Il miracolo di San Giorgio Napolitano al Meeting di Rimini

Il miracolo di San Giorgio Napolitano al Meeting di Rimini

La gemma più brillante dell’anello dei tre costituzionalisti “menti pensanti” della Fondazione per la Sussidiarietà presieduta da Giorgio Vittadini si chiama Marta Cartabia. Leggete qua per avere la prova del fatto sopra(nnaturale)quirinale avvenuto nel 2011. Dodici giorni dopo avere incontrato il super presidente, l'allora uomo del Colle la nomina giudice costituzionale. E per lei inizia anche la metamorfosi verso i "nuovi diritti".

Ultima barzelletta della serie “il colmo”. La raccontano con circospezione e dietro le quinte i più ironici fra gli organizzatori del Meeting. Qual è il colmo per una sangiorgese di 48 anni docente di diritto costituzionale alla Bicocca? Conoscere al Meeting re Giorgio Napolitano; la settimana dopo, essere nominata giudice costituzionale da lui; poi essere eletta vicepresidente della Corte stessa; infine tornare al Meeting a presentare il libro intitolato “Il potere dei senza potere”. Ah ah ah…
C’è mica da ridere, è una storia successa per davvero. L’unico dettaglio assente nella freddura è lo stipendio della professoressa-giudice: potrete scandagliare il sito web ufficiale della Consulta ma la trasparenza sui soldi effettivamente percepiti dai giudici costituzionali non la troverete. Fa niente, siamo contribuenti e generosi, non ci facciamo guardare dietro.
Veniamo a lei. Marta Cartabia (nella foto al suo incontro al Meeting con Weiler e Cassese) nata a San Giorgio su Legnano, la gemma più brillante dell’anello dei tre costituzionalisti “menti pensanti” della Fondazione per la Sussidiarietà presieduta da Giorgio Vittadini. Degli altri due – Lorenza Violini e Andrea Simoncini – si è già detto in precedenti puntate. Come loro, anche Cartabia è una presenza fissa al Meeting (è già all’undicesima partecipazione come relatrice), per questo il suo profilo è di un certo interesse per Rimini 2.0.
Partiamo dagli esordi. Non dei più felici, almeno dal punto di vista concettuale. Siamo nel 2003, nel pieno degli scontri sul Trattato dell’UE. Il Papa Giovanni Paolo II, oggi santo, dice all’Angelus del 24 agosto: «Riconoscere esplicitamente nel Trattato le radici cristiane dell’Europa diventa per il Continente la principale garanzia di futuro». Il giorno dopo, lunedì 25 agosto, dibattito al Meeting su “Un’Europa cristiana” con Joseph H.H. Weiler, Simoncini e la Nostra. Che parla di «insistenze (sic) del Pontefice» sul riferimento all’identità cristiana dell’Europa e commenta: «Ma è così decisiva questa questione del preambolo? E’ così importante l’inserimento di una o due parole nel preambolo della Costituzione europea? Vale la pena scatenare una battaglia così rischiosa? o non vale piuttosto la pena guardare alla sostanza del testo costituzionale, essere certi e combattere che una effettiva libertà religiosa e alcune garanzie dei valori tradizionalmente cristiani siano garantiti?». Poi, rivolta a Weiler, che è stato il maestro della Cartabia in America, si lascia scappare: «La “Redemptoris missio” (enciclica di s. GPII, ndr) parla della evangelizzazione, quanto di più violento rispetto alla tolleranza e alla identità dell’altro sembra concepibile. Tu ripercorri con una lettura profondissima questa enciclica e la proponi come modello di convivenza tollerante tra le identità che compongono l’Unione Europea, l’Europa come civiltà».
La evangelizzazione come violenza: niente male come definizione per una giurista di orientamento cattolico.
Comunque, per vari anni a seguire Cartabia mostra pubblicamente di tenere la barra dei valori non negoziabili. Lo vediamo in vari interventi scritti sul giornale online della Fondazione presieduta da Vittadini.
