutaio Giordano Ceccotti e del liutista Giuseppe Frana”.
A quale tipo di pubblico vi rivolgete?
“La funzione del Turturino è quella di riattivare il circolo virtuoso della musica come perfezione, in grado di restituire alle persone l’equilibro con sé stesse e nel creato. Questo non succede solo con il «professionismo», ma si può fare anche con l’inculturazione…”.
Parola difficile!
“Due esempi per capire: già l’anno scorso abbiamo dato vita a una serata dell’associazione Alumni del liceo classico Giulio Cesare: i liceali suonavano e cantavano da protagonisti, pur con il nostro aiuto. Il prossimo autunno inizieremo una scuola della durata di 10 mesi, con un incontro al mese di circa 2 ore, per insegnare alle persone a cantare insieme la musica antica, appoggiandosi su di noi, in modo da riscoprire un godimento non solo estetico ma anche umano. Una interazione col pubblico che ricrea le Accademie del Cinque-Seicento: erano centri di cultura alternativa, che nascevano dalla «società civile» diremmo oggi”.
Il Turturino, gruppo giovane e da pochi anni sulla scena, può vantare una serie di concerti eseguiti in varie città d’Italia per rassegne di prestigio. Fra questi: “Le Ninfe d’Aterno” per la Società Aquilana dei Concerti “B. Barattelli”, dove è stata eseguita in prima mondiale assoluta la canzone per Margherita d’Austria; le partecipazioni ad Anno Zero (Pesaro), “Imola in Musica”, “Suoni del tempo” (Cesena), all’ottocentenario francescano (San Leo), un concerto alla “Notte Rosa” 2014, prossimamente a “Echi lontani” (Cagliari).
Il gruppo è composto da Giovanni Cantarini (tenore e direzione), Maria Chiara Ciotti (soprano), Elisabetta Rinaldi (soprano), Gabriele Petruzzo (contralto), Decio Biavati (basso), Mauro Collina (tenore).
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