Nel 2008 attacca la Cassazione per il via libera alla pronuncia della Corte di Appello sull’interruzione di alimentazione e idratazione a Eluana Englaro.
Nel 2009 attacca l’Unione Europea per «l’individualismo di cui si nutre la tutela dei diritti in Europa», «lo zelo per alcuni cosiddetti nuovi diritti … tende a soffocare o addirittura a compromettere gli spazi di libertà».
Poi è la volta dei matrimoni omosessuali nello Stato di New York, «pretesa di falsi diritti».
Arriviamo al marzo 2011 e qui iniziano i toni diversi. L’Italia riesce a evitare la condanna europea per i crocifissi negli spazi pubblici. Nei panni della difesa, fra altri, sempre Joseph Weiler. La corte “salva” i crocifissi e Cartabia commenta: «il passo compiuto è significativo perché sposta la discussione dal piano dello scontro astratto tra valori, che simboleggia lo scontro di civiltà, a quello della ricerca di una soluzione ragionevole e rispettosa per tutti».
Veniamo al compimento della metamorfosi della giurista. Il 23 agosto 2011 Cartabia firma il suo ultimo editoriale sul giornale online della Fondazione di Vittadini, prima di essere nominata giudice costituzionale. Sono passati due giorni dalla visita del presidente della Repubblica al Meeting, Cartabia ora parla dei “nuovi diritti” mostrando il suo passaggio allo schieramento cosiddetto “dialogante”, di rifiuto delle barricate. Scrive: «Da dove nasce l’attuale proliferazione dei diritti soggettivi? […] C’è un ideale profondo alla radice dei diritti umani e del loro moltiplicarsi, ed è l’aspirazione alla giustizia che abita il cuore umano».
Ed ecco come Cartabia ha spiegato, in pubblico, le circostanze della sua nomina a giudice della Corte costituzionale, fatta da Napolitano il 2 settembre 2011 dopo essere intervenuto al Meeting di Rimini dodici giorni prima, il 21 agosto – all’incontro, si noti, organizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà in occasione del 150° dell’Unità d’Italia. La sangiorgese racconta che cosa gli ha detto Napolitano decidendo di darle una delle poltrone più ambite e pagate d’Italia: «Mi ha detto che secondo lui una delle caratteristiche che deve avere un organo come la Corte Costituzionale, che giudica le leggi ed ha un potere enorme d’impatto sulla vita del Paese, è che devono essere rappresentate dentro quella istituzione tutte le anime, tutte le culture, tutte le voci che fanno parte della società civile. La mia voce, secondo lui, era chiaramente identificabile ed era una voce mancante, in quel momento. Questo insieme di fattori, il curriculum, il fatto di essere donna, il fatto di avere un’identità abbastanza chiara lo avevano indotto poi a fare ricadere la sua scelta su di me»: il racconto è stato fatto sempre al Meeting di Rimini, nel 2015 a una tavola rotonda con l’immancabile Weiler e Sabino Cassese.
«L’ho incontrato (Napolitano, ndr) per la prima volta quando facevamo un incontro sui 150 anni dell’unità d’Italia – sostiene Cartabia -, non saprei dire se c’è un nesso o meno con questa visita». In sintesi, le ragioni della scelta di Napolitano, dette da lei: essere donna, essere di Comunione e Liberazione, avere studiato le questioni giuridiche europee.
Dopo la rivelazione, così si chiude il siparietto in pubblico fra Weiler e Cartabia al Meeting 2015:
Joseph Weiler: «Ho sempre pensato che Giorgio Napolitano fosse un grand’uomo. Ho una ragione in più per pensarlo: questa scelta.»
Marta Cartabia: «Lo è, lo è». Applausi.
Da San Giorgio su Legnano a san Giorgio Napolitano: e fu miracolo.

Cartabia “senza potere”
Evangelizzazione uguale violenza
2009: Cartabia “chiusa” su nuovi diritti
Cartabia su sentenza crocifissi
2011: Cartabia “dialogante” su nuovi diritti
Napolitano grande uomo perché ha nominato lei

Renzo Mattei

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